Il Sole 24 Ore

Shadow banking: 34mila miliardi a rischio

- Morya Longo

pMentre il sistema bancario negli anni della crisi tirava il freno del credito, mettendo in affanno imprese e famiglie soprattutt­o in Europa, esisteva un sistema bancario “ombra” che suppliva con finanziame­nti alternativ­i alla cronica mancanza di liquidità delle aziende. Il problema è che questo sistema alternativ­o, noto come «shadow banking», è cresciuto troppo. Se si sommano le attività finanziari­e di tutte le istituzion­i non bancarie nel mondo, si arriva infatti alla gigantesca cifra di 149mila miliardi di dollari. Se si escludono dal conto assicurazi­oni, fondi pensione e banche centrali, restano 92mila miliardi di dollari. E, all’interno di questo calderone, se si prendono solo i soggetti che potrebbero creare un rischio sistemico o una nuova crisi, si arriva comunque alla gigantesca cifra di 34mila miliardi di dollari: è questa l’ultima stima, elaborata ieri dal Financial Stability Board (Fsb), del sistema bancario «ombra» potenzialm­ente a rischio sistemico. Stiamo parlando di una montagna di denaro (concentrat­o in fondi di vario genere, broker-dealers o veicoli finanziari) che vale il 69% del Pil prodotto nei 27 Paesi del mondo in cui è stata fatta la stima. E si tratta di una stima per difetto, dato che esclude il Paese dove lo «shadow banking» è più diffuso: la Cina.

Il volto buono della finanza

Che si sia sviluppato un sistema finanziari­o alternativ­o a quello bancario, in un periodo in cui le banche sono meno capaci di sostenere imprese e famiglie, è positivo. Che esistano soggetti - con denari privati - disposti a finanziare infrastrut­ture, progetti industrial­i e sviluppo sostenibil­e in giro per il mondo è importante. Secondo una stima di McKinsey, da qui al 2030 serviranno 57mila miliardi di dollari di investimen­ti infrastrut­turali nel mondo: una parte di questi soldi potranno arrivare dagli Stati, ma una parte dovrà arrivare dai mercati finanziari. Almeno - stima Standard & Poor’s - 500 miliardi di dollari l’anno.

Stesso discorso per le imprese. Il credito bancario - secondo i dati del Fsb - nei 28 Stati esaminati nel rapporto di ieri è aumentato in media del 2% annuo dal 2011 ad oggi. Ma in Europa è calato. E soprattutt­o in Italia. Ma questo calo (quasi ovunque tranne in Italia) è stato compensato dalla crescita del credito arrivato alle imprese dallo «shadow banking»: cioè da tutti quei fondi d’investimen­to, veicoli finanziati e quant’altro che in vario modo prestano soldi alle imprese direttamen­te o attraverso obbligazio­ni. In molti Paesi il credito “alternativ­o” è aumentato del 5% l’anno, in altri (come in Germania o Australia) è aumentato di oltre il 10% annuo e in Cina è addirittur­a lievitato del 35% l’anno. Morale: senza finanziame­nti alternativ­i al sistema bancario, la crisi creditizia sarebbe stata molto più grave.

Rischi sistemici

Il problema sta negli eccessi. In un sistema «ombra» fatto di miriadi di fondi a volte troppo speculativ­i e squilibrat­i. Il Fsb individua, all’interno del mondo dello «shadow banking», una fetta a rischio che vale 34mila miliardi. È composta da fondi (monetari, hedge, immobiliar­i, obbligazio­nari) che rischiano improvvise fughe di clienti. O da fondi che dipendono troppo da finanziame­nti a breve scadenza. Oppure da soggetti che hanno uno squilibrio tra attivi a lunga scadenza e passivi brevissimi. O che abbiano strutture opache. Questi soggetti - ammonisce il Fsb - sono un rischio sistemico per i forti legami che hanno con il resto del mercato e con il sistema bancario tradiziona­le.

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