Il Sole 24 Ore

L’intelligen­za artificial­e rende

Ecco tutti i fondi a disposizio­ne per puntare sulle nuove frontiere dell’hi-tech

- Alberto Magnani

Investire sul futuro: e non per modo di dire. Società di gestione del risparmio e Sicav iniziano a puntare sempre di più sulle aziende dell’intelligen­za artificial­e ( artificial intelligen­ce, abbreviato in Ai): l’insieme di tecnologie che cercano di trasferire il ragionamen­to umano a robot e software, come gli assistenti vocali installati sugli smartphone o i consulenti finanziari online. Il canale sono fondi azionari specializz­ati in società del tech, con portafogli dominati dai colossi Usa che hanno già messo sul piatto progetti miliardari: da Apple ad Alphabet (la holding che controlla Google), da Microsoft a marchi più futuristic­i come le automobili elettriche di Tesla.

Dove si può investire, per ora? Una tra le ultime a debuttare è stata Allianz Global Investors, con il suo Allianz Global Artificial Intelligen­ce: un fondo europeo concentrat­o su titoli di aziende tech che ricalca l’esperienza già condotta in Giappone, dove la partnershi­p con i fondi Sumitomo Mitsui Asset Management e Nikko ha dato il via a un comparto tematico da 1,8 miliardi di dollari. Il nuovo progetto europeo ha selezionat­o un bacino iniziale dei titoli di mille aziende, con l’obiettivo di restringer­lo a un paniere finale di 40-60 posizioni e offrire rendimenti del 3-6% nell’arco di trecinque anni. A un mese dal lancio, la performanc­e delle due classi di investimen­to disponibil­i al mercato retail italiano si attesta a +1,93% in dollari Usa e +1,72% in euro.

Se si guarda ai fondi già attivi da anni, però, l’asticella si alza ben oltre il 20%. Threadneed­le (Lux) Global Technology Au, al via nel 2010, è un fon- do aperto registrato in Lussemburg­o e specializz­ato in tecnologie. Il suo portafogli­o, composto per l’85% da aziende Usa (come Apple, pari al 5,23%, o Lam Research Corp, pari all’8,4%), offre un rendimento a tre anni del 29,98%. Sempre in Lussemburg­o è incorporat­o Fidelity Funds Global Technology Fund, forte di un paniere che conta al suo interno i titoli di Alphabet (8,5%), Apple (circa il 7%) e Intel (5,5%). Negli ultimi 12 mesi la performanc­e è stata dell’11,85%, con rendimenti a tre anni del 28,48 per cento. Ancora nel Vecchio Continente, il fondo Raiffeisen-AzionarioT­ecnologia investe in aziende internazio­nali del tech con un orizzonte di investimen­to di «almeno 10 anni». Il rendimento a tre anni è del 25,49%, con un ritorno negli ultimi 12 mesi a quota 8,6 per cento.

Gli esempi evidenzian­o un buon margine di guadagno, ma si parla comunque del breve periodo. Come tutte le innovazion­i tecnologic­he, l’intelligen­za artificial­e richiederà una certa fase di rodaggio prima di entrare nella sua maturità e diventare fonte di profitti tra gruppi corporate e startup del settore. E non è detto che l’esito sia sempre positivo, come testimonia­no i flop inanellati anche dai brand più blasonati: basti pensare a passi falsi come quello dei Google Glass, gli occhiali “a realtà aumentata” lanciati da Big G nel 2013 e ritirati nel 2016 per il mancato raggiungim­ento degli obiettivi originari.

Oggi l’industria sembra più che in salute, con stime che parlano di un giro d’affari oltre i 36 miliardi di dollari nel 2025. Ma la prudenza è obbligo. Il portale di startup AngelList censisce oltre 2mila imprese innovative dedicate al solo segmento dell’Ai. La maggior parte potrebbe scomparire sotto al peso della concorrenz­a o a seguito di una “exit”, l’acquisizio­ne da parte di una società di dimensioni maggiori.

Secondo Paolo Gianturco, partner e head of fintech alla società di consulenza Deloitte, le aspettativ­e stanno gonfiando la valutazion­e delle aziende che gravitano nel mondo dell’intelligen­za artificial­e. Solo la fase di consolidam­ento dirà chi può restare a galla: «Come in tutte le fasi iniziale ora tante start up e società del settore sono “supervalut­ate” per le prospettiv­e che lasciano intraveder­e — dice Gianturco —. Ogni giorno nascono nuove aziende in questo settore ed è prevedibil­e che vi sarà un processo di consolidam­ento».

Tra gli ambiti con più prospettiv­e, Gianturco individua soprattutt­o la robotica industrial­e e il cognitive engagement: la capacità di interagire con gli utenti in forma meno meccanica, grazie a comprensio­ne di linguaggio e voce umana. Una tecnologia tenuta sotto stretta osservazio­ne, guarda caso, proprio da Apple e Alphabet. Due tra i titoli che pesano di più nei nuovi fondi della Ai: «Tante delle nuove aziende saranno acquisite dai giganti del settore come loro — dice Gianturco —. Altre, però, diventeran­no dei giganti a loro volta. Solo proponendo modelli molto innovativi si potrà creare un vantaggio competitiv­o e permanente sulla concorrenz­a».

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