Vw, il ceo Müller indagato per lo scandalo dieselgate
p Matthias Müller, amministratore delegato del gruppo Volkswagen, è sotto inchiesta per il dieselgate. L’accusa - manipolazione del mercato in relazione all’andamento delle azioni Porsche SE - è stata formulata dalla Procura di Stoccarda, secondo quanto ha riportato per primo il settimanale «Wirtschaftswoche». Un funzionario della Procura ha confermato al quotidiano «Handelsblatt» che la Bafin, l’autorità tedesca di sorveglianza dei mercati, ha trasmesso già nel 2016 un’informativa nei confronti dei manager che all’epoca del dieselgate sedevano ai vertici della Porsche Automobil Holding SE, che con il 35,4% del capitale è il maggiore azionista di Volkswagen.
Sotto inchiesta sarebbero, oltre a Müller, il suo predecessore alla Vw Martin Winterkorn (dimessosi dopo il dieselgate), Hans-Dieter Pötsch, attuale presidente del consiglio di sorveglianza di Vw, e Philipp von Hagen. Da Vw non sono arrivati commenti, mentre il portavoce di Müller ha detto che il manager non è al corrente dell’inchiesta. Albrecht Bamler, portavoce di Porsche SE, ha dichiarato: «Crediamo che l’azienda abbia rispettato le regole dei mercati».
Müller era finora rimasto fuori dalle inchieste aperte in Germania sul dieselgate, i n particolare da quella della procura di Braunschweig (competente per la sede centrale di Wolfsburg). Il manager aveva lavorato fino al 2007 alla gestione prodotto dell’Audi (controllata da Vw) ed era passato poi alla strategia di prodotto dell’intero gruppo, prima di assumere - dal 2010 al 2015 - la responsabilità della marca Porsche all’interno del gruppo. Il titolo Volkswagen non ha risentito particolarmente della notizia, chiudendo in lievissi- mo rialzo allo Xetra (+0,1% a 144,45 euro).
Ieri la notizia delle indagini su Müller è arrivata poco dopo la conclusione dell’assemblea annuale dei soci Volkswagen, in cui sia il top manager che Pötsch sono stati sottoposti al consueto (da due anni) fuoco di fila di critiche dei piccoli soci. Critiche sono giunte anche da associazioni e società di tutela degli azionisti, come Hermes Eos; quest’ultima ha nuovamente chiesto all’azienda di rendere pubbliche le conclusioni dell’inchiesta interna affidata da Vw fin dal 2015 allo studio legale Usa Jones Day. Ancora una volta la richiesta è stata respinta da Vw: Pötsch ha affermato che «non c’è un rapporto finale scritto di Jones Day e non ce ne sarà uno. Vi chiedo di capire una decisione motivata da ragioni legali». Vw aveva in un primo tempo promesso che avrebbe rivelato le conclusioni del lavoro di Jones Day, ma ha successivamente fatto marcia indietro.
Volkswagen ha finora accettato di spendere fino a 25 miliardi di dollari negli Usa per compensare i clienti delle auto diesel con software truccato per passare i test sulle emissioni inquinanti, per compensare i concessionari e pagare multe ai vari stati ed enti pubblici di sorveglianza. In Europa l’azienda ha finora sostenuto i costi dei richiami di milioni di vetture, ma numerosi procedimenti e cause sono ancora aperti.
L’INCHIESTA La Bafin, l’autorità tedesca di sorveglianza dei mercati starebbe indagando anche gli ex vertici, da Winterkorn a Pötsch e von Hagen