Illegittimi per la Consulta i costi standard degli atenei
pLa Consulta lancia un siluro contro i costi standard nelle università, il parametro con cui sono stati assegnati finora 3,5 miliardi dal 2014 - primo anno di loro applicazione - al 2016 con il riparto del Ffo (il Fondo ordinario di finanziamento).
Nel mirino della Corte costituzionale sono finiti l’articolo 8 e 10 del Dlgs 49/2012 - dichiarati illegittimi - che applicando la legge Gelmini (non bocciata dai giudici) hanno tracciato l’identikit del costo standard negli atenei, i primi a sperimentarli nella Pa. Questo criterio mira a definire quanto uno studente frequentante dovrebbe costare all’ateneo (in base a cattedre, servizi, strutture, ecc.). E quindi quanto vale poi nella distribuzione dei fondi che avviene ogni anno con il Ffo dove i costi standard hanno conquistato sempre più peso ai danni della spesa storica, passando dal 20% (982 milioni) nel 2014, al 25% (1,2 miliardi) nel 2015 fino al 28% (1,3 miliardi) nel 2016.
Il nodo sottolineato dalla sentenza si basa sul fatto che il Governo scrivendo il Dlgs 49 ha commesso due errori, demandando per intero ai decreti ministeriali l’individuazione degli indici in base ai quali determinare il costo standard, ma anche le percentuali del Ffo da dividere in base al costo standard. Invece al Governo - spiega la Consulta - «era stato conferito il compito di individuare quantomeno gli indici per la quantificazione e di dettare disposizioni in merito alla valorizzazione del costo standard, ossia al suo collegamento con una parte del Ffo». Un compito a cui «si è sottratto» con un “deficit di delega”.
Per il Miur ora si aprono due fronti: arginare possibili contestazioni sui fondi distribuiti in passato e una modifica legislativa - l’invito arriva anche dalla Consulta - per rispondere ai rilievi. L’occasione per correre ai ripari potrebbe già arrivare con un emendamento in manovrina.