I troppi «luoghi comuni» sulle banche
Sulle condizioni delle banche in Italia sussistono dei “luoghi comuni” non più attuali e largamente o totalmente superati, innanzitutto sulla solidità. Il Governatore della Banca d’Italia ha con precisione dichiarato che, dall’inizio della crisi finanziaria, «le banche italiane hanno quasi raddoppiato i coefficienti relativi al patrimonio di migliore qualità e continuano ad accrescerli». Negli ultimi mesi le sofferenze nette (il dato è il più preciso) sono scese a 77 miliardi di euro e molte operazioni di smaltimento sono state annunciate di prossima realizzazione, mentre è assai intenso il lavoro continuo delle banche per ridurle, quando sono diminuiti i flussi di nuovi crediti deteriorati. I prestiti sono in aumento rispetto ai mesi precedenti e sono superiori di ben 87 miliardi di euro nei confronti dell’ammontare complessivo della raccolta da clientela.
Pur in una fase storica di infimi tassi d’interesse, le profonde modernizzazioni realizzate e i continui investimenti in tecnologie hanno ridotto i costi di struttura rispetto al margine di intermediazione ( cost income) delle banche in Italia a un valore inferiore a quello della Germania. Le riforme e le attività di aggregazione fra le banche in Italia evidenzieranno a fine 2017 l’autentica “rivoluzione” in corso. Prevedo, infatti, che a fine anno i gruppi bancari e le banche singole indipendenti saranno soltanto circa 115 in Italia, un numero molto inferiore a quelli di Germania e Francia e perfino delle meno popolose Olanda e Spagna. Alla forte riduzione del numero delle banche si assomma la cospicua contrazione degli sportelli bancari: nel solo 2016 le dolorose e inevitabili chiusure di sportelli hanno raggiunto la cifra record di 1.231. Altrettanto significative sono state le riduzioni di personale bancario. Queste trasformazioni si sono potute verificare anche in virtù delle consapevolezze e dei costruttivi rapporti maturati con i sindacati dei bancari. Ora occorre evitare anche l’estremo imprevisto della compressione dell’ indispensabile concorrenza bancaria nei mercati locali che potrebbe determinarsi se continuasse all’ infinito la diminuzione del numero delle banche e degli sportelli. Nel frattempo sono fortemente cambiati anche gli assetti societari: la crisi finanziaria internazionale e le croniche debolezze del capitalismo in Italia, accentuate dalla crisi, hanno portato forti trasformazioni nelle proprietà di una parte assai cospicua del mondo bancario italiano che vede un numero rilevante di banche con assetti sociali da public companies internazionali.
Ora i problemi dinanzi alle banche (non solo in Italia) sono quelli innanzitutto di un continuo eccesso di produzioni normative di ogni genere e le spinte a rafforzare quasi all’infinito le normative prudenziali sul capitale delle banche, anche con l’applicazione di nuove regole come Mrel e Tlac pensate in altre fasi economiche e di relazioni internazionali e che debbono essere ora profondamente ripensate in un quadro che necessita innanzitutto di misure per lo sviluppo e non per frenarlo. Il problema ora assolutamente principale per le banche è la ripresa della redditività in una fase storica comunque di tassi molto bassi prodotti innanzitutto da una moneta solida come l’euro. È indispensabile una più cospicua redditività delle banche anche per favorire il naturale processo di distribuzione di dividendi ai milioni di azionisti e di sempre cospicui accantonamenti. Occorre, quindi, guardare innanzi e lontano, progettare e realizzare il futuro senza essere ostacolati da “luoghi comuni” ormai superati.