Che fare se la casa di famiglia non rende più?
I grandi appartamenti, spesso all’interno di palazzi d’epoca, non hanno più il valore di un tempo. Soprattutto se non sono in città d’arte o in centri come Milano, Roma, Torino, Bologna. Ovvero, quei capoluoghi che nell’ultimo decennio hanno retto allo scossone della crisi del mercato immobiliare. Come ha ricordato di recente Mario Breglia, grande osservatore del mercato immobiliare, «nell’ultimo decennio il mercato della casa si è dimezzato e i prezzi si sono ridotti di un quarto. Quello che era l’investimento principale degli italiani è diventato un investimento residuale».
Così oggi le ville di montagna o di campagna, spesso in location secondarie, costituiscono un’ eredità pesante che molte famiglie si trovano a dovere gestire. Ma nella lista talvolta finiscono anche i vecchi capannoni, gli ampi negozi in quelle che un tempo erano le vie dello shopping e che oggi, di fronte all’avanzare del commercio on line, nessuno vuole più. Perché se a Milano in Via Montenapoleone, o a Roma in Via Condotti le vetrine restano vuote solo pochi giorni, la stessa cosa non accade a Bari, Pisa e Pescara. Insomma, tanti patrimoni immobiliari di famiglia, di grande o esiguo valore, che un tempo assicuravano una rendita, da anni ormai richiedono una diversa gestione. Un tema che riguarda specialmente chi ha i capelli color argento: oggi è quanto mai necessaria una valutazione su cosa fare degli immobili. Cederli, riconvertirli o cambiarne la destinazione d’uso?
Che questa fosse la principale preoccupazione dei clienti (in media il mattone pesa dal 40 al 60% del totale patrimonio dei ricchi) ma anche una nuova opportunità per far più consulenza, se ne sono accorte per prime le grandi banche private. Come Intesa Private Banking dove esiste una struttura nella quale l’ex pertise immobiliare è forte e allargata. Più di recente è stata integrata con le altre competenze del wealth management ( fiscali e legali). È un advisor che aiuta i clienti a decodificare i bisogni e soluzioni immobiliari. Se il fondo immobiliare oggi è leggermente passato di moda, molti soggetti benestanti hanno cominciato a strutturare operazioni d’investimento che prevedono anche attività edilizia di ristrutturazione e trasformazione, aggregandosi in cosiddetti club deal e che promuovono l’operazione tramite veicoli societari ad hoc.
Di recente su tale tipo di consulenza in real estate si sono inseriti anche soggetti nuovi come Banca Mediolanum e soprattutto Banca Generali. Quest’ultima, conscia del fatto che il patrimonio immobiliare resta la «ricchezza» che può generare risorse, solo nel primo trimestre 2017 ha fatto consulenza ai suoi clienti su patrimoni immobiliari per oltre 5 miliardi. Trasformare un palazzetto in un bed and breakfast, investire nello student housing o guardare al senior living per riconvertire immobili inutilizzati. Sono solo alcune delle ipotesi che ogni giorno sono sul tavolo anche di Cordusio, la boutique di UniCredit dedicata ai clienti con più di 5 milioni di patrimonio (solo finanziario). Per questo target il mattone rappresenta soltanto il 30/40% della totale ricchezza ma di recente, seppur con cautela, torna a fare investimenti immobiliari anche in Italia. Se però in passato si guardava al capital gain oggi la parola d’ordine è diversificare per generare rendimenti costanti e valore nel tempo. Insomma, si compra solo mattone «sicuro» e che dà rendita.
— L.I.