Le nuove indicazioni
IL VECCHIO PRINCIPIO
La Cassazione ha invertito una rotta seguita dalla Suprema corte fin dal 1990. Il parametro di riferimento, dettato dalle Sezioni unite, al quale rapportare l’adeguatezza-inadeguatezza dei mezzi del richiedente, è stato sempre individuato nel «tenore di vita analogo a quello avuto in
costanza di matrimonio, o che poteva legittimamente e ragionevolmente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio stesso, fissate al momento del divorzio». Un criterio che, a distanza di 27 anni, la Suprema corte ha cambiato, senza chiamare in causa le Sezioni unite - come sarebbe previsto quando una sezione semplice muta orientamento - perché, ormai superato dai tempi
LA NUOVA LINEA
Per i giudici della prima
sezione civile il parametro del tenore di vita, se applicato anche alla prima fase dell’an debeatur, collide radicalmente con la natura stessa dell’istituto del divorzio e con i suoi effetti giuridici. Con la sentenza di divorzio, infatti, il rapporto matrimoniale si estingue sul piano non solo personale ma anche economico-patrimoniale, sicché ogni riferimento a tale rapporto finisce illegittimamente con il ripristinarlo,, sia pure limitatamente alla dimensione economica del “tenore di vita matrimoniale” condotto, in una indebita prospettiva, di ultrattività del vincolo matrimoniale
IL GIUDICE
Nella fase di verifica del diritto all’assegno, basata sul principio dell’autoresponsabilità economica, il giudice dovrà valutare la mancanza di mezzi adeguati o l’impossibilità di procurarseli.
In questo contesto pesano: l’esistenza di altri redditi, la capacità lavorativa, la disponibilità di una casa di abitazione. Tutto deve essere dimostrato dal coniuge richiedente, ferma la possibilità di prova contraria. Nel quantificare l’assegno, in virtù del principio di “solidarietà economica”
peserà: il contributo dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio il reddito e la durata del matrimonio
LA CONSULTA
Secondo i giudici, la decisione non contrasta con la sentenza 11/2015 con cui la Corte
costituzionale ha recepito l’orientamento ieri “abbandonato”. Per i giudici della prima sezione, infatti, la Consulta non aveva preso posizione sulla sostanza delle censure formulate dal giudice remittente, riducendo quella sollevata a una questione di mera interpretazione della norma. Omettendo inoltre di considerare che, in una precedente occasione , nell’escludere la possibilità di equiparare del tutto il trattamento del divorziato con quello del separato, aveva affermato che «basterebbe rilevare che per il divorziato l’assegno di mantenimento non è correlato al tenore di vita matrimoniale» (sentenza 474/1989)