Il piccolo mistero dei consumi pubblici
Consumi pubblici? È questo il fattore principale che guiderà la crescita di Eurolandia? A guardare - dall’esterno e in via puramente “esplorativa” - le previsioni di primavera della Commissione Ue, sembrerebbe proprio di sì.
La relazione, a leggere i focus dei singoli Paesi, appare subito molto forte. In generale - e semplificando molto - lo scenario costruito dalla Commissione sembra immaginare che una crescita dell’1% negli acquisti di beni e servizi da parte delle amministrazioni pubbliche si “traduca” in un incremento dello 0,6% della crescita economica, con una correlazione davvero molto alta.
È un nesso che non trova riscontro nei dati storici: dal ’96 a oggi l’effetto, isolato da altri fattori, è del solo 0,34% in più, e se si tiene conto solo degli anni successivi alla Grande recessione, l’impatto è anche più basso. La correlazione, infine, è decisamente inferiore. Le previsioni della Commissio- ne, dunque, immaginano una relazione non solo più forte ma anche molto più lineare di quella reale tra spese pubbliche e crescita.
I numeri non sono certamente presi a caso. Le previsioni per il 2017 e il 2018 sembrano piuttosto riproporre esattamente la relazione esistente tra consumi pubblici e crescita nel solo 2016, per evitare forse qualche anomalia del recente passato.
Questo non significa ovviamente che altri fattori non vengano presi in considerazione. Anzi. I modelli macroeconomici sono molto complessi e la relazione tra consumi pubblici e crescita stupisce e si fa notare proprio per la sua forza e per la coincidenza con i dati reali del 2016. Secondo i risultati della Commissione, il contributo dei consumi pubblici alla crescita del Pil di Eurolandia per il 2017 e il 2018 è basso - 0,3 punti percentuali - anche se superiore rispetto al recente passato; ed è più basso di quello di altri elementi del Pil, soprattutto consumi privati e investimenti. Non sorprende allora che per Paesi come l’Italia, la Francia, il Portogallo - più deboli, per fattori strutturali - la Commissione preveda tassi di crescita decisamente compressi rispetto all’impatto per così dire “medio”dei consumi pubblici; mentre per la Spagna o l’Irlanda, in piena ripresa, accada il contrario.
Sorprende un po’ il caso tedesco. I consumi pubblici sono previsti - come per altre economie - in rallentamento: +3,2% nel 2017 e +3% nel 2018, mentre l’anno scorso sono cresciuti del 4%, ma l’”effetto” di questo impulso, che va ben al di là della media per la Germania, è decisamente inferiore, sia pure abbastanza robu- sto. È evidente che il bilancio in surplus permette al governo di Berlino di spingere molto su questo fronte, anche se i consumi pubblici del Paese pesano per il 19,2% sul Pil - una quota destinata evidentemente a crescere perché il numeratore salirà è più rapidamente del denominatore - contro per esempio il 18,9% dell’Italia e il 19,8% di Eurolandia nel suo complesso (ma il 23,9% della Francia). Con incrementi così forti delle spese pubbliche per beni e servizi ci si sarebbe però aspettati - in base alle relazioni storiche, sia pure molto teoriche perché “isolate” - una crescita ben più rapida; è come se una parte degli sforzi pubblici fosse sprecata. In un sistema solido come quello tedesco ci si sarebbe aspettati comunque qualcosa in più. La Commissione però prevede una riduzione del surplus delle partite correnti la quale - per quanto lasci l’avanzo a livelli molto elevati, dall’8,5% al 7,6% del Pil - farà da freno al prodotto interno lordo.
CORRELAZIONI Nelle previsioni della Commissione sorprende la forte relazione tra spese statali e crescita del Pil