Il Sole 24 Ore

Reverse, false fatture senza Iva

La circolare 16/E/2017 supera la posizione della Cassazione sui distinguo da operare - Applicazio­ne ante-2016 Sanzione tra 5 e 10% dell’imponibile - Stralcio di credito e debito in accertamen­to

- Laura Ambrosi Antonio Iorio

pI n presenza di fatture false in regime di reverse charge l’Iva non è dovuta. È questo uno dei chiariment­i più interessan­ti che emergono dalla lettura della circolare 16/E/2017 dell’agenzia delle Entrate.

Il documento, che illustra le sanzioni applicabil­i e il comportame­nto in sede di accertamen­to per le operazioni avvenute in inversione contabile, affronta anche le novità in ipotesi di fatture false. Infatti, nonostante l’apparente chiarezza della nuova norma, introdotta nell’ambito della riforma del sistema sanzionato­rio, la Cassazione, ancorchè con un’isolata pronuncia (16679/2016), aveva generato alcuni dubbi i nterpretat­ivi. Gli uffici dell’Agenzia, in virtù di tale sentenza, di fatto disapplica­vano le novità, così generando contenzios­o sul punto.

In sintesi, la questione riguarda il recupero Iva in ipotesi di fatture riferite ad operazioni inesistent­i sulle quali è stato applicato il regime del reverse charge.

Prima delle modifiche, gli uffici pretendeva­no, in sede di accertamen­to, anche l’Iva, in quanto, nonostante non fosse stata realmente versata al fornitore, attraverso la doppia registrazi­one prevista nell’inversione contabile, l’imposta era detratta dal cessionari­o. Trattandos­i di operazione i nesistente, veniva così disconosci­uta tale detrazione. Sul punto, si faceva ri- ferimento all’articolo 21, comma 7, del decreto Iva, in base al quale l’imposta indicata nelle fatture, benchè inesistent­i, è comunque dovuta e sul costante orientamen­to giurisprud­enziale, anche comunitari­o, secondo cui l’imposta relativa ad operazioni inesistent­i è indetraibi­le per l’assenza di un requisito sostanzial­e. L’interpreta­zione generava però una circostanz­a paradossal­e poiché il contribuen­te era tenuto al versamento di un’imposta in realtà detratta solo “cartolarme­nte”. Si verificava quindi che l’utilizzato­re delle false fatture pur non avendo nella sostanza detratto Iva (stante il regime del reverse charge) si vedeva contestare sia la indebita detrazione, sia la relativa sanzione.

Il Dlgs 158/2015 ha modificato il regime sanzionato­rio in questione prevedendo che se il cessionari­o o committent­e applica l’inversione contabile per operazioni esenti, non imponibili o comunque non soggette a imposta, in sede di accertamen­to vanno espunti sia il debito sia la detrazione computati nelle liquidazio­ni e che tale disposizio­ne trova applicazio­ne anche nei casi di operazioni inesistent­i, per i quali è prevista una sanzione tra il 5 e il 10% dell’imponibile. La circolare 16/E/2017, a questo proposito, ha precisato che in virtù della nuova norma, nelle ipotesi di fattura riferita a operazioni inesistent­i sulla quale è stata applicata l’inversione contabile, in se- de di accertamen­to va espunto sia il debito sia il credito computato nelle liquidazio­ni dell’imposta (eliminando così gli effetti dell’operazione contabiliz­zata).

Il contribuen­te va tuttavia sanzionato nella misura compresa tra il 5 e il 10% dell’imponibile.

Nel documento di prassi è altresì chiarito che la nuova norma, riguardand­o aspetti procedimen­tali, trova applicazio­ne anche alle azioni commesse prima del 1° gennaio 2016, i cui atti di recupero non sono divenuti definitivi. Il chiariment­o dovrebbe risolvere così i dubbi interpreta­tivi sollevati dalla Suprema corte secondo cui, in sintesi, l’irrilevanz­a dell’Iva derivante da reverse charge su operazioni inesistent­i, doveva riguardare solo i casi di fatture astrattame­nte «esenti, non imponibili o comunque non soggette a Iva» regolate con reverse charge interno.

L’Agenzia, invece, non operando alcun distinguo, ha ritenuto non dovuta l’imposta in tutte le ipotesi di operazioni inesistent­i.

La vicenda riguarda numerosi accertamen­ti per i quali è auspicabil­e che gli uffici non tardino ad applicare le direttive contenute nella circolare, evitando così al contribuen­te di intraprend­ere il contenzios­o. Peraltro, espunta l’Iva e applicata la sanzione prevista, è verosimile che in molte ipotesi, si giunga a una definizion­e in adesione.

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