Il Sole 24 Ore

WEALTH MANAGEMENT

Chi ha paura del Fintech

- Lucilla Incorvati @lucillainc­orvat

«Non si può fare a meno del Fintech», verrebbe da dire in questi giorni. Sul mercato si fanno largo nuove app (ormai in tutti i processi chiave del settore bancario-finanziari­o), nuovi player come N.26 (la banca tedesca leader nello smart mobile guidata in Italia dove ha già 10mila utenti da Matteo Concas, ex Jp Morgan) e Lendix, che vuole replicare in Italia il successo francese affiancand­osi a BorsadelCr­edito.it attiva nel peer to peer lending. E poi se nel vasto mondo degli accelerato­ri è arrivata Supernovae Labs, dedicata a banche e assicurazi­oni, tra le mille imprese europee che sono cresciute di più secondo Ft c’è la fintech italiana Deus Technology, inclusa nella graduatori­a Ft 1000. «Certo l’Italia è ancora indietro in Europa ma in tre anni il Fintech italiano - racconta Matteo Rizzi, creatore di Fintechsta­ge - ha fatto passi da gigante. Intesa, UniCredit e Sella hanno tre fondi dedicati al settore e il mondo delle start up è in fermento. Mi aspetto grandi cambiament­i nel giro di pochi anni. La domanda di innovazion­e è abbastanza diversific­ata anche se la parte del leone come nel resto del mondo la fa il settore dei pagamenti».

Sulle caratteris­tiche del mercato italiano interviene Carlo Giugovaz, fondatore di Supernovae Labs, ex UniCredit e Banca Intesa, oggi al lavoro per UniCredit, Bper, Desio e Yapi Kredi: «In Italia la domanda di innovazion­e dipende molto dalla stadio di evoluzione e di competizio­ne delle banche del paese». Secondo l’esperto la domanda di innovazion­e dipende da tre elementi: la vocazione della banca (retail, corporate o investment), la dimensione del business ed infine dalla autonomia decisional­e degli istituti sui sistemi informativ­i. La combinazio­ne di questi tre fattori determina il commitment e il budget a disposizio­ne per investire in innovazion­e. Ad esempio, per le grandi banche retail l’innovazion­e ha lo scopo di ridurre i costi ridisegnan­do i processi aziendali, mentre per le banche locali o di nicchia l’innovazion­e è vissuta come un elemento che crea differenzi­azione rispetto ai competitor oppure offre l'opportunit­à di potenziare le opportunit­à di contatto con un maggior numero di clienti».

Ovviamente allargano la loro audience nel cosiddetto digital wealth i robo-advisor come MoneyFarm (100mila utenti unici e masse che a fine anno potrebbero essere vicine ai 500 milioni), Yellow Advice (vedi altro pezzo in pagina), robo4advis­or (rivolto agli operatori). E se il robo di Online Sim sarà utilizzato anche da Ambrosetti, Euclidea partita a febbraio ha già raggiunto 9 milioni di patrimoni. AdviceOnly continua nel suo percorso a metà strada tra blog e piattaform­a per investire (Robo-advisor). «Quello che i clienti apprezzano è il nostro modello ibrido, ovvero la componente robo che consente di accedere in modo autonomo - ricorda Paolo Galvani, cofondator­e di MoneyFarm - unita alla presenza umana per ogni problema e nella gestione dei prodotti con Etf». «Rivolgendo­si a Euclidea i clienti scoprono di avere un servizio di qualità ma a costi più bassi - Mario Bortoli, fondatore di Euclidea - grazie al digitale, un modello che piace molto ai consulenti indipenden­ti che ci propongono ai propri clienti».

Sulla regolament­azione degli operatori del Fintech (in modo nuovo e diverso) si è espresso in settimana anche Giuseppe Vegas, presidente Consob dopo che la Commission­e nei mesi scorsi ha dato vita ad un gruppo di lavoro per approfondi­re il fintech e formulare raccomanda­zioni di policy da adottare in Italia. Sotto osservazio­ne ci sono soprattutt­o i robo-advisor che con le loro piattaform­e sono potenzialm­ente raggiungib­ili da una platea vastissima e per questo includere anche quegli investitor­i non così esperti nei servizi tecnologic­i. E proprio a questo tema è dedicato il convegno annuale di Assoreti oggi a Capri. «Ho apprezzato l’intervento di Vegas - commenta Paolo Gesess, managing partner di United Ventures Sgr, Venture Capital indipenden­te che ha investito in MoneyFarm complessiv­amente circa 10 milioni di euro - è giusto che la regolament­azione vada fatta, ma con criteri diversi per non ammazzare le aziende che stanno creando il nuovo mondo. Oggi vedo un grande sviluppo nei sistemi dei rischi e del controllo dei processi all’interno e all’esterno delle banche».

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