Il Sole 24 Ore

Riconosciu­to un ruolo, ma serve l’equo compenso

- M.Piz.

pIn prima fila nella “battaglia” per ottenere il riconoscim­ento dell’equo compenso ai profession­isti, il presidente del Comitato unitario delle profession­i (Cup), Marina Calderone, promuove il testo varato dal Senato, che va però considerat­o un punto di partenza e non di approdo rispetto alle esigenze delle profession­i.

Cosa le piace e cosa non le piace dello Statuto degli autonomi?

Nel complesso è una buona riforma. Per la prima volta il legislator­e prende atto della necessità di occuparsi del lavoro profession­ale, del rilievo socioecono­mico del comparto e della sua strategici­tà. Bene anche la sussidiari­età delle profession­i e la deducibili­tà delle spese per formazione. Manca, però, l’equo compenso.

Quanto è importante per i profession­isti la definizion­e dell’equo compenso?

Per effetto della liberalizz­azione delle tariffe del 2006, oggi i ceti profession­ali italiani sono sempre più spesso alla mercé di soggetti contrattua­lmente più forti, in grado di imporre clausole vessatorie. Ecco perché va considerat­a come

un’occasione persa il mancato inseriment­o di un riferiment­o al diritto all’equo compenso e la conseguent­e nullità delle clausole contrattua­li difformi.

Lo Statuto va considerat­o solo un punto di partenza? E se sì, oltre all’equo compenso su quali altri fronti auspicate che il governo intervenga?

Un altro fronte aperto, soprattutt­o per l’area economico-giuridica, è quello delle semplifica­zioni fiscali. Su questo tema un tavolo di dialogo con le profession­i è stato già avviato, si tratta semmai di attuare quanto da tempo chiesto e che va in una direzione opposta rispetto a quella intrapresa nelle ultime settimane con la manovra correttiva dei conti.

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Marina Calderone. Presidente Cup e consulenti del lavoro

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