L’intelligenza artificiale rende
Ecco tutti i fondi a disposizione per puntare sulle nuove frontiere dell’hi-tech
Investire sul futuro: e non per modo di dire. Società di gestione del risparmio e Sicav iniziano a puntare sempre di più sulle aziende dell’intelligenza artificiale ( artificial intelligence, abbreviato in Ai): l’insieme di tecnologie che cercano di trasferire il ragionamento umano a robot e software, come gli assistenti vocali installati sugli smartphone o i consulenti finanziari online. Il canale sono fondi azionari specializzati in società del tech, con portafogli dominati dai colossi Usa che hanno già messo sul piatto progetti miliardari: da Apple ad Alphabet (la holding che controlla Google), da Microsoft a marchi più futuristici come le automobili elettriche di Tesla.
Dove si può investire, per ora? Una tra le ultime a debuttare è stata Allianz Global Investors, con il suo Allianz Global Artificial Intelligence: un fondo europeo concentrato su titoli di aziende tech che ricalca l’esperienza già condotta in Giappone, dove la partnership con i fondi Sumitomo Mitsui Asset Management e Nikko ha dato il via a un comparto tematico da 1,8 miliardi di dollari. Il nuovo progetto europeo ha selezionato un bacino iniziale dei titoli di mille aziende, con l’obiettivo di restringerlo a un paniere finale di 40-60 posizioni e offrire rendimenti del 3-6% nell’arco di trecinque anni. A un mese dal lancio, la performance delle due classi di investimento disponibili al mercato retail italiano si attesta a +1,93% in dollari Usa e +1,72% in euro.
Se si guarda ai fondi già attivi da anni, però, l’asticella si alza ben oltre il 20%. Threadneedle (Lux) Global Technology Au, al via nel 2010, è un fon- do aperto registrato in Lussemburgo e specializzato in tecnologie. Il suo portafoglio, composto per l’85% da aziende Usa (come Apple, pari al 5,23%, o Lam Research Corp, pari all’8,4%), offre un rendimento a tre anni del 29,98%. Sempre in Lussemburgo è incorporato Fidelity Funds Global Technology Fund, forte di un paniere che conta al suo interno i titoli di Alphabet (8,5%), Apple (circa il 7%) e Intel (5,5%). Negli ultimi 12 mesi la performance è stata dell’11,85%, con rendimenti a tre anni del 28,48 per cento. Ancora nel Vecchio Continente, il fondo Raiffeisen-AzionarioTecnologia investe in aziende internazionali del tech con un orizzonte di investimento di «almeno 10 anni». Il rendimento a tre anni è del 25,49%, con un ritorno negli ultimi 12 mesi a quota 8,6 per cento.
Gli esempi evidenziano un buon margine di guadagno, ma si parla comunque del breve periodo. Come tutte le innovazioni tecnologiche, l’intelligenza artificiale richiederà una certa fase di rodaggio prima di entrare nella sua maturità e diventare fonte di profitti tra gruppi corporate e startup del settore. E non è detto che l’esito sia sempre positivo, come testimoniano i flop inanellati anche dai brand più blasonati: basti pensare a passi falsi come quello dei Google Glass, gli occhiali “a realtà aumentata” lanciati da Big G nel 2013 e ritirati nel 2016 per il mancato raggiungimento degli obiettivi originari.
Oggi l’industria sembra più che in salute, con stime che parlano di un giro d’affari oltre i 36 miliardi di dollari nel 2025. Ma la prudenza è obbligo. Il portale di startup AngelList censisce oltre 2mila imprese innovative dedicate al solo segmento dell’Ai. La maggior parte potrebbe scomparire sotto al peso della concorrenza o a seguito di una “exit”, l’acquisizione da parte di una società di dimensioni maggiori.
Secondo Paolo Gianturco, partner e head of fintech alla società di consulenza Deloitte, le aspettative stanno gonfiando la valutazione delle aziende che gravitano nel mondo dell’intelligenza artificiale. Solo la fase di consolidamento dirà chi può restare a galla: «Come in tutte le fasi iniziale ora tante start up e società del settore sono “supervalutate” per le prospettive che lasciano intravedere — dice Gianturco —. Ogni giorno nascono nuove aziende in questo settore ed è prevedibile che vi sarà un processo di consolidamento».
Tra gli ambiti con più prospettive, Gianturco individua soprattutto la robotica industriale e il cognitive engagement: la capacità di interagire con gli utenti in forma meno meccanica, grazie a comprensione di linguaggio e voce umana. Una tecnologia tenuta sotto stretta osservazione, guarda caso, proprio da Apple e Alphabet. Due tra i titoli che pesano di più nei nuovi fondi della Ai: «Tante delle nuove aziende saranno acquisite dai giganti del settore come loro — dice Gianturco —. Altre, però, diventeranno dei giganti a loro volta. Solo proponendo modelli molto innovativi si potrà creare un vantaggio competitivo e permanente sulla concorrenza».