L’Unione dice no a Macron sul «Buy European Act»
pIn un contesto in cui la mondializzazione sta creando crescenti ineguaglianze sociali e rafforzando i partiti estremisti in molti Paesi dell’Unione, la Commissione europea ha pubblicato ieri un rapporto in cui illustra misure per meglio gestire questo fenomeno. Commentando la relazione, il vicepresidente dell’esecutivo comunitario Jyrki Katainen si è detto freddo all’ipotesi di introdurre l’obbligo di «Buy European» negli appalti pubblici, così come proposto dal nuovo presidente francese.
Il rapporto, che fa parte di una collezione di cinque relazioni promesse dalla Commissione europea in vista di una riforma dell’Unione, contiene un’analisi approfondita del fenomeno della mondializzazione. «Nel discorso pubblico, si ritiene che la globalizzazione provochi vincitori e vinci. Noi non siamo d’accordo con questa visione duale - ha detto il vicepresidente Katainen, 45 anni, in un incontro con alcuni giornali europei -. Non necessariamente vi devono essere perdenti».
Il nuovo presidente francese Emmanuel Macron è favorevole al libero commercio, ma al tempo stesso ha proposto l’idea di «Buy European». «Vuole attivamente gestire la globalizzazione – ha spiegato ancora l’ex premier finlandese -. È positivo. Mi sembra però impossibile restringere gli appalti pubblici alle sole imprese europee. Garantire la reciprocità con i nostri partner è molto importante (…) Sono con- trario a regole artificiali che imporrebbero agli europei di acquistare prodotti europei».
La presa di posizione riflette la cautela dell’establishment comunitario dinanzi ad alcune proposte del nuovo capo dello Stato. Riferendosi al dibattito europeo sull’opportunità o meno di proteggere il mercato interno dall’aggressiva politica di investimenti all’estero di alcuni Paesi, in primis la Cina, il vicepresidente della Commissione ha messo l’accento sull’impor- tanza della reciprocità nei rapporti dell’Unione con i grandi partner internazionali.
«Farei una differenza tra gli investimenti nei settori della sicurezza e della difesa, dove bloccare l’iniziativa è già possibile; e gli investimenti in altri settori, ad esempio quello delle alte tecnologie, dove ciò mi sembra più difficile – ha precisato lo stesso Jyrki Katainen -. Dobbiamo tenere gli occhi aperti. Il tema è molto complicato. Certo l’Europa non vuole mandare un segnale di protezionismo, ma dobbiamo proteggere i nostri interessi economici».
Più in generale, nel suo rapporto Bruxelles ricorda che un aumento dell’export di un mi- liardo di euro permette la creazione in Europa di 14mila nuovi posti di lavoro. Il problema è che i vantaggi della globalizzazione, ossia una crescente mobilità delle persone e delle merci grazie a tecnologie che offrono sempre più opportunità, sono distribuiti in modo ineguale. La soluzione non è il protezionismo né il laissez-faire, avverte l’esecutivo comunitario, con un occhio ai segnali protezionistici americani.
Sul fronte esterno, la Commissione vuole promuovere una concorrenza regolata, imponendo ai vari protagonisti dell’economia mondiale «un’agenda condivisa». Nuove regole sono necessarie per lottare contro l’evasione fiscale, i sussidi pubblici, il dumping sociale. Sul versante interno, Bruxelles propone invece un rilancio del welfare e dell’istruzione, sistemi fiscali che promuovano l’innovazione, l’uso dei fondi europei di coesione per permettere una migliore redistribuzione dei redditi.
Nella sua conversazione con un gruppo di giornali europei, l’ex premier finlandese ha anche voluto smentire alcuni luoghi comuni. «Se guardiamo bene ai numeri, vi è una correlazione positiva tra l’apertura al commercio e l’eguaglianza sociale - ha notato Katainen -. Per di più, è difficile capire se la robotica distrugga o crei posti di lavoro. Anche qui, se guardiamo alle cifre, nelle città dove i robot sono più numerosi a livello pro capite, i posti di lavoro vacanti sono più numerosi».
NO AL PROTEZIONISMO Secondo il vicepresidente Katainen «è impossibile restringere gli appalti pubblici alle sole imprese europee»