Il tocco magico degli specchi
Molti designer tornano a confrontarsi con gli aspetti insoliti ed artistici del riflesso
a Broken Mirror è il primo specchio di Gufram, marchio piemontese nato nel 1966 e legato alla storia del design radicale italiano. Ad aprirsi su una superficie specchiante è una breccia su un muro di poliuretano, sbozzato a mano e ricoperto da una speciale vernice brevettata dall’azienda, il Guflac. È firmato dal duo newyorkese Snarkitecture composto da Daniel Arsham e Alex Mustonen, che per la prima volta collaborano con una realtà italiana. Charley Vezza, global orchestrator, nonché proprietario, di Gufram, descrive così la genesi del progetto: «Ho incontrato gli Snarkitecture due anni fa nel loro studio di Brooklyn. Ci siamo chiesti: cosa possiamo fare insieme? Abbiamo scambiato idee, giocato con i prototipi e siamo arrivati a questo specchio, che è un perfetto prodotto Gufram. L’azienda realizza icone in cui la funzione non è così evidente, e lo specchio rappresenta un tipico cortocircuito: strano che non sia stato fatto prima». Come il fatto che sembri marmoreo e in realtà al tatto è soffice. «Ricorda i Sassi di Piero Gilardi del 1968. Parte dalla sensibilità di Snarkitecture ma sembra davvero un’evoluzione dello spirito radicale di Gufram. E poi è un gioco ottico: noi lo chiamiamo “il portale per un nuovo mondo”. Il nome, Broken Mirror, è stato scelto per esorcizzare i sette anni di sfortuna che capitano se rompi uno specchio. Non a caso le serie limitate, nera e bianca, sono prodotte ciascuna in 77 pezzi».
È una prima volta nel regno degli specchi anche il progetto La plus belle di Philippe Stark per Flos, il cui prototipo è stato presentato a Euroluce. Il designer francese ha raccontato così come ha concepito l’idea: «Immaginate la strega che chiede al suo specchio: “Specchio, dimmi chi è la più bella”. Al buio, questo non funziona. Al buio non esiste niente, neanche i quesiti. Flos ha acceso la luce intorno allo specchio ed ecco apparire Biancaneve » . Gli specchi luminosi, ovali, in tre diverse misure, con il più grande che arriva a una lunghezza di due metri, sembrano davvero un varco verso mondi fatati.
L’azienda finlandese Artek ha in catalogo due specchi disegnati nel 1939 dal suo co- fondatore Alvar Aalto: 192A e 192B. Essenziali, rettangolari o quadrati, con la sola cornice in betulla naturale o laccata bianca. Quest’anno, chiamando Daniel Rybakken, un designer norvegese del 1984 che si era occupato finora solo di illuminazione e di luce naturale, ha voluto virare verso una maggiore complessità. Il risultato è la serie 124°, dalla misura dell’angolo d’inclinazione in cui si incontrano due specchi uniti insieme, montati alla parete: è un pezzo tra l’arte e la tecnologia, come nella migliore filosofia Artek, e che nella sua semplicità sorprende e incuriosisce. Non riflette infatti quello che ci si aspetta, frontalmente, ma ciò che ci sta accanto.
Si richiama invece alle lavorazioni della tradizione lo specchio Redor del duo Zanellato Bortotto per la Nilufar Gallery di Milano, che durante l’ultimo Salone del mobile lo ha inserito all’interno della mostra “Joaquim Tenreiro Michael Anastas- siades”. È ispirato ai caratteristici specchi muranesi, reinterpretati però in chiave contemporanea. Da parete, in vetro argentato, è decorato con un raffinato motivo a losanga, e una corona di foglie colorate.
Tonelli design produce complementi d’arredo in vetro saldato dal 1988: non mancano specchi nel suo catalogo. Le novità portate quest’anno al Salone del mobile enfatizzano la natura illusoria del riflesso. Aperture, di Karim Rashid, come dice il nome, “apre” un vano portaoggetti nella profondità dello specchio, che montato a 20 centimetri dalla parete sembra quasi sospeso nel vuoto. Anche Doors di Matteo Ragni gioca con la prospettiva, essendo composto da tre lastre di vetro sovrapposte a scalare, dalla più grande alla più piccola: una vera e propria porta per altre dimensioni. Infine Ozma, di Viola Tonucci, la cui la parte centrale, in metallo dorato, può essere estratta per diventare un centrotavola riflettente, la cui idea rimanda ai vassoi con l’acqua per la divinazione. L’accesso a mondi futuri, o diversi, rimane un leitmotiv, sullo sfondo. D’altra parte, il nome Ozma è un omaggio dichiarato a “Il mago di Oz”. a Si produce in fabbrica e il cantiere diventa il luogo dell’assemblaggio finale delle parti prodotte industrialmente. Va in questa direzione il mondo dell’edilizia più evoluta. “Off-site” è la parola chiave di chi guarda con interesse al digitale e all’industrializzazione, e di chi applica soluzioni ispirate all’automazione robotizzata e all’artigianato evoluto.
Una sfida sotto i riflettori internazionali, considerando che il Financial Times ha organizzato per il prossimo 18 maggio un’iniziativa sul tema coinvolgendo in un summit sul futuro delle costruzioni lo studio Herzog & de Meuron, il gruppo Quintain, impegnato oggi nella trasformazione del Wembley Park a Nord Ovest di Londra, e l’impresa francese Vinci Construction. Quest’ultima ha costruito a Reading, per conto di Circle Health Properties, un ospedale con l’ 80% degli elementi industrializzati. Su questo tema si concentrerà anche l’edizione 2017 di REbuild in programma a Riva del Garda il 22 e 23 giugno.
La rivoluzione in atto inciderà su efficienza e sostenibilità e richiede un cambio culturale che riguarda tutta la filiera, da chi fa il progetto a chi utilizzerà gli immobili. « Per un settore in trasformazione dopo anni di crisi – spiega Thomas Miorin, presidente di RElab – la parola d’ordine è innovazione. L’ibridazione dei processi produttivi tra fabbrica e cantiere ha impatti economici e sociali profondi: si abbassano i costi, cresce l’affidabilità nei tempi di consegna e negli standard produttivi, con ricadute su qualità, comfort e sicurezza». Dal mondo Rebuild è nata anche Energiesprong Italia, pronta ora a scendere in campo con una task force che spera di intercettare « qualche migliaio di alloggi » , guardando con interesse al social housing e alla ricostruzione post sisma. Nella cordata, l’industria è rappresentata dai due gruppi Manni e Filippetti, per il mondo dell’energia c’è Edison, per la componentistica hanno sposato il progetto Saint Gobain e Gruppo Lape, e in rappresentanza dei costruttori c’è Percassi. C’è anche una significativa rappresentanza del mondo dell’housing sociale con Itea e Acer Reggio Emilia. La sfida è promettente e per incidere sul mercato serve che politica, mercato e cultura stringano un patto come è avvenuto nel Regno Unito, dove si sono già fatti passi importanti sposando digitalizzazione e manifattura. «Mettendo a valore le esperienze di grandi gruppi, dalla progettazione alla produzione, come AeCom, Bryden Wood, Skanska, BuildOffsite, Bam, Carillion e della nuova Offsite Management School– spiega Marzia Bolpagni, giovane ingegnere e dottoranda del Politecnico di Milano, esperta di Bim che oggi collabora con il Ministero di Giustizia inglese a Londra – il Riba ha pubblicato anche delle linee guida dedicate al Designing for manufacture and assembly ( DfMA). In particolare alcuni studi come Bryden Wood ne hanno consolidato una profonda esperienza, a tal punto da aver promosso una divisione specifica nel proprio business, forti dell’adozione e dell’applicazione del Building information modelling » .
In Italia non mancano puntuali storie di successo, come quella promossa a Bolzano dall’Ipes, l’istituto per l’edilizia sociale, che ha affidato al Laboratorio di architettura architetti associati di Reggio Emilia il progetto di retrofit urbano di cinque blocchi con una quarantina di alloggi in via Palermo. «Il progetto – spiega l’architetto Andrea Rinaldi – è pensato come un intervento interamente dall’esterno, per layer suc-
Anche grazie alla crescita del Building information modeling l’industrializzazione in Italia riguarda nuovo e riqualificazioni
cessivi, reversibile nel tempo, adatto per scegliere gli ambiti di intervento e innovativo perché consente di sperimentare nuove metodologie, anche per parti » . Nell’ambito del progetto europeo Sinfonia si riqualifica un edificio degli anni ' 60 con un approccio di assemblaggio che potrebbe fare scuola, spingendo verso una nuova cultura italiana per la trasformazione dell’ingente patrimonio abitativo.
Industrializzazione per il recupero, ma anche per le nuove costruzioni. Sul lago di Garda infatti, a Bardolino, il campeggio Continental ha riaperto a Pasqua sostituendo i 19 bungalow esistenti con altrettanti, più belli e performanti, progettati dallo studio Ardielli Associati. Nuova immagine in linea con la domanda turistica, in soli 6 mesi, per non perdere un giorno della nuova stagione. Progetto in Classe A con una tipologia costruttiva mista in legno e calcestruzzo realizzata dai bresciani del Gruppo Nulli con Wood Beton. Ancora, ha sede a Pergine Valsugana, in provincia di Trento, il gruppo Ergodomus fondato una decina d'anni fa da Franco Piva, e che negli ultimi anni è stato particolarmente impegnato nella ricostruzione post sisma in Emilia. Il team offre servizi per i progettisti e i general contractor e adotta il Bim in modo ordinario. Tra i cantieri aperti oggi c’è quello per il Polo dell’innovazione dell’Università di Parma: un edificio multipiano, interamente in legno, che ospiterà 3035 aziende impegnate nella ricerca sui temi del trasferimento tecnologico.