A che ser ve l’educazione finanziaria?
Una ricerca del Mib di Trieste con Iama Consulting mostra la disattenzione anche di chi è «educato»
È vero che gli italiani in fatto di investimenti si sopravvalutano? Ovvero soffrono veramente di quella malattia dello spirito finanziario che si chiama overconfidence? L’idea comune è proprio questa: che a fronte di una diffusa carenza anche per quanto riguarda gli elementi base della conoscenza in materia di investimenti, ci sia la tendenza a sopravvalutarsi. Una ricerca condotta da Alberto Dreassi ( Università degli Studi di Trieste e Mib Trieste - School of Management), va - per questo aspetto -, piuttosto i n controtendenza rispetto alle idee consolidate. Una buona notizia? Non del tutto. In realtà dell’educazione finanziaria gli italiani sembrano farsene poco o nulla, e anche quando mostrano di avere conoscenze sufficienti, non le utilizzano per fondarvi sopra le proprie scelte finanziarie.
Spiega Dreassi: « Il nostro intento era verificare non solo il grado di educazione a partire dalle fasce più giovani della popolazione. Come già mostrato dall’Ocse e non solo, il livello è molto basso tra i paesi più sviluppati: solo poco più di un terzo della popolazione mostra di avere una preparazione sufficiente. Anzi l’Italia mostra un dato particolare, che da noi - nelle fasce più giovani della popolazione - le donne sono meno preparate degli uomini, pur avendo livelli di formazione di base e terziaria comparabili o superiori». Da questo punto di vista dunque lo studio si pone in continuità con i dati già finora emersi sul tema dell’educazione finanziaria. La ri- cognizione effettuata dal Mib ha tuttavia molti elementi originali di interesse. Per quanto lo stesso Dreassi la indica come una ricerca preliminare, i cui dati vengono al momento ancora affinati, la situazione che ne emerge è ancora più scoraggiante di quanto siamo abituati a pensare. Perché il livello di educazione finanziaria non sembra correlato a nessun altro fattore: reddito, istruzione, patrimonio, esperienze finanziarie pregresse. «Per quanto riguarda gli studi - spiega Dreassi -, un livello di istruzione elevato non rappresenta una garanzia di una maggiore esperienza a livello finanziario. Con la sola eccezione, piuttosto ovvia, degli studi economico- giuridici, ai quali è associata una maggiore preparazione » . E la stessa cosa vale anche per quanto riguarda che le precedenti esperienze finanziarie.
Anche chi ha acquistato prodotti finanziari, da quanto emerge dalla ricerca, non ne ha ricavato una maggiore consapevolezza da questo punto di vista. Un dato importante, visto che la presenza di maggiori i nvestimenti è uno di quegli elementi che vengono valutati per stabilire il profilo di rischio dell’investitore. Invece non emerge, secondo la ricerca, nessuna correlazione tra questi due dati: chi acquista prodotti finanziari non necessariamente impara o viene educato dal punto di vista delle conoscenze finanziarie. L’altro elemento infine è quello dell’utilizzo delle conoscenze nei comportamenti quotidiani: «Neanche da questo punto di vista emerge una relazione - afferma Dreassi -. Anzi chi più è preparato ha una maggiore avversione al rischio».
L’altro aspetto, come si diceva, è quello della overconfidence. La ricerca indica questo errore comportamentale come un rischio che gli italiani corrono poco ( si vedano le tabelle in pagina), ma questo non migliora la situazione.