Una ritenuta al 26% per chi si sottrae al confronto
Le commissioni Finanze e Industria del Senato sono ormai a buon punto nell’ascolto delle parti che prelude alla fase emendativa e alla votazione del testo finale del disegno di legge sulla web tax (AS 2526) . Il Ddl consolida alcune proposte già presentate in relazione alle leggi di bilancio per il 2015 e il 2016 e al Ddl Concorrenza. La proposta punta a consentire alle Entrate di accertare la reale base imponibile derivante dalle attività dematerializzate svolte in Italia dagli Over the top, ma fatturate da Irlanda e Lussemburgo, che ai medesimi assicurano una fiscalità tendente allo zero. I recenti accordi con Apple e Google, pur brillanti, colgono solo una parte ridotta del dovuto. Secondo il Ddl, i soggetti esteri, che effettuano più di 500 transazioni sul circuito digitale nel semestre per un valore non inferiore al milione di euro, si presume abbiano una stabile organizzazione virtuale. Questi possono dichiararsi spontaneamente alle Entrate o essere segnalati dagli intermediari finanziari, che interromperanno i pagamenti a loro favore nel caso non si facciano identificare. Nel confronto con il Fisco si verifica l’esistenza o meno della “stabile”. Se il soggetto si sottrae al confronto, gli intermediari applicano sulla transazione la ritenuta del 26% (quella per i “redditi diversi”). Un’aliquota punitiva? No, un incentivo al dialogo.