Il Sole 24 Ore

ASSET MANAGEMENT

La cura dei maxi-merger

- Pagina a cura di Laura Magna

Amundi è passata dalla quotazione di 49,93 euro al 12 dicembre scorso, data dell’annuncio dell’operazione su Pioneer, a 63,22; Henderson da 7,2 del 3 ottobre a 7,6 dopo aver ufficializ­zato la fusione con Janus. Le fusioni e acquisizio­ni (M&A) nell’asset mana

gement fanno bene anche ai titoli del settore. «Questo genere di operazioni tra big porta in una prima fase al consolidam­ento delle valutazion­i pre-operazione — dice a Plus24 Riccardo Ambrosetti, presidente di Ambrosetti Asset Management Sim —. Ad alcuni mesi di distanza, verificati i primi effetti dell’integrazio­ne, i mercati tendono a riconoscer­e il valore apportato. Naturalmen­te nei primi trimestri post aggregazio­ne le valutazion­i saranno condiziona­te anche dal quadro dei mercati finanziari».

Un trend da osservare con attenzione per chi voglia prendere profitto investendo nei titoli coinvolti nell’ondata di fusioni e acquisizio­ni che da qualche tempo invade anche l’Europa. «Il settore dell’asset management europeo è ancora di ridotte dimensioni rispetto a quello globale, soprattutt­o se confrontat­o con operatori Usa», dice a Plus24 Silvano Lenoci, partner di Kpmg Corporate Finance e co-head Global M&A Banking & Insurance. «BlackRock, la maggior società di gestione al mondo, ha masse in gestione per circa 4.400 miliardi di euro; il lea

der del Vecchio Continente, Amundi, ne ha un 1.000 miliardi dopo l’annuncio dell’acquisizio­ne di Pioneer. L’M&A è guidato dalla ricerca di efficienza, in un contesto di mercato dove questi operatori sono soggetti a una competizio­ne molto serrata sulle commission­i e sul prodotto, e dalla ricerca di innovazion­e attraverso addon nel fintech/roboadviso­ry. Il fondo comune, inoltre, vede tra i principali competitor l’EtF: i gestori attivi devono garantire una performanc­e che, sottratti i costi, sia superiore a quella dei fondi passivi e, dall’altro lato, innovare nelle soluzioni e nei servizi. Quindi l’M&A serve sia a creare efficienza e sinergie sia a entrare in mercati emergenti quali quello asiatico, dove la classe media si va consolidan­do, ad attrarre talenti per lo sviluppo di prodotti e soluzioni innovative». Così nel 2016 e nel primo trimestre 2017, a livello globale l’M&A ha mosso oltre 20 miliardi di euro. «Anche le valorizzaz­ioni sono molto interessan­ti, con multipli di prezzo su Ebitda tra le 7 e le 10 volte», continua LeNoci.

Che le dimensioni paghino in termini di efficienza industrial­e lo dicono i numeri. Per esempio quelli di Efama, l’Associazio­ne europea dei fondi comuni, secondo cui “gli Usa gestiscono il 10% di tutti i fondi comuni i n valore assoluto (9mila su 110mila) e quasi il 50% in termini di massa (17mila miliardi su 38mila) — dice Paola Musile Tanzi, professore Banking and Insurance alla Sda Bocconi — questo mostra che hanno economie di scala e che le economie di scala funzionano. Ciò detto, credo che nel mercato ci sia posto per tutti, anche per chi ha la dimensione di una boutique ». Una buona notizia per l’Italia, dove esiste sia «un potenziale polo aggregator­e — afferma Musile Tanzi — come Eurizon, cresciuta in maniera rilevante nell’ambito di Intesa SanPaolo e con una componente internazio­nale importante basata in Lussemburg­o; sia una realtà come quella di Azimut che è stata dinamica non solo su raccolta di risparmio ma anche sul fronte della produzione».

Il caso di Pioneer, inglobata dal campione europeo Amundi, non è dunque paradigmat­ico: le nostre Sgr non sono destinate a essere prede. La stessa Azimut sta facendo tante micro acquisizio­ni nei cinque Continenti, privilegia­ndo Paesi dove il ciclo di vita del risparmio gestito non è ancora maturo come l’America Latina, la Turchia, l’Asia o l’Australia dove gli incentivi alla previdenza complement­are stanno facendo crescere rapidament­e il settore. Il gruppo vanta una posizione finanziari­a di 200 milioni e più di 400 milioni di cassa lorda, a cui va aggiunta la redditivit­à dell’azienda che vale 170 milioni l’anno e 60-70 milioni di free cash flow accumulati ogni anno. «Azimut ha chiuso il primo trimestre meglio delle attese grazie a performanc­e, fees e costi — dice Matteo Ghoilotti, analista di Equita —. Stimiamo un migliorame­nto dell’Eps a +6% nel 2017 e +4% nel 2018». Un’altra strada seguita dalle Sgr che vogliono crescere è quella dell’acquisizio­ne di team di gestione o boutique altamente specializz­ate. «Noi stessi — conclude Ambrosetti — abbiamo avuto almeno 12 approcci da parte di player anche internazio­nali perché sembra che la nostra proposizio­ne che non ha mai utilizzato i Governativ­i, su cui è stato costruito tra il 50 e il 70% dell’asset management italiano, sia attraente e profittevo­le nell’attuale ambiente di tassi a zero».

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