WEALTH MANAGEMENT
Chi ha paura del Fintech
«Non si può fare a meno del Fintech», verrebbe da dire in questi giorni. Sul mercato si fanno largo nuove app (ormai in tutti i processi chiave del settore bancario-finanziario), nuovi player come N.26 (la banca tedesca leader nello smart mobile guidata in Italia dove ha già 10mila utenti da Matteo Concas, ex Jp Morgan) e Lendix, che vuole replicare in Italia il successo francese affiancandosi a BorsadelCredito.it attiva nel peer to peer lending. E poi se nel vasto mondo degli acceleratori è arrivata Supernovae Labs, dedicata a banche e assicurazioni, tra le mille imprese europee che sono cresciute di più secondo Ft c’è la fintech italiana Deus Technology, inclusa nella graduatoria Ft 1000. «Certo l’Italia è ancora indietro in Europa ma in tre anni il Fintech italiano - racconta Matteo Rizzi, creatore di Fintechstage - ha fatto passi da gigante. Intesa, UniCredit e Sella hanno tre fondi dedicati al settore e il mondo delle start up è in fermento. Mi aspetto grandi cambiamenti nel giro di pochi anni. La domanda di innovazione è abbastanza diversificata anche se la parte del leone come nel resto del mondo la fa il settore dei pagamenti».
Sulle caratteristiche del mercato italiano interviene Carlo Giugovaz, fondatore di Supernovae Labs, ex UniCredit e Banca Intesa, oggi al lavoro per UniCredit, Bper, Desio e Yapi Kredi: «In Italia la domanda di innovazione dipende molto dalla stadio di evoluzione e di competizione delle banche del paese». Secondo l’esperto la domanda di innovazione dipende da tre elementi: la vocazione della banca (retail, corporate o investment), la dimensione del business ed infine dalla autonomia decisionale degli istituti sui sistemi informativi. La combinazione di questi tre fattori determina il commitment e il budget a disposizione per investire in innovazione. Ad esempio, per le grandi banche retail l’innovazione ha lo scopo di ridurre i costi ridisegnando i processi aziendali, mentre per le banche locali o di nicchia l’innovazione è vissuta come un elemento che crea differenziazione rispetto ai competitor oppure offre l'opportunità di potenziare le opportunità di contatto con un maggior numero di clienti».
Ovviamente allargano la loro audience nel cosiddetto digital wealth i robo-advisor come MoneyFarm (100mila utenti unici e masse che a fine anno potrebbero essere vicine ai 500 milioni), Yellow Advice (vedi altro pezzo in pagina), robo4advisor (rivolto agli operatori). E se il robo di Online Sim sarà utilizzato anche da Ambrosetti, Euclidea partita a febbraio ha già raggiunto 9 milioni di patrimoni. AdviceOnly continua nel suo percorso a metà strada tra blog e piattaforma per investire (Robo-advisor). «Quello che i clienti apprezzano è il nostro modello ibrido, ovvero la componente robo che consente di accedere in modo autonomo - ricorda Paolo Galvani, cofondatore di MoneyFarm - unita alla presenza umana per ogni problema e nella gestione dei prodotti con Etf». «Rivolgendosi a Euclidea i clienti scoprono di avere un servizio di qualità ma a costi più bassi - Mario Bortoli, fondatore di Euclidea - grazie al digitale, un modello che piace molto ai consulenti indipendenti che ci propongono ai propri clienti».
Sulla regolamentazione degli operatori del Fintech (in modo nuovo e diverso) si è espresso in settimana anche Giuseppe Vegas, presidente Consob dopo che la Commissione nei mesi scorsi ha dato vita ad un gruppo di lavoro per approfondire il fintech e formulare raccomandazioni di policy da adottare in Italia. Sotto osservazione ci sono soprattutto i robo-advisor che con le loro piattaforme sono potenzialmente raggiungibili da una platea vastissima e per questo includere anche quegli investitori non così esperti nei servizi tecnologici. E proprio a questo tema è dedicato il convegno annuale di Assoreti oggi a Capri. «Ho apprezzato l’intervento di Vegas - commenta Paolo Gesess, managing partner di United Ventures Sgr, Venture Capital indipendente che ha investito in MoneyFarm complessivamente circa 10 milioni di euro - è giusto che la regolamentazione vada fatta, ma con criteri diversi per non ammazzare le aziende che stanno creando il nuovo mondo. Oggi vedo un grande sviluppo nei sistemi dei rischi e del controllo dei processi all’interno e all’esterno delle banche».