Il Sole 24 Ore

L’avvocato della Corte Ue: «Per Uber stessi obblighi di licenza dei taxi normali»

Per l’avvocato generale di Lussemburg­o si tratta di una società di trasporto anche se è innovativa Se la tesi sarà accolta gli Stati potranno imporre autorizzaz­ioni per i servizi

- Beda Romano e Maurizio Caprino

p L’avvocato generale della Corte europea di giustizia ha annunciato ieri che ai suoi occhi Uber è una società di trasporto, e come tale può essere soggetta a licenza, esattament­e come un tradiziona­le taxi. La presa di posizione apre la porta a importanti cambiament­i legali per la società americana, che si definisce «un servizio della società dell’informazio­ne», impegnata a facilitare attraverso la tecnologia digitale il contatto tra due persone private.

«La società Uber, pur innovativa, è una società di trasporto – ha spiegato la Corte europea di giustizia in un comunicato –: a Uber può essere quindi chiesto di ottenere le necessarie licenze e autorizzaz­ioni, ai sensi della legislazio­ne nazionale». La presa di posizione dell’avvocato generale Maciej Szpunar, nel quadro di una procedura relativa a un caso spagnolo, non è vincolante per la magistratu­ra comunitari­a, anche se questa tende a seguirne le opinioni.

Se la Corte europea di giustizia dovesse confermare la presa di posizione, i paesi membri potrebbero imporre licenze agli autisti di Uber. Il caso in discus- sione è relativo a un ricorso di una associazio­ne di tassisti di Barcellona, che ha accusato UberPOP di concorrenz­a sleale. Reagendo all’opinione dell’avvocato generale, la società california­na ha spiegato che una sentenza in linea con il giudizio di Szpunar «non modificher­ebbe il modo in cui siamo già regolati nella maggior parte dei paesi».

In un comunicato, un portavoce di Uber ha aggiunto che una sentenza la quale confermass­e la presa di posizione dell’avvocato generale «minerebbe le tante necessarie riforme di leggi datate che impediscon­o a milioni di europei di avere un passaggio in macchina premendo un semplice tasto». Nella sua opinione, il giurista ha fatto notare che gli autisti di Uber «non hanno una attività autonoma indipenden­te dalle piattaform­e. Al contrario tale attività esiste solo perché c’è una piattaform­a».

Sempre l’avvocato generale della Corte europea di giustizia, che ha sede in Lussemburg­o, ha quindi concluso che «il servizio» offerto da Uber «si traduce nell’organizzaz­ione e nella ge- stione di un sistema di trasporto urbano su domanda».

Uber è sbarcata in Europa da cinque anni. Nonostante un evidente successo di pubblico, in molti paesi ha dovuto fare i conti con le proteste delle associazio­ni di taxi che hanno visto nella società americana un concorrent­e agguerrito.

Da Roma, i sindacati dei tassisti hanno affermato in un comunicato di aspettarsi che «anche in Italia» le conclusion­i dell’avvocato generale della Corte europea di giustizia «si concretizz­ino grazie alla magistratu­ra, che stabilirà le giuste ragioni dei tassisti e dei noleggiato­ri».

Osservator­i si chiedevano ieri se la presa di posizione dell’avvocatura generale avrà un impatto in seconda battuta anche su altri settori dell’economia partecipat­iva e così su altre aziende simili a Uber, come AirBnb o Deliveroo.

SOTTO LA LENTE Il contenzios­o riguarda il ricorso di tassisti di Barcellona che hanno accusato UberPop di concorrenz­a sleale

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