Legittima difesa e proporzionalità
Il tema della “legittima difesa” nei casi di reazione alle offese altrui sia personali sia patrimoniali, in particolar modo per quanto concerne la violazione di domicilio, è all’ordine del giorno, soprattutto nel mondo politico, in questo periodo. Il nostro codice penale, all’art 52, come forma di autotutela, prevede già la legittima difesa: «Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa». Nel caso di violazione di domicilio, sussiste tale rapporto di proporzione se taluno usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo per difendere la propria o la altrui incolumità o beni. Ciò premesso è vero che spesso si assiste in tali casi da parte della magistratura a conclusioni che addossano anche alla persona offesa responsabilità penali ingenerando nell’opinione pubblica la sensazione che l’offeso sia messo sullo stesso piano del reo e che quindi non sia adeguatamente tutelato di fronte alle violenze altrui. Come è stato ben evidenziato da qualche procuratore, credo che il problema vero ed essenziale sia quello di definire meglio il concetto di “proporzionalità” attraverso una norma di legge che in qualche misura aiuti il magistrato, nell’ambito delle sue facoltà, a individuarne nel modo più corretto possibile i contorni. Non c’è bisogno di stravolgere la norma esistente. Inoltre ritengo che una maggiore tutela e garanzia nonchè un possibile deterrente a fenomeni simili sia quello di poter contare, da parte del cittadino onesto, sulla rigorosa certezza della pena inflitta al colpevole che non preveda in nessun caso sconti, riduzioni o permessi vari per nessun motivo, sino al termine della stessa. Non può essere, a mio avviso, l’uso indiscriminato delle armi la migliore soluzione, a meno che non si voglia ritornare al mitico Far West.
Giorgio Galli Fenegrò (Co)