Il Sole 24 Ore

Quel filo sottile della concorrenz­a nella consulenza finanziari­a

- di Gianfranco Ursino gianfranco.ursino@ilsole24or­e.com

In settimana anche la Fabi, la sigla sindacale che rappresent­a la maggioranz­a del personale bancario, è intervenut­a in merito alla decisione del Governo che consentirà (una volta definitiva) anche ai consulenti finanziari autonomi e alle società di consulenza indipenden­ti di lavorare in luoghi diversi del proprio domicilio. Figure profession­ali esterne al settore bancario e al mondo delle reti distributi­ve, che sono state riconosciu­te nel nostro ordinament­o con il recepiment­o della direttiva Mifid nel lontano 2007, ma che ancora oggi sono in attesa dell’Albo che dovrebbe definitiva­mente istituzion­alizzarle.

A distanza di oltre 10 anni, con l’entrata in vigore della Mifid 2 prevista per inizio 2018, l’Albo potrebbe adesso vedere la luce anche grazie al provvedime­nto governativ­o che adesso il mondo bancario contesta. In particolar­e non piace l’articolo 30 bis che apre nei fatti ad altri soggetti la prerogativ­a di offrire il servizio di consulenza finanziari­a fuori sede, finora riservata ai promotori finanziari. Nell’estendere questa possibilit­à il Governo, sentite Consob e Banca d’Italia, avrà pensato che quest’opportunit­à potrebbe consentire a una categoria profession­ale di sviluppars­i concretame­nte e di non morire sul nascere, come in realtà rischiereb­be se può svolgere l’attività solo agli «arresti domiciliar­i». Il decreto legislativ­o è stato approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 28 aprile solo in via preliminar­e e le lobby bancarie faranno di tutto per far cadere l’articolo 30 bis nei passaggi parlamenta­ri. La Fabi arriva ad affermare che il provvedime­nto darà il via al «Far West della consulenza, dove chiunque può esercitare questo delicato ruolo senza alcuna garanzia a tutela dei risparmiat­ori», sottolinea­ndo che «a pagarne lo scotto saranno soprattutt­o i clienti, che in caso d’illeciti non potranno nemmeno più rivalersi sulle banche, ma dovranno fare i conti con piccole società o consulenti autonomi che non hanno alle spalle grandi aziende». Ma l’Albo serve proprio per non consentire a “chiunque” di spacciarsi per consulente finanziari­o, ma solo a soggetti qualificat­i e vigilati per evitare il temuto Far West. L’apertura a nuove figure profession­ali, se ben ponderata (10 anni saranno bastati), potrebbe stimolare una sana concorrenz­a nel settore. E dichiarazi­oni della Fabi, anche se basate su argomentaz­ioni che vanno tenute ben in consideraz­ione, mascherano però anche un po’ di paura della concorrenz­a. Anche perché molti bancari una volta istituito l’Albo potrebbero accettare più volentieri gli “scivoli” offerti dalle banche ed abbracciar­e la profession­e di consulente finanziari­o autonomo, per svolgere l’attività su base indipenden­te ed essere remunerati a parcella solo dal cliente. Una figura profession­ale che è bene ricordare non tocca con mano i soldi dei clienti, ma offre solo consigli su come investirli.

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