Riforma del terzo settore Chi incassa il 5 per mille indicherà online l’utilizzo
Per ora, nessun risparmio e nessuna vera semplificazione per gli utenti. Poi, tra almeno due anni, si vedrà. La versione corretta dello schema di decreto legislativo sul riassetto della burocrazia dell’auto (previsto dalla riforma Madia della pubblica amministrazione, cioè la legge 124/2015, articolo 8), licenziata ieri dal Consiglio dei ministri, rinvia di almeno un anno gli effetti più significativi previsti dalla riforma. E, rispetto alla prima versione del Dlgs, per quel che si sa finora conferma che la prima novità (che rischia di restare l’unica) si vedrà il 1° luglio 2018 e consisterà nell’unificazione dei documenti: i dati contenuti nell’attuale certificato di proprietà (cioè la “certificazione” di chi è proprietario e le altre vicende che influiscono sulla disponibilità del veicolo, come ganasce fiscali e ipoteche) confluiranno nella carta di circolazione.
Il Consiglio dei ministri ha approvato il testo in seconda lettura, dopo che il primo, presentato a fine febbraio (in extremis rispetto alla delega Madia) ha ricevuto i pareri di Camere, Consiglio di Stato e Conferenza unificata. Solo alcune osservazioni sono state recepite. Ora il provvedimento torna alle Camere per un rapido passaggio, in modo da essere emanato a fine mese.
La delega Madia prevedeva l’unificazione dei documenti e l’eventuale istituzione di un’agenzia, che di fatto accorpasse Motorizzazione e Pra e le rispettive banche dati. Il tutto con «significativi risparmi per l’utenza». Ma lo Stato non avrebbe risparmiato: avrebbe dovuto prendere in carico il personale del Pra, oggi pagato dall’Aci (gestore del registro) con gli incassi degli emolumenti per le operazioni svolte. E alla Motorizzazione i lavoratori Pra servono poco: tra essi non ci sono ingegneri, che - tra pensionamenti e blocco del tur- nover - alla Motorizzazione si sono drammaticamente ridotti.
Così la prima versione del Dlgs si limitava a unificare i documenti e a sancire che di fatto i risparmi per l’utenza non ci sarebbero stati, perché la tariffa da pagare per ottenere il documento unico può anche essere uguale alla somma delle due tariffe precedenti. Un elemento non in linea con la delega (si veda «Il Sole 24 Ore» del 2 marzo). La seconda versione intende rimediare prevedendo genericamente che il taglio dei costi di gestione possibile col documento unico verrà riversato sull’utenza. Si parla comunque di pochi euro, per pratiche che ne costano almeno 300 (dovuti soprattutto all’Ipt, imposta provinciale di trascrizione, che non viene toccata).
La seconda versione potrebbe stabilire che gli incassi delle operazioni di competenza del Pra resteranno all’Aci come ora. Ciò significherebbe che l’ente potrebbe continuare a finanziarsi coi proventi Pra (che sono superiori ai costi di questa struttura): perderebbe solo i benefici (soprattutto gli interessi bancari) che oggi ha dall’incasso dell’imposta di bollo che poi riversa allo Stato. Con la prima versione, i proventi della tariffa unica sarebbero andati al Tesoro, che poi avrebbe rigirato all’ente solo i costi puri del Pra (come da sempre fa con la Motorizzazione, quindi la tariffa è in parte una tassa occulta).
Altra novità potrebbe essere il fatto che un anno dopo la fissazione (con Dm) della tariffa unica, il ministero dei Trasporti farà una relazione al Parlamento, che deciderà se eventualmente istituire un archivio unico. Che taglierebbe i costi, a scapito di Acinformatica, società privata Aci i cui dipendenti sono infatti da tempo in mobilitazione.
Infine, recepito l’allarme dei demolitori (si veda «Il Sole 24 Ore» del 9 maggio): le radiazioni per esportazione dovrebbero essere possibili solo per veicoli che abbiano superato la revisione da non oltre sei mesi.
IL CALENDARIO Da metà 2018 il certificato di proprietà sarà «assorbito» dalla carta di circolazione Nel 2019 si vedrà se unificare gli archivi di Mctc e Pra