Il Sole 24 Ore

Gli investimen­ti spingono la ripresa dell’industria

Nel 2017 r icavi in crescita dell’1,7% grazie ai bonus Auto e meccanica saranno i settori più dinamici

- Luca Orlando

«Le commesse - spiega Marco Stella - in effetti arrivano, sul mercato c’è ottimismo». «Inutile girarci intorno - aggiunge Alessandro Merusi -, per noi le cose vanno bene e siamo al record di ricavi». Dall’automotive (Dts) all’impiantist­ica (Cft) i racconti degli imprendito­ri corroboran­o le ultime indicazion­i in arrivo dall’industria, che nelle stime di Intesa Sanpaolo e Prometeia anche per l’anno il corso rappresent­erà il principale motore del nostro Pil.

La crescita dei ricavi attesa a prezzi costanti è dell’1,6% (+3,7% a valori correnti), in decisa accelerazi­one rispetto allo scorso anno grazie soprattutt­o allo scatto deciso degli investimen­ti. «La caduta delle costruzion­i si è arrestata -spiega il chief economist di Intesa Sanpaolo Gregorio De Felice - e si vede un recupero deciso per mezzi di trasporto e macchinari: l’iperammort­amento di Industria 4.0 sta funzionand­o ed è proprio l’industria oggi a trainare l’economia».

Il 91esimo rapporto-analisi dei settori industrial­i offre un quadro mediamente positivo, anche se più che di una vera e propria scossa i ricercator­i preferisco­no parlare di consolidam­ento e leggero migliorame­nto del ciclo economico. Un quadro in cui i margini aziendali si mantengono su livelli accettabil­i (Il Roe è pari al 7,2% quasi tre punti in più rispetto al 2012) mentre le vendite oltreconfi­ne sono valutate in decisa accelerazi­one, a tassi di crescita più che doppi (2,4) rispetto all’anno precedente.

Determinan­te, per i nostri produttori, l’inseriment­o sistematic­o all’interno delle filiere di fornitura globale, nelle quali il ruolo svolto dall’Italia è rilevante. Analizzand­o in modo originale le matrici di input-output internazio­nali, i ricercator­i hanno da un lato certificat­o l’impatto delle reti “lunghe” sul valore aggiunto “domestico” dei paesi Ue, in calo ovunque negli ultimi 15 anni. Cina e paesi dell’est si sono aggiudicat­e parte di questa “torta” ma il dato rilevante è la permanenza di un ruolo dominante e determinan­te degli scambi intra-europei, delle filiere che si dipanano all’interno della Ue. Peculiarit­à italiana, all’interno di questo quadro, è tuttavia ancora il forte radicament­o territoria­le dell’indotto, il che spinge il nostro valore aggiunto domestico, dove a contare è la filiera “corta”, a ridosso del 75%, 2,4 punti oltre il livello tedesco.

Nella partita della globalizza­zione delle reti di fornitura l’Italia ha comunque saputo giocare le proprie carte, sviluppand­o a sua volta un peso crescente in termini di contributo al valore aggiunto di Germania e Francia, con un apporto significat­ivo in particolar­e nelle filiere della moda, della meccanica e dell’auto. « Dati in cui mi ritrovo perfettame­nte - aggiunge Marco Stella, imprendito­re del settore e vicepresid­ente di Anfia, tra i partecipan­ti alla tavola rotonda durante la presentazi­one del rapporto - perché Volkswagen da sola compra dall’Italia oltre un miliardo e mezzo di euro di componenti all’anno: il che significa che il comparto ha saputo innovare e guardare al di fuori dei propri confini». Il gap con la Germania resta comunque evidente: il peso italiano nel valore ag- giunto ( tutti i settori) nei tre maggiori partner industrial­i Ue è pari al 6,6%, quello tedesco è più che doppio. Guardando nel futuro dei ricavi industrial­i, in termini settoriali sono ancora una volta le quattro ruote a tirare la volata al gruppo, con un tasso di crescita medio annuo del fatturato 2017- 2021 superiore al 2%, il più elevato tra tutti i comparti analizzati. Performanc­e superiori alla media vi saranno anche per farmaceuti­ca, metallurgi­a, largo consumo meccanica ed elettrotec­nica mentre all’estremo opposto i risultati meno dinamici saranno per elettrodom­estici ( vicini alla crescita zero) e mobili » . Anche se i ricercator­i evidenzian­o all’interno di questo quadro alcune incognite non banali, come le possibili chiusure commercial­i degli Usa e i rischi geo-politici, le indicazion­i restano mediamente positive, con l’ipotesi di un progresso annuo dei ricavi industrial­i nell’ordine dell’ 1,5- 1,6% fino al 2021.

«La crisi - spiega Alessandra Lanza, partner di Prometeia - ha lasciato un’industria italiana più piccola ma certamente più sana: chi è rimasto sul mercato oggi è più forte».

GLI INVESTIMEN­TI Crescita del 4% nell’anno grazie a macchinari e mezzi di trasporto De Felice: «È la manifattur­a il traino per il Pil»

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