Mifid 2 da recepire: l’offerta fuori sede divide il mondo della consulenza
L’apertura del Governo ai soggetti indipendenti coglie di sorpresa i promotori finanziari e le reti distributive
Torna ad animarsi il dibattito sulle modalità di offerta del servizio ai clienti da parte dei diversi soggetti che operano nell’ambito della consulenza finanziaria. L’occasione è arrivata con l’approvazione da parte del Governo, in via preliminare, del decreto di attuazione della direttive Mifid 2 e Mifir (si veda Il Sole 24 Ore del 29 aprile scorso). In particolare a creare un po’ di subbuglio è l’articolo 30 bis che disciplina l’attività dei consulenti finanziari autonomi e delle società di consulenza finanziaria (Scf) che consentirà a questi soggetti di promuovere e svolgere il servizio di consulenza in materia di investimenti anche in luogo diverso del proprio domicilio.
A essere colti di sorpresa sono stati soprattutto i soggetti che rappresentano i consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede (ex promotori finanziari) e le reti distributive per cui lavorano. «Il nostro ordinamento giuridico — afferma Filippo Parrella, consulente legale di Assoreti — stabilisce che l’attività di offerta fuori sede possa essere svolta soltanto da soggetti abilitati, innanzitutto banche e Sim, dotati di stringenti requisiti patrimoniali che rispondono in solido con i consulenti di cui si avvalgono per i danni cagionati ai risparmiatori, anche se conseguenti a responsa- bilità accertate in sede penale». «La vigilanza sui consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede è forte del principio della responsabilità in solido con il soggetto mandante che gli conferisce l’incarico — fa eco Maurizio Bufi, presidente dell’Anasf —. Questo definisce la tutela del risparmiatore in termini di efficienza e di credibilità, di cui il sistema della promozione prima, della consulenza oggi, si giova. Possiamo dire altrettanto per i consulenti autonomi e le Scf, una volta autorizzate all’offerta fuori sede? Quale garanzia avrebbero i clienti di vedersi riconosciuto un diritto al risarcimento di fronte a comportamenti illeciti? La questione è delicata e confidiamo che questa parte del decreto legislativo possa essere riconsiderata». Per le due associazioni si aprirebbe quindi un vulnus alla tutela del pubblico risparmio e auspicano un’analisi approfondita degli effetti di una norma che ritengono introdotta troppo di corsa, senza neppure l’espletamento di una pubblica consultazione. «Da più di 30 anni — prosegue Petrella — i legislatori hanno ritenuto che l’operatività fuori sede implichi un innalzamento del rischio di comportamenti abusivi e illeciti, ponendo il rischio a carico dell’intermediario gravato così da una responsabilità oggettiva. Ora la stessa attività potrebbe essere svolta anche da società con capitale sociale di un solo euro e da persone fisiche. Ne deriva un innalzamento del pericolo di comportamenti abusivi in assenza di idonee garanzie patrimoniali per i risparmiatori (la tabella documenta la situazione, ndr). Unica garanzia patrimoniale legale sarebbe la stipula di una polizza che tuttavia, per il Codice Civile, non potrà coprire i danni derivanti da eventuale responsabilità penale della persona fisica. Ciò apre interrogativi di carattere generale sulla razionalità del sistema che prevede anche l’esercizio dello jus poenitendi a tutela del cliente, evidentemente sui medesimi presupposti della maggior pericolosità dell’attività».
Di diverso avviso le associazioni dei consulenti finanziari autonomo e delle Scf. «L’articolo 30 bis è il risultato di un’attenta considerazione da parte del legislatore delle istanze rappresentate da Nafop — spiega Luca Mainò, portavoce del consiglio direttivo Nafop —. La qualificazione dei consulenti finanziari indipendenti come professionisti intellettuali è desumibile da tutto il relativo background normativo e questo riconoscimento ha come immediata conseguenza che l’attività posta in essere dai consulenti finanziari indipendendti in luoghi diversi dal proprio studio profes- sionale non identifica un’ipotesi di offerta fuori sede. Come tutti gli altri professionisti intellettuali il consulente finanziario autonomo deve poter usufruire anche di spazi differenti dal proprio studio e questo non mina in alcun modo la tutela del cliente ma sovviene alle sue esigenze, soprattutto quando è lui stesso a rappresentarle come tali». Nafop ritiene quindi quanto mai opportuna la scelta di inserire un articolo ad hoc, il 30 bis, ben distinto da quello dedicato alla diversa fattispecie dell’offerta fuori sede, proprio per sottolineare le differenze formali e sostanziali tra il consulente autonomo e l’ex promotore finanziario. «Per sopperire a eventuali problematiche relative alla vigilanza — prosegue Mainò — si ricorda che i consulenti autonomi sono già tenuti, sulla base del Regolamento Consob 17130, ad archiviare nello studio professionale tutti i documenti relativi alla propria clientela».
Per Massimo Scolari, presidente di Ascosim, «l’articolo 30 bis colma un vuoto normativo che garantisce un livellamento del campo di gioco tra i diversi attori della consulenza finanziaria. È bene tuttavia osservare che ad una maggiore libertà operativa si associa una maggiore responsabilità da parte dei soggetti, come le Scf, che potranno svolgere l’attività fuori sede per il tramite di consulenti finanziari autonomi. Le Scf saranno infatti pienamente responsabili, anche sotto il profilo penale, degli eventuali danni provocati dai consulenti autonomi nello svolgimento del servizio. Ne derivala necessità perleScf di dotarsi di un sistema di controlli robusto e adeguato allo scopo di prevenire comportamenti non conformi da parte dei soggetti coinvolti». Adesso il dibattito si sposta in Parlamento.