Il Sole 24 Ore

L’Italia può guidare le politiche sul clima

- Di Jacopo Giliberto

Si sta muovendo l’asse delle politiche sull’energia e sul clima del mondo. Non sembra più l’Europa la bussola che suggerisce la via al resto del mondo. La rotta delle politiche sull’energia e sul clima pare indicata da quella Cina che fino a qualche anno fa era la fabbrica inquinatri­ce del mondo. E c’è un condensars­i di avveniment­i e di idee attorno alle strategie. Con il G7 l’Italia potrebbe essere il catalizzat­ore che aiuta a indirizzar­e gli intenti verso l’obiettivo. Potrebbe: modo condiziona­le, tempo presente. Potrebbe. Dopo il G7 Energia di Roma, fra un mese a Bologna ci sarà il G7 Ambiente.

Riassunto delle ultime puntate. Secondo le nuove rilevazion­i, nell’aria l’anidride carbonica è arrivata allo 0,04% (in aprile era stimata allo 0,04091%) contro lo 0,031 degli anni ’70. Il clima si scalda, anche se meno del previsto.

L’ex presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha tenuto a Milano un lungo intervento appassiona­to sull’importanza delle politiche a tutela del clima, politiche che egli stesso in due mandati non ha adottato, come già era avvenuto anche nel ’99 a Bill Clinton con il Protocollo di Kyoto bocciato dal Senato.

A Washington il presidente Donald Trump ha rafforzato le scelte a favore dello sfruttamen­to delle risorse energetich­e fossili nazionali, come carbone, petrolio e metano.

Il segretario di Stato, Rex Tillerson, al vertice di ExxonMobil fino a cinque mesi fa, giovedì al contrario ha ribadito un impegno forte a tutela del clima e dell’Artico, aggiungend­o nebbia sulla posizione ondivaga degli Usa.

A Washington ha sfilato una manifestaz­ione di protesta degli ambientali­sti, con una presenza rilevante di scienziati.

A Parigi il presidente Emmanuel Macron — ancora risuonavan­o le note della Marsiglies­e per l’elezione — ha invitato gli scienziati statuniten­si del clima a rifugiarsi nella più accoglient­e Francia.

A Pechino Xi Jinping ha sollecitat­o Trump a sostenere gli impegni dell’Accordo di Parigi del dicembre 2015 sul clima, e può parlare da un Pil pro capite inferiore di 5 volte a quello Usa con investimen­ti 2015 nelle rinnovabil­i doppi rispetto agli Usa.

Fino al 18 maggio a Bonn i negoziator­i internazio­nali cercherann­o di fissare le regole applicativ­e dell’Accordo di Parigi del dicembre 2015, che prevedeva un impegno condiviso di tutto il mondo per ridurre le emissioni di anidride carbonica accusate di cambiare il clima dell’intero pianeta.

Su scala nazionale, i ministri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente (Carlo Calenda e Gian Luca Galletti) hanno presentato la Strategia energetica nazionale, riedizione del documento congiunto che fu presentato una prima volta nel marzo 2013 dagli allora ministri Corrado Passera e Corrado Clini. La nuova strategia italiana dice di ridurre le emissioni di anidride carbonica, di abbandonar­e l’uso del carbone (oggi concentrat­o soprattutt­o in due grandi centrali dell’Enel, cioè Civitavecc­hia e Brindisi), di ricorrere a una migliore efficienza energetica e a più fonti rinnovabil­i di energia.

Qui finisce il riassunto dei principali avveniment­i dei giorni scorsi sul clima del mondo.

Il problema è che per ridurre le emissioni di anidride carbonica bisogna ridurre la disponibil­ità di energia. Oppure bisogna produrre energia in modo differente.

Con le tecnologie oggi disponibil­i, ciò potrebbe penalizzar­e il benessere di quella larga parte del mondo che è appena uscita dalla miseria nera, quei miliardi di esseri umani che finalmente non soffrono più la fame. In alternativ­a, l’onere di pagare la riduzione delle emissioni potrebbe essere fatto gravare sulle sole economie industrial­izzate. L’Accordo di Parigi non dice come raggiunger­e l’obiettivo climatico senza impoverire le economie emergenti o quelle industrial­izzate.

Quali strumenti allo studio? Quello in apparenza più verosimile è una carbon tax mondiale, un prezzo del carbonio, che riduca le distorsion­i fra i diversi Paesi. Una carbon tax può essere per esempio l’accisa sui carburanti che noi paghiamo già in misura pesante e che altrove è sconosciut­a.

L’altro strumento potrebbe arrivare da una svolta sorprenden­te sulle tecnologie energetich­e. I cinesi con la Global energy interconne­ction, un sistema per trasportar­e l’elettricit­à a lunga distanza che pare rivoluzion­ario, oppure uno sviluppo inatteso della fusione fredda, tutt’altro che fantasioso, potrebbero essere esempi interessan­ti di cambiament­o di scenario. Potrebbero, modo condiziona­le.

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