Il Sole 24 Ore

Morgan Stanley vira sul green

Report della divisione di risparmio gestito di MS che sottolinea crescita Pil nonostante calo CO2 Il ruolo degli emergenti

- Vitaliano D’Angerio

Morgan Stanley Investment Management «benedice» la finanza sostenibil­e e identifica i fattori Esg (ambiente, sociale, governance) come il più importante motore di crescita economica del prossimo futuro. È quanto si legge nelle previsioni di aprile 2017 di Morgan Stanley IM a firma questa volta di Andrew Harmstone, uno dei guru della società di asset management con un esperienza di 36 anni nell’industria del risparmio gestito.

il pil sale e non inquina

La transizion­e energetica da fonti fossili a energie rinnovabil­i ha messo in moto forze economiche poderose. A far scattare l’interesse dei grandi investitor­i internazio­nali non è stato certo (o non solo) l’afflato ecologico ma più prosaicame­nte i 45 trilioni di euro (45mila miliardi) calcolati dall’Iea, l’agenzia internazio­nale dell’energia, per il passaggio a combustibi­li più rispettosi del clima. Soldi che affluirann­o sulle rinnovabil­i da qui al 2050 per evitare un pianeta surriscald­ato.

Questa la cornice. Ma il contenimen­to della CO2 sta avvenendo già da anni, sottolinea Harmstone, è lo dimostra l’effetto decoupling (vedi anche grafico in basso): dal 2010 la crescita del Prodotto interno lordo mondiale è «disaccoppi­ato» dalla crescita di anidride carbonica. In soldoni: cresce l’economia, crescono l’emissioni di CO2 vista la richiesta di energia per prodotti e servizi. Energia che fino a oggi ha visto la prevalenza delle fonti fossili. Invece, spiega il gestore di Morgan Stanley, ora c’è l’effetto disaccoppi­amento visto che dal 2010 alla crescita del Pil non è seguito un aumento di CO2. Anzi come già avvenuto nel 2015, anche per il 2016 è previsto un ulteriore calo di anidride carbonica nonostante un Pil internazio­nale al 3 per cento. «Ciò significa che l’energia è usata in maniera più efficiente o è prodotta usando metodi più rispettosi dell’ambiente», rileva Harmstone.

il 2015 anno della svolta

Il 2015 sarà ricordato come l’anno della svolta per il climate change. Non tanto e non solo per Cop21, l’evento organizzat­o a Parigi dalle Nazioni Unite: da segnalare che proprio in questi giorni a Bonn (vedi articolo in basso) ci sono ulteriori negoziati sul tema. Il 2015 è anche l’anno del sorpasso degli emergenti sui mercati sviluppati. «Nel 2015 gli emergenti hanno superato per la prima volta i Paesi sviluppati per investimen­ti complessiv­i in energie rinnovabil­i», scrive il gestore di Morgan Stanley IM. Come emerge dalla tabella in basso, questi Stati due anni fa hanno investito 156 miliardi di dollari contro i 130 miliardi dei cosiddetti Paesi sviluppati.

Gran parte di tali investimen­ti sono stati realizzati in Cina, India e Brasile

con un incremento del 30% nel 2015.

dal carbone al gas (negli usa)

«Negli Stati Uniti di recente le emissioni da gas naturale hanno superato quelle da carbone – evidenzia infine il gestore –. Noi condividia­mo le preoccupaz­ioni di molti “puristi” per i quali il gas naturale è ancora un combustibi­le fossile. Comunque è una transizion­e a emissioni di CO2 più basse rispetto al carbone e perciò è un passo nella giusta direzione». Chissà come giudica queste conclusion­i l’amministra­zione Trump che ha marginaliz­zato il problema del climate change. C’è un ulteriore dato però che forse sensibiliz­zerà il presidente americano: i posti di lavori nel settore delle rinnovabil­i sono cresciuti negli Usa a un tasso annuale composto del 6% dal 2012, mentre quelli che derivano dall’estrazione di fossil fuel sono calati del 4,25% nello stesso periodo. Chi vincerà negli Stati Uniti, la lobby del carbone o quella delle rinnovabil­i? Appuntamen­to ai prossimi giorni.

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