Il Sole 24 Ore

Se lo spread non torna a scendere

Dopo le elezioni francesi il rischio percepito sui BTp non è calato di molto: pesano il «Qe» e il voto italiano

- Pagina a cura di Marcello Frisone

Di certo l’argine posto ai movimenti anti-euro dalle recenti elezioni in vari Paesi europei farà tornare (almeno nel breve periodo) la fiducia degli investitor­i sul Vecchio Continente (inclusa l’Italia). Ma, se guardiamo più da vicino il “calendario” europeo, due sono al momento le incognite che pesano soprattutt­o sul nostro Paese: la probabile riduzione ( tapering) delle attività straordina­rie di sostegno monetario ( Quantitati­ve

easing) da parte della Bce (Banca centrale europea) e le prossime elezioni politiche italiane (non è escluso che possano avvenire in autunno, in anticipo quindi rispetto al 2018). Fattori, questi, in parte confermati anche dall’ormai famigerato spread (il differenzi­ale di rendimento che indica il grado di rischio percepito su un emittente) tra BTp e Bund: 2,13% prima delle elezioni francesi, 1,85% a giovedì 11 maggio. Insomma, una (piccola) variazione che testimonia come il nostro Paese potrebbe essere percepito un po’ più “pericoloso” rispetto, per esempio, alla Spagna (si veda anche pezzo sotto). Vediamo il perché.

la situazione generale

Archiviate le elezioni austriache, olandesi e, soprattutt­o, quelle francesi, le incertezze che gravavano a inizio anno sull’Europa si sono ridotte. Rimane, come appuntamen­to politico importante, quello delle elezioni politiche tedesche in autunno ma su quest’ultime l’incertezza per il destino dell’Europa è assai minore (si veda «Plus24» del 18 marzo scorso). Molti analisti, quindi, ipotizzano uno scenario positivo per il Vecchio Continente.

l’indicatore di rischio: lo spread

In questo scenario, lo spread tra BTp e Bund dovrebbe dunque a rigor di logica ridursi. Più aumentano le aspettativ­e di “tenuta” dell’Europa, infatti, meno dovrebbero diventare rilevanti le differenze tra Paese e Paese e ciò si dovrebbe riflettere sui rendimenti dei bond che sono tanto maggiori quanto maggiori sono i timori di solidità dell’emittente. In un simile scenario, quindi, lo spread potrebbe ridursi se non ai livelli pre2008 (quando oscillava tra lo 0,20% e lo 0,4%), almeno vicino ai valori del 2014-2015 (tra l’1 e l’1,2%). Dai valori attuali vicini al 2% (1,85% per l’esattezza), si tratterebb­e di un movimento significat­ivo. «La riduzione dello

spread — ricorda Jacopo Ceccatelli di Marzotto Sim — potrebbe avvenire sia per una diminuzion­e del rendimento dei BTp, sia per un aumento del rendimento dei Bund, sia (molto più probabilme­nte) per una combinazio­ne dei due».

le possibili perturbazi­oni

Ma i n uno scenario europeo di possibile ripresa economica e di minori tensioni politiche non si possono non tenere in consideraz­ione due elementi di potenziale perturbazi­one.

Il primo — e per il momento più rilevante — è legato alla conclusion­e del Qe, il programma attraverso il quale la Bce acquista titoli di Stato (e non solo) sul mercato aperto. È assodato che il Qe abbia costituito nel recente passato (e continui a farlo) un fattore determinan­te per mantenere il livello dei rendimenti (e dei rischi) in Europa su livelli bassi. Il timore è che tanto più lo scenario diventi positivo per l’Europa, tanto prima la Bce decida di ridurre e poi terminare il Qe. Questo dovrebbe avere un impatto sul rendimento di tutte le obbligazio­nii europee. «Dato che l’Italia — continua Ceccatelli — è però il Paese con il debito maggiore, sia in termini assoluti sia relativi (a eccezione della Grecia), il rischio è che la fine del Qe impatti maggiormen­te sui titoli del nostro Paese. Paradossal­mente, quindi, un’evoluzione i n positivo delle prospettiv­e economiche e politiche in Europa, potrebbe tradursi in un boomerang per i BTp».

Infine, come detto, prima o poi anche l’Italia dovrà affrontare una nuova tornata di elezioni, con tutte le incognite del caso. Se questa prospettiv­a dovesse concretizz­arsi, potrebbe esserci un aumento del nervosismo sulla falsa riga di quanto successo in Francia (ma forse enfatizzat­o dalla maggior debolezza finanziari­a del nostro Paese).

Insomma, la strada per la riduzione dello spread (e quindi dei rischi sugli investimen­ti fatti nei BTp) potrebbe essere né breve né lineare ma, come al solito, un’attenta diversific­azione del portafogli­o potrebbe far cogliere anche le opportunit­à insite nei nostri titoli di Stato decennali.

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