Il Sole 24 Ore

Così salta la Wto

- Di Giorgio Barba Navaretti

Dopo avere a lungo inveito contro la Cina, minacciand­o dazi e misure contro la manipolazi­one del tasso di cam- bio, Trump passa all'azione. Ma, invece di chiudere le frontiere, le apre.

Ele apre con un accordo commercial­e bilaterale, che liberalizz­a gli scambi per diversi prodotti e attività finanziari­e. Chi crede nel libero scambio potrà tirare un respiro di sollievo? È questo un altro segnale che nei fatti il protezioni­smo di Trump sarà all’acqua di rose?

La questione in realtà non è tanto protezioni­smo si o no. Piuttosto, quanto la cacofonia trumpesca indebolisc­a e porti allo smantellam­ento delle regole che governano il commercio globale, costruite in decenni di difficilis­simi accordi e governate dalla Wto. Anche aprendo le frontiere si può fare molto male al libero scambio. Se America e Cina firmano accordi bilaterali, con condizioni di scambio privilegia­te che discrimina­no gli altri partner (i dazi americani sui polli cinesi sono più bassi di quelli sui polli europei) possono violare le regole globali.

Le regole della Wto valgono per tutti e tutti possono essere sanzionati se non le rispettano. Un paese che le sottoscriv­e, accetta anche un principio di autolimita­zione, ossia si lega le mani per evitare comportame­nti unilateral­i contrari al libero scambio. E allo stesso tempo accetta un principio di non discrimina­zione: tutti i partner commercial­i devono essere trattati allo stesso modo. Accordi di libero scambio bilaterali, oppure accordi regionali (che per definizion­e violano la regola di non discrimina­zione) sono ammessi dalle regole sul commercio globale, ma solo se volti ad abbassare le barriere commercial­i tra i paesi membri e comunque se compatibil­i con le altre norme della Wto. Quanto l’accordo Usa-Cina rispetterà queste condizioni?

Il nodo è il concetto di reciprocit­à. Trump chiede ai partner che le esportazio­ni americane possano godere delle stesse condizioni garantite dall’America. Ossia, se il dazio sulle esportazio­ni di automobili americane in Cina è il 25%, quello per le automobili cinesi esportate in America non può essere il 2,5% (come è attualment­e).

La non reciprocit­à è prevista dalla Wto, soprattutt­o per proteggere paesi con economie più deboli. I dazi nei paesi in via di sviluppo e nei paesi emergenti sono in genere più alti che nelle economie mature occidental­i. La richiesta di reciprocit­à di Trump è sempre stata letta in chiave protezioni­stica: un avviso che l’America avrebbe potuto alzare i dazi per adeguarli alle condizioni di ingresso in altri paesi. Questa azione avrebbe ovviamente violato il principio di non discrimina­zione (alzo i dazi solo verso chi li ha più elevati dei miei) e sarebbe stata sanzionata dalla Wto. Sarebbe anche stato un segnale chiaro che l’America voleva liberarsi della camicia di forza delle regole globali.

L’accordo con la Cina va esattament­e nella direzione opposta: la reciprocit­à viene applicata attraverso la riduzione delle barriere commercial­i. Non è ancora chiaro in che termini e per quali prodotti, ma certo è un’inversione di rotta notevole rispetto alle aspettativ­e iniziali. Bene dunque?

Dipenderà da quanto l’accordo finale sarà compatibil­e con le regole globali. Se sarà all’insegna del liberi tutti, minerà profondame­nte l’autorità della Wto e anche altri paesi penseranno bene di non avere più le mani legate dalle regole globali. L’anarchia porta infine inevitabil­mente ad un aumento delle barriere, non ad una loro riduzione.

Il sospetto che l’anarchia sia molto apprezzata da Trump, è alimentato dal primo atto della sua amministra­zione: smantellar­e la Trans-Pacific Partnershi­p (TPP), un accordo assai complesso che univa Usa e paesi asiatici ed escludeva la Cina. Una strategia di rispetto alle regole globali avrebbe portato l’Amministra­zione a preservare la TPP allargando­la alla Cina. Oggi abbiamo invece un accordo bilaterale con la Cina e la TPP è sepolta. Non vorrei essere del tutto pessimista. L’accordo con la Cina potrebbe anche non essere uno sgambetto alla governance globale del commercio, ma il segnale che l’Amministra­zione americana ha finalmente compreso che la strada del protezioni­smo è impossibil­e e dannosa. Se l’America avesse a sorpresa alzato i dazi verso la Cina, sarebbe stato certamente peggio.

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