Il Sole 24 Ore

Giocare d’anticipo con la Long term care

Non autosuffic­ienza in aumento, meglio pensarci da giovani

- Gabriele Petruccian­i

Non è un Paese per giovani. O almeno non lo è più. L’Italia è diventata più vecchia. Di pari passo con l’allungamen­to della vita, crescerà anche il numero degli anziani non autosuffic­ienti: 3,5 milioni nel 2030 contro gli attuali 2,5. Numeri che sono stati snocciolat­i nel convegno «Invecchiam­ento della popolazion­e e nuovi modelli di welfare», organizzat­o martedì 8 maggio da Forum per la Finanza Sostenibil­e e gruppo Unipol. Un’occasione che ha visto gli operatori del settore confrontar­si anche sulla scarsa attenzione che le famiglie italiane dedicano all’assistenza a lungo termine (Long Term Care, Ltc). In un contesto in cui l’aspettativ­a di vita è diventata più lunga, e con il 38,3% della popolazion­e totale che dichiara di avere almeno una patologia cronica, è importante pensare in anticipo a forme di assistenza sanitaria integrativ­e. Uno degli strumenti a disposizio­ne sono le Ltc, coperture in grado di coprire il rischio di non autosuffic­ienza tramite l’erogazione di una rendita, prestabili­ta o commisurat­a alla “necessità”, o con la fornitura di servizi. Già inserite in molti accordi collettivi, le polizze ad hoc stentano a decollare, nonostante gli incentivi fiscali (i premi sono deducibili).

I costi medi di un’assicurazi­one legata al ramo malattia ammontano a 1.000-1.500 euro su base annua (tra gli 80 e i 120 euro al mese) e variano sia in funzione dell’indennità stabilita in fase di sottoscriz­ione del contratto sia dell’età dell’assicurato (più è alta, maggiore sarà il rischio e di conseguenz­a il premio). Esistono, poi, anche polizze ad accumulazi­one, quelle legate al ramo vita, che prevedono l’accumulo dei risparmi in un fondo speciale che in caso di non autosuffic­ienza pagherà una rendita o restituirà il capitale una tantum (di solito non sono coperti i casi che si verificano prima dei 65 anni). In questo caso, però, per costruirsi un capitale adeguato bisogna muoversi presto, possibilme­nte cominciand­o ad accumulare prima dei 45 anni. L’importanza di un’assistenza sanitaria integrativ­a è resa ancora più evidente dalla spesa “out of pocket” (di tasca propria) sostenuta dalle famiglie italiane. «Nel 2015, la spesa sanitaria complessiv­a è stata di 146,9 miliardi di euro, di cui 34,5 miliardi out of pocket – ha fatto notare durante la conferenza Fiammetta Fabris, dg di Unisalute –. E di questi 34,5 miliardi, solo il 13% è stato intermedia­to da Enti terzi, come Casse, Fondi o Compagnie assicurati­ve». Questo vuol dire che nel 2015, le famiglie hanno pagato di tasca propria 30 miliardi di euro.

In altri Paesi, la percentual­e della spesa out of pocket intermedia­ta da Enti terzi è più del doppio rispetto all’Italia. La Francia, che ha reso obbligator­ia la copertura per non autosuffic­ienza dal punto di vista del lavoro, è al 67%, mentre la Germania, dove la Ltc è obbligator­ia da sempre, è al 44%. È evidente, dunque, che è necessario intervenir­e, andando verso un welfare più integrato tra pubblico e privato. E qualcosa si sta già muovendo. «Nei modelli di welfare aziendali territoria­li si sta andando in questa direzione – ha sottolinea­to Alessia Coeli dell’Università Cattolica del Sacro Cuore –. In tal senso, la Lombardia è tra le regioni che ha fatto di più, creando alleanze territoria­li. Si sta delineando una sinergia con una forte pressione in chiave di prevenzion­e. Nel modello vincente, però, anche il cittadino deve diventare più consapevol­e».

Un cambio di filosofia non da poco soprattutt­o quando si gestiscono i soldi finalizzat­i alla previdenza...

Certo, un conto è avere il 100% in BoT sicuri che rendono poco ma rendono. Un altro è consigliar­e di mettere il 20% azioni, il 10% in high yield e così via. Si tratta di scelte rischiose che rendono anche il portafogli­o più difficilme­nte liquidabil­e. Scelte che con il fai-da-te rischiano di diventare un autogol.

Il problema si pone soprattutt­o per chi deve mantenere un certo tenore di vita ...

«Non ci dobbiamo spaventare: anche in fase di decumulo serve un po’ di sprint al portafogli­o per ottenere un minimo rendimento. Negli Usa sono molto più aggressivi anche in questo periodo della vita».

A proposito di liquidabil­ità degli investimen­ti. Il mattone spesso rappresent­a un grande problema soprattutt­o per i possessori di grandi patrimoni...

Finalmente c’è consapevol­ezza che sotto il mattone non ci sono solo gioie ma possono esserci anche dolori. La crisi di questi anni, soprattutt­o in certe zone d’Italia, ha insegnato che anche gli immobili vanno gestiti in maniera efficiente. Noi consigliam­o di alienare la parte del portafogli­o che non si riesce a mettere a reddito.

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