Si parte dal l’opzione per cooperare con il Fisco
La catena del valore teorizzata da Michael Porter è stata completamente stravolta, e in alcuni casi cancellata, dall’economia digitale. La rivoluzione è in pieno corso sia nei servizi che nei settori tradizionali. Non ha più senso distinguere l’economia reale da quella digitale. Tutta l’economia oggi è digitale: si chiama «data economy». Dati nelle mani di grandi colossi e non degli Stati nazionali che ora anche sulla moneta vedono a rischio la propria sovranità con i bitcoin senza regolazione. La cosiddetta webtax non era e non è una nuova tassa ma il semplice riconoscimento di regole fiscali già applicate a tutti gli altri sulle imposte indirette. Tocca ora al legislatore capire per tempo la trasformazione della società adeguando le regole per evitare le distorsioni che sono sotto gli occhi di tutti. In Italia e nel resto d’Europa. Non ci si può più appellare alla «non stabile organizzazione», tanto cara ai sostenitori del «ci pensa l’Europa»: al tempo dell’economia digitale, anche con pochi dipendenti a mio avviso c’è stabile organizzazione. Lo hanno capito alcune Over the top come Google che ha siglato un accordo con le Entrate. Da qui la proposta di una webtax transitoria, prima di trovare un accordo comune in Ue , poniamo le multinazionali di fronte all’opzione: seguire la strada della cooperazione con il Fisco, oppure assumersi le responsabilità di un rapporto sempre più difficile con gli Stati nazionali.