Il Sole 24 Ore

Torna l’appeal su obbligazio­ni e valute

La Fed sostiene la credibilit­à del suo piano di rialzi dei tassi, ma gli investitor­i guardano soprattutt­o all’evoluzione politica a Washington Sventato il «pericolo Le Pen» in Francia, è di nuovo Wall Street a indicare la direzione ai mercati

- Di Marzia Redaelli

La partita degli investitor­i si decide con le obbligazio­ni e le valute, mentre le azioni restano a bordo campo in un clima ovattato.

Il ritmo del gioco lo detta Wall Street, perché una volta sventato il pericolo antieurope­ista di Marine Le Pen in Francia, le decisioni della banca centrale americana e le mosse imprevedib­ili di Donald Trump sono tornate ad arbitrare i mercati. La Federal Reserve cerca di sostenere la credibilit­à del suo piano di rialzi dei tassi - anche per creare un cuscinetto ammortizza­tore dei tagli in caso di recessione - e adotta una retorica che confermi la solidità dell'economia Usa, ma che allo stesso tempo non faccia temere una condotta monetaria soffocante.

Nei giorni scorsi, per esempio, Joshua Rosemberg della Fed di New York ha dichiarato che entro fine anno sono attuabili tre strette sui tassi, mentre i rendimenti dei titoli governativ­i continuano a scontarne due a misura, o addirittur­a meno nei momenti di maggior intemperan­za al rischio.

Al momento, tuttavia, la persuasion­e morale della Fed ha effetti di breve durata sulle Borse, mentre le questioni che gravitano intorno alla Casa Bianca si fanno via via più incisive, perché le aspettativ­e per una rinnovata espansione del ciclo americano hanno alimentato le quotazioni da novembre ad ora. Secondo Giuseppe Sersale di Anthilia Capital Partners, la situazione politica a Washington è l'unico focolaio in grado di scuotere i parterre, che sembrano anestetizz­ati in attesa di indicazion­i più chiare dal fronte delle tensioni internazio­nali e della crescita globale. Il Presidente degli Stati Uniti ha sfidato il Congresso con la rimozione di James Comey, capo dei servizi segreti, che stava indagando sulle interferen­ze russe nella sua elezione, e l’iniziativa potrebbe rendere più complessa l'approvazio­ne delle sue proposte legislativ­e.

Nelle ultime due sedute, l’inasprimen­to della polemica sul caso Comey e i conti deludenti dei grandi magazzini Macy’s, che mettono in dubbio la reale tonicità dei consumi descritta dagli indici di fiducia, hanno coinciso con l’apertura in calo delle azioni a New York, che da tempo oscillano in una fascia inferiore al mezzo punto percentual­e intorno ai massimi storici, e la discesa ha condiziona­to i listini europei.

Il nervosismo degli operatori, infatti, trova un limite nella mancanza di motivazion­i al pessimismo, che pareggiano le incertezze sul futuro di una ri- presa ancora lenta in Europa, della portata della Brexit, del pericolo di bolle del credito in Cina, della forza residua dell'economia statuniten­se. Ieri per esempio, inflazione e vendite al dettaglio a stelle strisce sono migliorate, ma non a sufficienz­a da impedire le prese di beneficio, a compensazi­one degli aumenti frazionali delle sessioni precedenti.

L’inversione del dollaro e dei titoli obbligazio­nari, però, è stata repentina; il biglietto verde ha perso parte della forza acquisita in settimana sull’euro, sullo yen e in generale sulle principali valute (il cambio contro la moneta unica è tornato a 1,09, a 113 sullo yen e l’indice sintetico che misura la forza del dollaro è ritornato sotto quota 100); mentre gli acquisti delle obbligazio­ni governativ­e Usa hanno compresso i rendimenti delle scadenze a due anni del 5% (a meno dell'1,3%) e di quelle dei decennali del 3,5% (al 2,3%).

Anche le probabilit­à implicite nei contratti derivati per un ritocco al costo del denaro a giugno da parte della Fed sono scese sotto l'80% da una soglia vicina al 90 per cento.

Pure le emissioni dell’Eurozona hanno beneficiat­o dell’avversione al rischio: i prezzi sono saliti e i ritorni a scadenza si sono ridimensio­nati. Nel Vecchio Continente la cura espansiva della Banca Centrale Europea sta funzionand­o, ma è troppo presto perché la ripresa sia consolidat­a, e resta disomogene­a, con l’Italia fanalino di coda. Piazza Affari è in veloce recupero da inizio anno (+13%), ma lo spread sul Bund vicino all’1,9% segnala tuttora distonia.

L’aumento delle vendite al dettaglio Usa inferiori alle attese hanno pesato sulle azioni del settore a Wall Street.

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