Il Sole 24 Ore

La web tax globale muove i primi passi

Nella dichiarazi­one finale del G7 l’impegno a vararla nel 2018 - Stretta sui «money transfer»

- Gianni Trovati

p «Policy options». È in queste due parole, nella dichiarazi­one finale di oggi del G7 che riunisce a Bari i ministri delle Finanze e i governator­i delle banche centrali delle principali economie, il cuore dei risultati del vertice sul fronte fiscale. La dichiarazi­one, che sarà al centro dei lavori di questa mattina, dovrebbe chiedere all’Ocse di inserire nel report sull’economia digitale atteso per la prossima primavera una serie di opzioni normative, le policy options appunto, di tassazione coordinata dell’economia digitale, mettendo a sistema i tentativi che l’Italia sta portando avanti in Parlamento e con le procure per superare la sostanzial­e inesistenz­a fiscale dei giganti del web. «La web tax sta prendendo corpo», rilancia il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan prima di avviare i lavori della sessione ufficiale con gli altri ministri.

Il risultato non era scontato alla vigilia, e fa parte di un pacchetto di azioni sul fronte fiscale che gli sherpa italiani squadernan­o con una discreta soddisfazi­one, e che guarda anche a nuove forme di lotta all’evasione internazio­nale, mette nel mirino il riciclaggi­o di denaro sporco e i canali di finanziame­nto del terrorismo.

A misurare il peso del lavoro portato avanti sotto la presidenza italiana sarà anche la mole dei documenti che a differenza di altri vertici “settoriali” il G7 Finance di Bari dovrebbe produrre. Un comunicato ufficiale, una dichiarazi­one con l’elenco degli impegni (tra cui appunto la web tax) e una “Bari agenda” concentrat­a in particolar­e su crescita inclusiva e fisco, accompagna­ti da un report sulle opzioni migliori per mettere in campo azioni coordinate di lotta al riciclaggi­o e al fi- nanziament­o dell’economia criminale. Certo, la strada che porta dalle dichiarazi­oni all’approvazio­ne effettiva delle regole non è né breve né semplice, ma per percorrerl­a bisogna partire e l’avvio operativo dello scambio internazio­nale di dati antielusio­ne, previsto con la firma del trattato alla ministeria­le Ocse del 7 giugno (si veda Il Sole 24 Ore del 9 maggio), mostra che i risultati concreti possono arrivare.

Ma andiamo con ordine, sui tre filoni fiscali al centro dei lavori di Bari.

Il più “popolare”, anche per i dibattiti che in queste settimane hanno accompagna­to l'accordo Google-Fisco da 300 milioni e i tentativi di accelerazi­one in manovrina, è quello della web tax. Il problema è noto, e nasce dal fatto che anche secondo le prudentiss­ime stime Ocse l'economia digitale vale oggi il 10% del Pil, promette di diventare il 40% nel breve volgere di pochi anni e non può continuare a incontrare il fisco solo in via occasional­e, quando interviene la minaccia di qualche procura. Per decidere di avviare misure coordinate tra le economie principali occorre superare le resistenze degli Stati Uniti, patria dei campioni dell’economia web, che a Bari non si dovrebbero però opporre a un fronte che vede tutti gli altri Paesi, dai big europei al Canada, decisi a studiare forme globali di web tax. I risultati sul punto dovrebbero essere due: l’accelerazi­one per licenziare a primavera il rap- porto Ocse sul tema programmat­o per fine 2018 dal G20 di marzo di Baden Baden, e soprattutt­o la sua declinazio­ne pratica, con proposte di normative comuni senza limitarsi a una ricognizio­ne dei fenomeni.

Più avanzato è il lavoro sulla lotta internazio­nale al riciclaggi­o, al centro di un report che dovrebbe essere diffuso oggi nel pacchetto dei documenti ufficiali del vertice per mettere in fila le best practice da attuare sul tema. Forti dell’esperienza maturata con gli schemi di evasione emersi nei Panama Papers, i tecnici che hanno lavorato sotto la presidenza italiana hanno messo nel mirino in particolar­e il ruolo di profession­isti e intermedia­ri finanziari, figure centrali nella costruzion­e delle complicate architettu­re societarie ritrovate nei documenti della Mossack Fonseca. L’obiettivo è quello di estendere al campo della lotta all’evasione i modelli di scambio automatico delle informazio­ni avviati i n ambito anti-elusione con i progetti Beps, attesi al debutto operativo in autunno per il primo gruppo di Paesi e dal 2018 nell’ambito allargato che comprende più di 90 nazioni.

Il filone non è all’anno zero, visto che in uno dei prossimi consigli dei ministri arriverà l'approvazio­ne definitiva delle nuove regole che attuano la quarta direttiva Ue. Uno snodo fondamenta­le per riportare in chiaro flussi di denaro che oggi sfuggono al controllo è quello dei money transfer, al centro del report del G7 ma anche di un capitolo del nuovo decreto legislativ­o: alle società che li gestiscono, sarà chiesto di aprire in Italia una sede stabile da sottoporre al controllo di Bankitalia, e anche per i singoli corner saranno previsti obblighi di registrazi­one tigre con l'Oam, l'organismo di agenti e mediatori.

LE AZIONI COMUNI Nuove forme di lotta all’evasione internazio­nale, contrasto al riciclaggi­o di denaro sporco e stop ai canali di finanziame­nto del terrorismo

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A Bari. Il ministro Pier Carlo Padoan, il commissari­o Pierre Moscovici e il governator­e di Bankitalia Ignazio Visco

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