L’ortofrutta cerca sbocchi anche in Estremo Oriente
Dopo dieci anni di torpore i consumi di ortofrutta in Italia danno segni di risveglio, con un aumento del 4% nei primi due mesi di quest’anno. E l’export nel 2016 si è avvicinato a quota 5 miliardi (+5%), a fronte di un valore della produzione che ha superato i 13 miliardi. Ma i margini di crescita sul mercato interno sono sempre più risicati e le aziende, per reggere la concorrenza e restare sul mercato, dovranno spingere sull’acceleratore dell’export extra-comunitario. Questo facendo leva, da un lato, sull’apertura per alcuni prodotti delle frontiere di aree strategiche, come il Medio Oriente e il Sud Est asiatico; dall’altro, sul calo dei noli marittimi che dall’anno scorso rende più conveniente il trasporto su nave, piuttosto che su gomma verso il Nord Europa.
All’inaugurazione del Salone internazionale Macfrut, ieri alla fiera di Rimini (e fino al 12 maggio), il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Sandro Gozi, ha ricordato che «l’80% dell’export ortofrutticolo italiano viene realizzato nell’Unione eu- ropea, ed è sul restante 20% che dobbiamo lavorare». Posto che per ora il nostro Paese oltremare esporta ben poco: 27mila tonnellate di mele in Brasile, 30mila in Giordania, 57mila in Arabia Saudita; e poi 37mila tonnellate di kiwi negli Stati Uniti, 15mila in Brasile, 12 mila in Canada, 10mila in Cina, dove le potenzialità di crescita sono peraltro enormi.
Alcune procedure per l’abbattimento di barriere non tariffarie e l’apertura di importanti mercati, sia pure tra mille difficoltà sono andate a buon fine. Ma per molte altre l’iter va a rilento. Così in Cina, per ora, l’Italia esporta solo un po’ di kiwi, e l’anno prossimo spera negli agrumi dopo il via libera arrivato a febbraio. E poi punterà su mele e pere. In Giappone vanno solo arance, ma il kiwi italiano sarebbe molto richiesto; con il Vietnam sono stati aperti diversi dossier e le autorità italiane sono al lavoro per esportare mele, kiwi e pere; a Taiwan al momento va solo qualche container di kiwi; per le mele i lavori sono in corso. Ma Belgio, Olanda, Polonia e Spagna si sono portati avanti.
L’Osservatorio Macfrut ha diffuso alcuni dati emblematici sui costi via mare. Spedire un container da 20 tonnellate di ortofrutta dal porto di Ravenna verso Damietta e Port Said, in Egitto, costa in media 1.400 dollari. Analogo quantitativo da Genova per Hong Kong costa 1.700 dollari, per Shangai 2.400, per Rio de Janeiro e Buenos Aires 1.200 dollari. Mentre un container da 20 tonnellate trasportato con camion su strada da Roma a Milano costa anche 1.000 euro. Ma per andare a Norimberga, in Germania, si parte da 1.800 per arrivare a 2.500 euro. «L’anno scorso – osserva il presidente di Fruitimprese, Marco Salvi – dati alla mano le nostre esportazioni verso diversi paesi lontani sono cresciute. È chiaro che il calo dei noli marittimi offrono grandi opportunità».
INVERSIONE DI ROTTA Dopo anni di torpore i consumi interni danno segni di risveglio, con un aumento del 4% nei primi due mesi del 2017