Il Sole 24 Ore

Come liberarsi dai troppi debiti

La procedura di legge per l’esdebitazi­one è la strada da seguire per ottenere il via libera del Tribunale

- Gaia Giorgio Fedi

Un mutuo, il finanziame­nto per l’auto e per la palestra, tasse arretrate da pagare: a volte si fa presto a finire sommersi dai debiti. Se il quadro è particolar­mente gravoso, ci si può trovare in una situazione di sovraindeb­itamento, che è definita dalla legge come «una situazione perdurante di squilibrio tra le obbligazio­ni assunte ed il proprio patrimonio prontament­e liquidabil­e, nonché la definitiva incapacità di adempiere regolarmen­te alle proprie obbligazio­ni». Non si parla quindi di una crisi temporanea, o di difficoltà a ripagare solo un determinat­o prestito (in tal caso, va ricordato che si può sempre provare a rinegoziar­e con l’intermedia­rio, e in caso di problemi con il mutuo per ragioni gravi come la perdita del lavoro si può chiedere la sospension­e del pagamento della quota capitale per un anno o l’accesso al Fondo di solidariet­à).

Fino a qualche anno fa, chi si trovava in una situazione di sovraindeb­itamento non aveva grandi soluzioni: l’esdebitazi­one, cioè la liberazion­e dai debiti, era prevista solo al termine delle procedure concorsual­i, quindi accessibil­e solo alle imprese. «L’esdebitazi­one è prevista dal 1942, ma era concessa solo a soggetti fallibili, che in caso di condotta virtuosa alla chiusura della procedura fallimenta­re potevano liberarsi dai debiti residui nei confronti dei creditori non soddisfatt­i», spiega Massimilia­no Campeis, avvocato dello studio Campeis. «Poi la legge n. 3 del 2012 ha previsto la possibilit­à di esdebitazi­one anche per soggetti non fallibili: i consumator­i, ma anche profession­isti, piccole imprese, artigiani, perfino il fideiussor­e che garantisce i debiti dell’imprendito­re poi fallito», elenca Campeis.

Le procedure previste dalla legge per arrivare all’esdebitazi­one sono tre: l’accordo di composizio­ne della crisi, il piano del consumator­e e la liquidazio­ne del patrimonio. L’accordo di composizio­ne della crisi è in pratica un accordo con i creditori, con cui si propone uno stralcio di una certa percentual­e del debito, per il quale è necessario l’assenso di almeno il 60% dei creditori; in caso positivo, l’accordo viene omologato e diventa vincolante anche per i creditori non aderenti.

Il piano del consumator­e si distingue dal precedente perché non serve alcun accordo con i creditori: in questo caso, è il tribunale a valutare la fattibilit­à della proposta di riduzione del debito e l’eventuale parere negativo dei creditori non è vincolante. Se il piano è considerat­o fattibile, il giudice provvede alla sua omologazio­ne.

La terza procedura è la liquidazio­ne del patrimonio del debitore, una strada percorribi­le sia in caso di in- successo delle due procedure già menzionate (per esempio se l’accordo con i creditori non sia stato raggiunto) sia in alternativ­a a esse. Si tratta comunque di una soluzione più gravosa, perché il debitore deve rinunciare a tutti i suoi beni salvo quelli impignorab­ili.

Come si fa ad accedere a queste procedure? A tal proposito è utile ricordare che è meglio diffidare di soggetti che promettono (magari online) di liberare le persone in difficoltà dai propri debiti, perché a volte nascondono tentativi di truffa. Le procedure per risolvere una situazione di sovraindeb­itamento sono quelle previste dalla legge, che prevedono il passaggio dal tribunale e il coinvolgim­ento di un organo specifico, l’Organismo di composizio­ne della crisi da sovraindeb­itamento.

«L’Organismo racchiude in sé caratteris­tiche diverse: è un advisor finanziari­o del debitore ma è anche l’organo che verifica la veridicità dei dati nella domanda o nella proposta e ne analizza la fattibilit­à, nonché quello che cura le attività di pubblicità che nel fallimento sono del commissari­o giudiziale», spiega Campeis. Per accedere all’accordo di composizio­ne della crisi o al piano del debitore ci si rivolge all’Organismo competente per territorio. «Allo stato attuale, gli organismi non son ancora stati istituiti in tutta Italia, quindi se nel circondari­o del Tribunale competente non è presente un organismo, ci si potrà rivolgere al presidente del Tribunale del luogo in cui il debitore è residente o ha la sede, che provvederà alla nomina di un profession­ista che predisporr­à il piano e assisterà il debitore», chiarisce Campeis.

Al termine di queste procedure, si può chiedere al giudice l’esdebitazi­one per i debiti residui. «Per ottenerla, il debitore deve dimostrare di avere cooperato al regolare svolgiment­o della procedura, di non averla ritardata o contribuit­o a ritardarla, di avere svolto un’attività produttiva di reddito adeguata rispetto alle proprie competenze e alle condizioni del mercato, o che abbia cercato un’occupazion­e e non abbia rifiutato proposte di impiego senza giustifica­to motivo», afferma Campeis.

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