Reverse, false fatture senza Iva
La circolare 16/E/2017 supera la posizione della Cassazione sui distinguo da operare - Applicazione ante-2016 Sanzione tra 5 e 10% dell’imponibile - Stralcio di credito e debito in accertamento
pI n presenza di fatture false in regime di reverse charge l’Iva non è dovuta. È questo uno dei chiarimenti più interessanti che emergono dalla lettura della circolare 16/E/2017 dell’agenzia delle Entrate.
Il documento, che illustra le sanzioni applicabili e il comportamento in sede di accertamento per le operazioni avvenute in inversione contabile, affronta anche le novità in ipotesi di fatture false. Infatti, nonostante l’apparente chiarezza della nuova norma, introdotta nell’ambito della riforma del sistema sanzionatorio, la Cassazione, ancorchè con un’isolata pronuncia (16679/2016), aveva generato alcuni dubbi i nterpretativi. Gli uffici dell’Agenzia, in virtù di tale sentenza, di fatto disapplicavano le novità, così generando contenzioso sul punto.
In sintesi, la questione riguarda il recupero Iva in ipotesi di fatture riferite ad operazioni inesistenti sulle quali è stato applicato il regime del reverse charge.
Prima delle modifiche, gli uffici pretendevano, in sede di accertamento, anche l’Iva, in quanto, nonostante non fosse stata realmente versata al fornitore, attraverso la doppia registrazione prevista nell’inversione contabile, l’imposta era detratta dal cessionario. Trattandosi di operazione i nesistente, veniva così disconosciuta tale detrazione. Sul punto, si faceva ri- ferimento all’articolo 21, comma 7, del decreto Iva, in base al quale l’imposta indicata nelle fatture, benchè inesistenti, è comunque dovuta e sul costante orientamento giurisprudenziale, anche comunitario, secondo cui l’imposta relativa ad operazioni inesistenti è indetraibile per l’assenza di un requisito sostanziale. L’interpretazione generava però una circostanza paradossale poiché il contribuente era tenuto al versamento di un’imposta in realtà detratta solo “cartolarmente”. Si verificava quindi che l’utilizzatore delle false fatture pur non avendo nella sostanza detratto Iva (stante il regime del reverse charge) si vedeva contestare sia la indebita detrazione, sia la relativa sanzione.
Il Dlgs 158/2015 ha modificato il regime sanzionatorio in questione prevedendo che se il cessionario o committente applica l’inversione contabile per operazioni esenti, non imponibili o comunque non soggette a imposta, in sede di accertamento vanno espunti sia il debito sia la detrazione computati nelle liquidazioni e che tale disposizione trova applicazione anche nei casi di operazioni inesistenti, per i quali è prevista una sanzione tra il 5 e il 10% dell’imponibile. La circolare 16/E/2017, a questo proposito, ha precisato che in virtù della nuova norma, nelle ipotesi di fattura riferita a operazioni inesistenti sulla quale è stata applicata l’inversione contabile, in se- de di accertamento va espunto sia il debito sia il credito computato nelle liquidazioni dell’imposta (eliminando così gli effetti dell’operazione contabilizzata).
Il contribuente va tuttavia sanzionato nella misura compresa tra il 5 e il 10% dell’imponibile.
Nel documento di prassi è altresì chiarito che la nuova norma, riguardando aspetti procedimentali, trova applicazione anche alle azioni commesse prima del 1° gennaio 2016, i cui atti di recupero non sono divenuti definitivi. Il chiarimento dovrebbe risolvere così i dubbi interpretativi sollevati dalla Suprema corte secondo cui, in sintesi, l’irrilevanza dell’Iva derivante da reverse charge su operazioni inesistenti, doveva riguardare solo i casi di fatture astrattamente «esenti, non imponibili o comunque non soggette a Iva» regolate con reverse charge interno.
L’Agenzia, invece, non operando alcun distinguo, ha ritenuto non dovuta l’imposta in tutte le ipotesi di operazioni inesistenti.
La vicenda riguarda numerosi accertamenti per i quali è auspicabile che gli uffici non tardino ad applicare le direttive contenute nella circolare, evitando così al contribuente di intraprendere il contenzioso. Peraltro, espunta l’Iva e applicata la sanzione prevista, è verosimile che in molte ipotesi, si giunga a una definizione in adesione.