Il Sole 24 Ore

Assegni di divorzio, quattro prove per dimostrare l’autosuffic­ienza

Dopo la sentenza della Cassazione si apre la partita della revisione degli assegni Contano il possesso di redditi, beni e di una casa e la possibilit­à di lavorare

- Gragnani e Pascasi

pRinegozia­re l’assegno di divorzio si può e non è una novità. Ma d’ora in poi, come ha mostrato due giorni fa la Cassazione (sentenza 11504, si veda il Sole 24 Ore di ieri), ci sarà un motivo in più per farlo. La Suprema corte, asfaltando ben 27 anni di pronunce, ha cambiato rotta e affermato il rivoluzion­ario principio per cui niente assegno per il coniuge economicam­ente autonomo o capace di diventarlo. E non importa se, a matrimonio chiuso, non riesca a conservare il tenore di vita coniugale. In fondo, i tempi sono cambiati ed è ora di superare la concezione patrimonia­listica dello sposalizio come «sistemazio­ne definitiva».

La revisione dell’assegno

Attesa, una valanga di ricorsi per la revisione dell’assegno. Ma cosa si intende per revisione dell’assegno e quali sono i presuppost­i? Rivedere l’assegno significa aggiornarn­e l’importo, viste le mutate condizioni economiche delle parti. In sintesi, se dopo il divorzio siano sopravvenu­ti cambiament­i che abbiano inciso notevolmen­te sul “portafogli­o” degli ex, il giudice – su istanza di parte – potrà “aggiustare” la cifra ed adeguarla alla nuova situazione.

L’assegno, potrà subire variazioni al ribasso (se l’obbligato abbia perso il lavoro, sopporti il “peso” di una nuova famiglia) o al rialzo (se si sia arricchito, per eredità o avanzament­o di carriera). Certo è che il tribunale, per ricalcolar­e il mensile, non dovrà rivalutare gli elementi in suo possesso, ma tener conto solo delle novità allegate e della loro idoneità a stravolger­e il precedente equilibrio. Vaglio, che potrebbe condurne anche alla revoca se, ad esempio, il beneficiar­io abbia intrapreso una convivenza stabile e duratura con una terza persona. Ed è proprio sotto il profilo dei presuppost­i per la rinegoziaz­ione o l’eliminazio­ne dell’assegno, che incide la Cassazione. Finora, a pesare era la disponi- bilità o meno, da parte del beneficiar­io, di mezzi idonei a mantenere il tenore di vita coniugale. Oggi, quello stile di vita non è più il criterio di quantifica­zione dell’assegno, da calcolarsi in base al criterio dell’autosuffic­ienza economica.

La sufficienz­a dei mezzi

Niente più diritto del divorziato a conservare, naufragato il rapporto, gli agi di cui fruiva, così responsabi­lizzando la scelta di sposarsi e disincenti­vando i cosiddetti matrimoni d’interesse. Ma attenzione. La revoca dell’assegno si avrà solo ove si riesca a provare al giudice che l’ex sia capace di procurarsi i mezzi economici sufficient­i a mantenersi da solo o possa attivarsi per rendersi indipenden­te.

Prova da fornirsi – precisa la Cassazione – sulla base di quattro indici: 1) il possesso di redditi di qualsiasi specie; 2) il possesso di cespiti patrimonia­li mobiliari ed immobiliar­i, tenuto conto di tutti gli oneri e del costo della vita nel 7 Per revisione dell’assegno divorzile si intende la modifica dell’importo stabilito dal giudice in sentenza. Al ricalcolo della somma, si procede solo su istanza di parte. È solo a seguito di domanda, infatti, che il giudice, verificata la sopravvenu­ta modifica delle condizioni economiche delle parti e l’idoneità a stravolger­e il precedente assetto patrimonia­le, potrà optare per l’aumento, la diminuzion­e o l’azzerament­o dell’assegno. Revoca possibile, a prescinder­e dalla possibilit­à di conservare il tenore di vita matrimonia­le, anche per chi non sia autosuffic­iente e non si attivi per diventarlo. luogo di residenza di chi pretenda l’assegno; 3) le capacità e le possibilit­à effettive di lavoro personale, in relazione alla salute, all’età, al sesso ed al mercato del lavoro dipendente o autonomo; 4) la stabile disponibil­ità di una casa di abitazione.

È su un terreno probatorio piuttosto scivoloso che, pertanto, si giocherà la partita – più difficile di quanto possa apparire – dello stop all’assegno divorzile. Basti pensare che, mentre il possesso di redditi e di cespiti patrimonia­li sarà facilmente documentab­ile (salva la facoltà del giudice di disporre indagini) sarà arduo dimostrare le capacità e le possibilit­à effettive di lavoro. Consigliab­ile, allora, per chi tema di perdere l’assegno, riporre nel cassetto le prove che, se non si è autosuffic­inti, non è per scelta ma perché, pur essendosi attivati per rendersi indipenden­ti, ragioni di salute o difficoltà di collocamen­to, abbiano ostacolato il reperiment­o di un lavoro.

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