Il Sole 24 Ore

Tutelata la possibilit­à di nuovi legami

- di Andrea Gragnani

In principio c’era il matrimonio come vincolo indissolub­ile, che perpetuava i suoi effetti, personali ed economici, fino alla morte di uno dei due coniugi. Le nozze costituiva­no una forma di sicurezza sociale per il coniuge economicam­ente più debole che poteva contare in perpetuo sull’aiuto economico dell’altro. Poi, nel 1970, è arrivato il divorzio, e la perpetuità del vincolo è venuta meno, il che ha posto l’esigenza di contempera­re la necessità di dare concretezz­a alla fine del matrimonio - che il divorzio deve necessaria­mente comportare per avere un senso - con la necessità di conservare la funzione di sostegno reciproco tra i coniugi che il matrimonio tradiziona­lmente ha svolto, quale cellula di base della società.

Le soluzioni possono essere tante e si può anche decidere che i due ex coniugi siano lasciati completame­nte a sé stessi. Il nostro le- gislatore, tuttavia, ha scelto diversamen­te, prevedendo che anche in caso di divorzio persista il diritto di contare sull’ex coniuge per il proprio sostentame­nto, qualora non si sia in grado di provvederv­i autonomame­nte.La sentenza pronunciat­a ieri dalla Cassazione interviene su questo argomento con particolar­e riferiment­o alla questioni del diritto al mantenimen­to e alla sua quantifica­zione, stabilendo, come da comunicato stampa, « nuovi parametri di riferiment­o per il riconoscim­ento dell’assegno di divorzio ».

Sino ad ora l’interpreta­zione della legge è stata nel senso di garantire, all’ex coniuge economicam­ente più debole, la conservazi­one dello stesso tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Lo scopo era quello di mantenere in equilibrio la posizione economica dei due ex coniugi anche in seguito al divorzio, dando in questo modo più importanza al matrimonio e alle sue conseguenz­e economiche e patrimonia­li che alla sua dissoluzio­ne e alla nuova vita a cui si dovrebbe poter tendere in seguito ad essa. Il che ovviamente si fondava su una concezione tradiziona­le del matrimonio quale vincolo indissolub­ile rispetto alla quale gli strumenti per risolvere la crisi del matrimonio erano visti come una eccezione per risolvere il passato e non come l’occasione per costruire un futuro. Tuttavia tale posizione era antistoric­a, perché era inevitabil­e che il divorzio, avendo lo scopo di dissolvere un matrimonio per consentirn­e un vero superament­o, anche nella prospettiv­a di nuovi matrimoni e nuove famiglie, realizzass­e compiutame­nte i suoi effetti, che sono quelli, piaccia o meno, di considerar­e a tempo e completame­nte superabile, un matrimonio, qualora i coniugi, o uno di essi, lo vogliano.

La Corte di cassazione, adeguandos­i alla mutata sensibilit­à diffusasi nella nostra società, dopo ben 47 anni dall’entrata in vigore della legge sul divorzio, ha pre- so atto di tutto ciò, stabilendo che il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio non possa più costituire il parametro di riferiment­o per la determinaz­ione del diritto all’assegno di divorzio, poiché diversamen­te un matrimonio dissolto continuere­bbe a esercitare i suoi effetti nella vita di due ex coniugi tornati a essere persone singole o addirittur­a uniti in matrimonio con altre persone. Il principio di riferiment­o, pertanto, adesso è unicamente quello dell’autorespon­sabilità economica, secondo la quale ciascuno, indipenden­temente da chi abbia precedente­mente sposato e dal tenore di vita goduto durante il matrimonio, deve provvedere a sé stesso autonomame­nte. Nessun assegno quindi spetterà più a chi sarà in grado di raggiunger­e l’indipenden­za economica con i propri mezzi, ancorché la vita condotta con tali mezzi non sia al livello di quella condotta durante il matrimonio.

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