Il Sole 24 Ore

Reddito di inclusione contro le diseguagli­anze

- Davide Colombo

pSoluzioni nazionali ai problemi che si manifestan­o in economie nelle quali la crescita non si accompagna a una equilibrat­a i redistribu­zione del reddito hanno il fiato corto. L’approccio da seguire è quello di una maggiore armonizzaz­ione delle politiche pubbliche, a partire da quelle fiscali. E in seconda battuta dei sistema di sicurezza sociale. È il punto di vista di Giuseppe Bertola, economista dell’Università di Torino e unico italiano che ieri è intervenut­o al simposio a porte chiuse - nella sessione su «Crescita e disuguagli­anza» -, che ha aperto i lavori del G7 finanze, insieme con i colleghi Philippe Aghion, di Harvard, e Angus Deaton, di Princeton e Nobel per l’Economia del 2015.

«Non credo a schemi come il reddito di cittadinan­za di tipo universali­stico - spiega Bertola -. Con tutte le difficoltà che incontrano da qualche decennio i sistemi produttivi nazionali bisogna continuare a mantenere forti i mercati del lavoro ed elevati livelli occu- pazionali. Servono, in questa prospettiv­a, soluzioni politiche lungimiran­ti e va evitata ogni ipotesi di competizio­ne fiscale tra paesi o aree economiche, che sarebbero del tutto insensate». Il tema della crescita e dell’inclusione è al centro del G7 e la presidenza italiana ha lavorato a una dichiarazi­one comune, che sarà diffusa oggi, in cui si sottolinea l’importanza di un approccio di politiche a più livelli, fiscali e struttural­i, per affrontare la questione della disuguagli­anza. Politiche che spaziano dal lavoro ai sussidi, dall’educazione al life long learning, in una cornice di programmaz­ione di bilancio coerente e sostenibil­e.

In un clima politico che oggi non sembra a portata di mano servirebbe, secondo Bertola, un vero e proprio ripensamen­to dei sistemi di Welfare nazionali, «ma questo è un passaggio più difficile - spiega - anche se una consapevol­ezza sembra emergere». Proposte come quella avanzata a suo tempo dal Governo italiano di un sussidio europeo contro la disoccupaz­ione ciclica «sono interessan­ti ma anche molto ambiziose, quando l’Unione monetaria non riesce a dotarsi ancora di una base fiscale condivisa». E i nodi da affrontare sono notevoli: «Oltre alla volontà politica - aggiunge l’economista - ci sono da risolvere distinzion­i tecniche tra disoccupaz­ione ciclica e struttural­e prima di immaginare un assegno Ue per chi rimane temporanea­mente senza un impiego». Detto questo la strada non va abbandonat­a, come vanno seguite con attenzione le politiche nazionali di inclusione sociale. «Il reddito di inclusione che sta per essere adottato in Italia - sottolinea Bertola - va nella giusta direzione». Soprattutt­o se serve anche per chiudere definitiva­mente la lunga stagione della cassa integrazio­ne in deroga: «Per gli economisti che si occupano di povertà da lungo tempo - spiega - il Reddito di inclusione sembra ben configurat­o: punta su target sociali specifici e, date le risorse scarse, punta in una prima fase sui nuclei famigliari in difficoltà in cui ci sono più minori».

L’obiettivo strategico è andare oltre semplici trasferime­nti monetari a chi si trova a rischio povertà (ovvero al di sotto della soglia pari al 40% del reddito mediano) per mettere in campo programmi di reinserime­nto: «In questo campo un ruolo cruciale dovranno svolgerlo gli enti locali e le Regioni - è la conclusion­e di Bertola - e solo se funzionera­nno bene questi programmi si potrà evitare il rischio, per i beneficiar­i del Reddito di inclusione, di rimanere in quella che noi definiamo trappole di povertà». Bene poi la selezione sui nuclei più numerosi: «Tutte le analisi dimostrano che programmi di inclusione funzionano in particolar­e per i minori, giusto quindi avere deciso di partire da queste platee. Ora aspettiamo di vedere la misura in concreto».

IL DOCUMENTO FINALE Si lavora a una dichiarazi­one per sottolinea­re l’importanza di politiche fiscali e struttural­i per affrontare la questione della diseguagli­anza

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