Irpef sui prelevamenti alla ricerca di chiarezza
Servono istruzioni per i soci
pNonostante i chiarimenti resi a Telefisco (e nella circolare n. 8/ E/2017) e l’intervento operato con l’articolo 58 del Dl n. 50/2017 sono ancora troppi gli interrogativi riguardanti il regime opzionale Iri. Tra questi, merita attenzione la questione dell’imposizione Irpef degli utili prelevati, di cui non è chiara la modalità di attribuzione tra i vari soggetti.
Nel regime Iri il titolare dell’impresa individuale, i collaboratori familiari e i soci delle società di persone sono assoggettati a imposizione sulle somme prelevate «a carico dell’utile dell’esercizio e delle riserve di utili, nei limiti del reddito dell’esercizio e dei periodi d’imposta precedenti assoggettati a tassazione separata e non ancora prelevati». Tali somme costituiscono reddito d’impresa e per il soggetto Iri costituiscono prelievi deducibili, nei limiti «del reddito del periodo d’imposta e dei periodi d’imposta precedenti assoggettati a tassazione separata al netto delle perdite residue computabili in diminuzione dei redditi dei periodi d’imposta successivi». Si intuisce che i prelievi eccedenti tale limite non costituiscono fiscalmente costo deducibile per l’impresa, né reddito per il titolare o i soci. Questo anche in considerazione del fatto che la relazione illustrativa alla legge n. 232/2016 specifica che con il regime Iri «l’ammontare dell’utile di esercizio e delle riserve di utili costituisce meramente il limite massimo di prelevamenti possibili».
Ciò che la disposizione non dice è quale sia il criterio di ripartizione assunto per tali somme. In assenza di regime Iri, infatti, opera il principio di trasparenza secondo cui i redditi «sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili». Tuttavia, il comma 5 dell’articolo 55-bis disinnesca tale disposizione, «limitatamente all’imputazione e alla tassazione del reddito indipendentemente dalla sua percezione».
Ma cosa significa questo sotto il profilo reddituale dei singoli soci? Ipotizziamo una società di persone in regime Iri partecipata esclusivamente da due soci, Tizio e Caio, al 50% ciascuno. Se, ad esempio, nell’anno “x” Tizio preleva l’80% degli utili e Caio solo il 20% (situazione non certo anomala in questo tipo di società), come avviene la tassazione progressiva Irpef su Tizio e Caio? Una prima soluzione possibile è che vengano considerati rilevan- ti i prelievi effettivamente operati da ciascuno, indipendentemente dalle quote di partecipazione. Questo modo di operare, assai differente a quello delle società non in regime Iri, avrebbe il pregio di attribuire il reddito a chi, effettivamente, lo percepisce, ma imporrebbe un’ attenzione contabile e operativa nel “tracciare” distintamente i vari prelievi posti a base delle singole imposizioni dei soci.
Una seconda soluzione è quella di mantenere invariata l’attribuzione del “monte prelievi” in relazione alla quota di partecipazione dei due soci, indipendentemente dal quantum che ciascuno ha prelevato. Si potrebbe trovare uno spunto in questa direzione nella relazione della legge di Bilancio, in cui si legge che la tassa- zione del reddito d’impresa «resta idealmente riferibile in capo all’imprenditore ovvero ai soci in ragione della quota di partecipazione agli utili». Appare tuttavia abbastanza singolare che, una volta incentrata la tassazione sui prelievi, si proceda in via forfettaria, facendo sì che i prelievi di Tizio - che hanno determinato l’80% dei costi deducibili per la società - comportino su tale socio un’imposizione progressiva di una cifra decisamente inferiore.
Questo esempio porta ad alcune considerazioni. Infatti, poiché il vantaggio principale del regime Iri consiste nel limitare al 24% la tassazione degli utili sino al momento del prelievo, rinviando nel tempo l’applicazione dell’aliquota marginale del titolare o dei soci, non è certo irrilevante il ruolo giocato dalle situazioni reddituali di ciascuno di essi. Continuando con l’esempio, se Tizio e Caio avessero un’aliquota marginale Irpef molto differente tra loro, la convenienza del regime Iri potrebbe determinare un vantaggio per uno di loro e uno svantaggio per l’altro. Inoltre, la valutazione di convenienza deve tener presente le diverse posizioni soggettive in termini di detrazioni fiscali “spendibili”, che sarebbero perse qualora non si provvedesse a un prelievo adeguato (ovvero in assenza di altri redditi). Contrariamente a quanto avvenuto con il regime di trasparenza, in questo caso il legislatore ha “glissato” sull’accertamento del consenso dei soci all’ingresso nel regime, presumibilmente lasciato alle singole regole statutarie. Una “grana” in più per chi deve consigliare i soci circa la convenienza a “sposare” il regime Iri, ben sapendo che ciascuno di loro, nel tempo, si costruirà la propria tabella di “costi/benefici” rispetto al regime ordinario non Iri.
DA CONSIDERARE Se le aliquote marginali dei soci sono diverse il regime Iri potrebbe avvantaggiare uno e svantaggiare l’altro