La debolezza di un sistema dipendente dall’import
Nel 2016 l’Italia ha consumato 169 milioni di tonnellate di petrolio equivalenti di energia (Mtep), soglia intorno alla quale si oscilla da quattro anni, 30 in meno del picco di 200 Mtep del 2005; siamo al quarto posto in Europa per consumi di energia. Deindustrializzazione, efficienza e più povertà, sono le ragioni del calo. Fin dall’Unità, la principale nostra debolezza è la scarsità di risorse interne, con una dipendenza da importazioni che oscillava intorno all’83%. Grazie al boom delle rinnovabili, e al calo dei consumi, è scesa al 76%, valore che rimane però uno dei più elevati nell’Ocse. Le rinnovabili sono triplicate negli ultimi 20 anni, passando da 11 a 33 Mtep nel 2016. Lo sforzo economico per le nuove rinnovabili, ci pone ai primi posti al mondo, con la differenza che noi abbiamo un Pil in calo negli ultimi 10 anni. Gli obiettivi Ue per il 2020 sono stati raggiunti nel 2015, al 17% dei consumi finali lordi. La nostra produzione da fotovoltaico è la prima al mondo, fra i grandi paesi, come peso sulla produzione elettrica, con una quota dell’8%.
Petrolio e gas, gli idrocarburi, contano ciascuno per 58 Mtep, in totale 116 Mtep, il 70% dei nostri consumi, volume importato per il 92%, nonostante le abbondanti risorse nazionali che ci consentirebbero una produzione tre volte superiore dei 9 Mtep estratti nel 2016. È assurdo che ogni anno trasferiamo all’estero come bolletta energetica 24 miliardi di euro e che non riusciamo a tenerne in casa almeno 5 miliardi che attiverebbero investimenti, tasse, royalties, occupazione. La nostra prima società industriale, l’Eni, acronimo che significa Ente Nazionale Idrocarburi, fu costituita nel 1953 per dare gas e petrolio al Paese. La Sen presentata ieri non ne parla e ciò sancisce la vittoria degli ambientalismi locali contro gli interessi nazionali che la Strategia dovrebbe affermare.
Un altro paradosso degli ultimi decenni, sono le nostre alte importazioni di elettricità, circa 10 Mtep all’anno, che provengono soprattutto dalle centrali nucleari della Francia. Sono il 15% dei nostri consumi elettrici, dipendenza che non trova uguali fra le grandi economie. Durante lo scorso inverno, i problemi al nucleare francese hanno evidenziato criticità, che potrebbero ripetersi e aggravare i problemi generati dall’intermittenza delle nuove rinnovabili. Anche di ciò si parla poco nella Sen.
L’assenza del nucleare, un basso ricorso al carbone, lo sforzo sulle rinnovabili, sono tutte ragioni che hanno consolidato negli ultimi 20 anni il triste primato dell’Italia quale il paese con i prezzi dell’elettricità più alti. In generale, poi, sull’energia pesano tasse molto elevate, non tanto per nobili aspirazioni ambientali, quanto, più semplicemente, per comodità di cassa. I prezzi alti sono la ragione per cui l’Italia è un paese ad elevata efficienza energetica, dove ulteriori miglioramenti saranno più costosi. L’energia è oggi il campo dove si dispiegano rivoluzioni verdi e innovazioni tecnologiche, argomenti trattati in abbondanza nella Sen. Bello parlare di auto elettrica, di pompe di calore e di chiusura di centrali a carbone, senza menzionarne i costi che, invece, qualcuno pagherà. All’opposto, occorre urgentemente ricordare che l’energia serve prima di tutto per fare andare le fabbriche a prezzi competitivi, regola ferrea per un paese manifatturiero quale deve continuare ad essere l’Italia.