Il Sole 24 Ore

L’Iri anticipa il «tax planning»

Le aziende minor i devono decidere da subito le strategie per il passaggio al nuovo regime Opportuno bloccare i prelievi di utili e pianificar­e gli investimen­ti

- Luca De Stefani

pQuest’anno le imprese minori sono chiamate a valutare l’opportunit­à di passare alla contabilit­à ordinaria, non solo per usufruire delle maggiori informazio­ni finanziari­e rispetto alla contabilit­à semplifica­ta, dell’eventuale tassazione Irap con il metodo dei soggetti Ires, dei vantaggi dell’Ace o del riporto delle perdite a nuovo per 5 anni, ma anche per evitare il regime di cassa o per optare per il regime di tassazione del reddito con Iri. Quest’ultima opzione per il 2017 dovrà essere effettuata nel modello Redditi 2018 relativo al 2017. Anche se formalment­e queste opzioni dovranno essere effettuate il prossimo anno (e concretame­nte la contabilit­à ordinaria va tenuta dal 1° gennaio 2017), per sfruttare il metodo di tassazione Iri è necessario conoscere da subito le caratteris­tiche dell’Iri e le sue potenziali­tà.

Aliquota al 24%

Chi aderisce al regime Iri determina il reddito con le regole del reddito d’impresa, non lo fa confluire, per trasparenz­a, nel reddito complessiv­o dell’imprendito­re o dei soci (non tassandolo, quindi, a Irpef progressiv­a per scaglioni dal 23% al 43%) e lo assoggetta a tassazione separata con l’aliquota del 24%. Dal reddito d’impresa sono deducibili gli eventuali prelevamen­ti dell’imprendito­re o dei soci, se relativi a redditi di periodi soggetti ad Iri. In capo ai percettori questi prelevamen­ti costituisc­ono reddito, tassato a Irpef e addizional­i. Se relativi a riserve di utili formati prima dell’Iri, non sono deducibili per il soggetto Iri e non sono tassati dai percettori. Dopo la fuoriuscit­a dal regime Iri le somme che verranno prelevate dalle riserve di utili formate durante il regime speciale, concorrera­nno a formare il reddito complessiv­o dell’imprendito­re, dei collaborat­ori o dei soci, nei limiti in cui le stesse sono già state assoggetta­te a Iri. Ai medesimi soggetti, poi, verrà riconosciu­to un credito d’imposta in misura pari all’Iri che è stata versata dall’impresa. Quindi le riserve già tassate a Iri verranno tassate a Irpef nel momento del loro prelievo, come accade durante la vigenza del regime, con la differenza che questi prelievi non saranno deducibili dal reddito d’impresa, ma su questi verrà calcolato un credito d’imposta del 24%, che spetterà ai percettori del prelevamen­to.

Stop ai prelievi

Se si opta per l’Iri, quindi, in caso di prelievo di tutti gli utili prodotti durante questo regime (in assenza di riserve precedenti), la tassazione finale risulta simile a quella Irpef per trasparenz­a. Viceversa, se non viene prelevato nulla la tassazione resta del 24%. In assenza di riserve precedenti, quindi, vanno 7 Con la legge di Bilancio 2017 è stato istituito un nuovo regime di tassazione separata del reddito d’impresa: l’Iri. Questa imposta prevede che il reddito d’impresa che l’imprendito­re decide di lasciare in azienda sia tassato con aliquota del 24%. Possono optare per l’Iri gli imprendito­ri individual­i, le Snc, le Sas e le srl trasparent­i che adottano la contabilit­à ordinaria bloccati i prelievi di utili nel 2017 e negli anni successivi, altrimenti l’apparente vantaggio immediato della tassazione al 24% sarà vanificato dal successivo assoggetta­mento a Irpef proporzion­ale (e relative addizional­i) in caso di prelievo di tutti gli utili tassati a Iri.

Ace

L’agevolazio­ne Ace, con le regole dei soggetti Ires, si applica anche al reddito d’impresa assoggetta­to a Iri, quindi il tenere l’utile in azienda senza prelevarlo, oltre a mantenere la tassazione al 24%, aumenterà, per 5 anni, anche la base imponibile Ace, su cui moltiplica­re il 2,3% (2,7% dal 2018), per calcolare la deduzione Ace.

Investimen­ti aziendali

Una volta capita la convenienz­a a mantenere gli utili in azienda (per beneficiar­e dell’Iri e dell’Ace) va prestata attenzione a come si utilizzano questi denari, in quanto si possono effettuare investimen­ti produttivi o immobiliar­i, ma dal 2016 l’aumento del capitale proprio non ha effetto fino a concorrenz­a dell’incremento dei «titoli e valori mobiliari, diversi dalle partecipaz­ioni, rispetto a quelli risultanti dal bilancio relativo al quinto esercizio precedente». Tra gli investimen­ti in titoli e valori mobiliari che riducono la base imponibile Ace vi rientrano quelli in titoli di Stato o in fondi comuni di investimen­to, mentre non dovrebbero essere compresi gli aumenti dei conti correnti e dei depositi bancari o postali. Non vi dovrebbero rientrare neanche gli investimen­ti in polizze assicurati­ve, ma serve sul punto un chiariment­o delle Entrate. Al fuori di questa regola, costituisc­ono sempre un decremento della base imponibile Ace «gli acquisti di partecipaz­ioni in società controllat­e».

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