Attenti ai rendimenti in calo per i bond greci
Ai titoli di Atene giova l’intesa con la Troika ma i rischi restano alti
Poco più di un anno fa un bond decennale greco rendeva oltre il 10%. Oggi il 5,6%, il minimo da settembre 2014. Rendimenti in discesa sono correlati a un aumento del valore del titolo (la cedola è fissa: se il prezzo sale, il rendimento cala) che generalmente si accompagna ad un aumento della fiducia dei mercati verso le prospettive di un paese. Il calo dei rendimenti ha subito un’accelerazione nelle ultime settimane a seguito dell’accordo raggiunto tra i creditori della Grecia (Ue, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale) e il Governo di Atene. L’intesa impone nuovi sacrifici a una popolazione già duramente provata dalla crisi ma sblocca una nuova tranche di prestiti da 6 miliardi di euro. Soprattutto apre la strada alla possibilità di una ristrutturazione del debito, che rappresenta il vero obiettivo di Atene e l’unica strada realisticamente percorribile per avviare una ripresa sostenibile nel tempo.
La vittoria di Emmanuel Macron in Francia ha ridotto le tensioni in tutta Europa con un miglioramento della fiducia di cui hanno beneficiato anche i titoli ellenici. Mercoledì scorso per la prima volta dal 2015 fondi di investimento esteri hanno partecipato a un’asta del Tesoro greco in cui sono stati collocati titoli a 3 mesi (cedola al 2,7%) per 1,1 miliardi di euro acquistandone per circa 250 milioni. Quello dei titoli di Stato greci rimane un mercato molto sottile e piuttosto particolare, visto che la gran parte dei bond sono in mano a soggetti istituzionali come Fmi e Paesi Ue. Sono titoli che rimangono ad alto rischio con un giudizio di rating tripla C, tuttavia in uno scenario di rendimenti ancora molto bassi potrebbero recuperare — solo per investitori istituzionali — un ruolo di interessante alternativa di diversificazione.
«Un rendimento intorno al 6% per titoli con tripla C non è nulla di eccezionale», spiega Federico Polese, fondatore di Simplify Partners, società specializzata in fondi che investono in bond,« ma chi investe in questi titoli generalmente scommette sugli incrementi del prezzo più che guardare alla cedola. Da questo punto di vista il vero punto di svolta sarebbe il recupero di un giudizio investment grade (al di sopra della doppia B, ndr) per il Paese, che permetterebbe alla Bce di includere anche i titoli greci nel suo programma di acquisti».
Quanto alle condizioni della Grecia, Polese nota come la spesa pubblica sia stata almeno in parte messa sotto controllo ma anche come persista un grave problema di evasione fiscale e come l’economia rimanga debole. Ci sono tuttavia alcuni segnali incoraggianti. Da ultimo il dato sulla produzione industriale cresciuta a marzo dell’8,7% su base annua. Rispetto al passato il Paese si trova in una situazione per certi versi migliore essendo, a differenza degli anni scorsi, l’unico focolaio di crisi del Vecchio Continente e quindi gestibile in modo più ragionato e con tempistiche meno stringenti. Si tratta inoltre di una crisi ormai ben conosciuta e attentamente monitorata. «Oltre ai titoli di Stato», segnala infine Polese, «ci sono alcuni bond corporate interessanti. Gruppi sani da un punto di vista aziendale che risentono del fatto di essere greci, penso a Hellenic Petroleum o a Hellenic Tlc».