Quel filo sottile della concorrenza nella consulenza finanziaria
In settimana anche la Fabi, la sigla sindacale che rappresenta la maggioranza del personale bancario, è intervenuta in merito alla decisione del Governo che consentirà (una volta definitiva) anche ai consulenti finanziari autonomi e alle società di consulenza indipendenti di lavorare in luoghi diversi del proprio domicilio. Figure professionali esterne al settore bancario e al mondo delle reti distributive, che sono state riconosciute nel nostro ordinamento con il recepimento della direttiva Mifid nel lontano 2007, ma che ancora oggi sono in attesa dell’Albo che dovrebbe definitivamente istituzionalizzarle.
A distanza di oltre 10 anni, con l’entrata in vigore della Mifid 2 prevista per inizio 2018, l’Albo potrebbe adesso vedere la luce anche grazie al provvedimento governativo che adesso il mondo bancario contesta. In particolare non piace l’articolo 30 bis che apre nei fatti ad altri soggetti la prerogativa di offrire il servizio di consulenza finanziaria fuori sede, finora riservata ai promotori finanziari. Nell’estendere questa possibilità il Governo, sentite Consob e Banca d’Italia, avrà pensato che quest’opportunità potrebbe consentire a una categoria professionale di svilupparsi concretamente e di non morire sul nascere, come in realtà rischierebbe se può svolgere l’attività solo agli «arresti domiciliari». Il decreto legislativo è stato approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 28 aprile solo in via preliminare e le lobby bancarie faranno di tutto per far cadere l’articolo 30 bis nei passaggi parlamentari. La Fabi arriva ad affermare che il provvedimento darà il via al «Far West della consulenza, dove chiunque può esercitare questo delicato ruolo senza alcuna garanzia a tutela dei risparmiatori», sottolineando che «a pagarne lo scotto saranno soprattutto i clienti, che in caso d’illeciti non potranno nemmeno più rivalersi sulle banche, ma dovranno fare i conti con piccole società o consulenti autonomi che non hanno alle spalle grandi aziende». Ma l’Albo serve proprio per non consentire a “chiunque” di spacciarsi per consulente finanziario, ma solo a soggetti qualificati e vigilati per evitare il temuto Far West. L’apertura a nuove figure professionali, se ben ponderata (10 anni saranno bastati), potrebbe stimolare una sana concorrenza nel settore. E dichiarazioni della Fabi, anche se basate su argomentazioni che vanno tenute ben in considerazione, mascherano però anche un po’ di paura della concorrenza. Anche perché molti bancari una volta istituito l’Albo potrebbero accettare più volentieri gli “scivoli” offerti dalle banche ed abbracciare la professione di consulente finanziario autonomo, per svolgere l’attività su base indipendente ed essere remunerati a parcella solo dal cliente. Una figura professionale che è bene ricordare non tocca con mano i soldi dei clienti, ma offre solo consigli su come investirli.