Borse in calo sulla scia di Wall Street
Ai recenti rialzi dei listini non hanno fatto seguito novità che potessero portare ulteriori scatti
Quando Wall Street suona la ritirata le altre Borse si accodano. Giovedì (giorno di chiusura di Plus24) le azioni europee nicchiavano sul da farsi, quando da Oltreoceano è arrivato il segnale di dietro-front.
Del resto, dopo i recenti rialzi dei listini, mancano catalizzatori convincenti per ulteriori scatti: la vittoria di Macron alle Presidenziali francesi contro i partiti antieuropeisti era stata incorporata dalle quotazioni prima della votazione e gli utili aziendali sono mediamente buoni, però supportati dal comparto energetico, che ha beneficiato del rimbalzo del petrolio nei mesi scorsi; in compenso, le valutazioni dei titoli sono cresciute quasi a sufficienza per scontare i profitti prospettici, soprattutto negli Stati Uniti. Tuttavia, neppure ci sono motivi per essere pessimisti: l’economia americana è solida, quella europea in ripresa e il rallentamento del ciclo cinese pare sotto controllo. In aggiunta, la volatilità sui mercati finanziari, anche sulle obbligazioni societarie, è a livelli bassissimi, che consentono di navigare a vista. All’orizzonte non si intravedono tensioni pericolose, né dal fronte macroeconomico, né da quello politico e il mare tranquillo dei mercati ha permesso agli indici di New York di aggiornare i massimi storici a colpi di guadagni frazionali, e a quelli del Vecchio Continente di recuperare terreno (il Dax tedesco è al record assoluto e il Ftse All Share di Milano ha accumulato un +13% da gennaio).
Gli investitori sono rimasti indifferenti alle bombe (metaforiche e reali) di Trump, o alla prudenza della Federal Reserve, che abbandona più lentamente del previsto la politica monetaria accomodante; e non si sono fatti venire dubbi sul risanamento del sistema bancario dell’Eurozona, o sul calo della bilancia commerciale di Pechino. Però le prese di beneficio si sono ancorate al calo dei profitti dei grandi magazzini Usa Macy’s, che segnano il passo dei consumi (o dei modelli tradizionali di consumo) e a riferimenti poco chiari alla Brexit del Governatore della Banca d’Inghilterra, che hanno pesato sulla debolezza della Sterlina. Così è il movimento di retromarcia, piuttosto che la logica, a spiegare la parziale riconquista del vigore del dollaro su Euro e Yen e il ritorno del denaro sui titoli di Stato.