«Crescita ancora modesta, rischi politici in ribasso»
Gli altri grandi Paesi industriali cominciano a prendere le misure della linea degli Stati Uniti sul commercio i nternazionale sotto l’amministrazione Trump, dopo il G-7 che si è chiuso ieri a Bari, ma il rischio protezionismo da parte di Washington non è affatto scongiurato. Intanto, il quadro dell’economia globale – «la ripresa sta guadagnando impulso, ma la crescita resta modesta e sotto il potenziale in molti Paesi e con i rischi orientati al ribasso» - ha registrato quanto meno una riduzione del rischio politico, dopo le presidenziali in Francia. Il rischio Italia, che, superato lo scoglio francese, maggiormente preoccupa i mercati, non è stato invece discusso dai ministri finanziari e dai banchieri centrali, secondo il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. Con una battuta, il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, ha detto, rispondendo a una domanda sulle banche italiane, che «ogni volta che parlo con Padoan, mi sento meno preoccupato».
«Il clima è migliorato» a Bari nei rapporti con gli Stati Uniti, secondo la valutazione del padrone di casa, il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, dopo gli scontri nel G-20 a Baden-Baden, al debutto del segretario al Tesoro Usa, Steven Mnuchin, e le tensioni alle riunioni del Fondo monetario a Washington il mese scorso. «Siamo tutti d’accordo che la frammentazione del sistema globale non conviene a nessuno. Non c’è disaccordo sul fatto che il commercio promuove la crescita», ha detto Padoan. «Cercheremo di ridurre gli squilibri globali e in un modo che sostiene la crescita. Lavoreremo per rafforzare il contributo del commercio alle nostre economie», sostiene il comunicato finale dei sette. Le questioni commerciali saranno sul tavolo dei capi di Stato e di Governo a Taormina a fine mese, al debutto dello stesso Trump.
Ma la formula di ieri, che ripete le conclusioni di BadenBaden, non comprende l’impegno alla lotta al protezionismo, che era sempre contenuta in dichiarazioni simili prima dell’insediamento di Donald Trump. Anzi, Mnuchin ha detto, rispondendo al Sole 24 Ore, che gli Usa non vogliono essere protezionisti, ma «si riservano di esserlo, se ritengono che il commercio non sia equo e bilanciato». E ha sottolineato l’accordo con la Cina di questa settimana come un esempio dell’impegno del nuovo Governo di Washington al libero commercio e affermato di voler avviare discussioni anche con la Germania, altro Paese accusato da Trump di avere un surplus eccessivo negli scambi con gli Usa. Gli altri Paesi cominciano a conoscere meglio la linea della nuova amministrazione, secondo Mnuchin, un’osservazione con la quale i suoi interlocutori di questi giorni tendono a concordare. Molti di loro peraltro mostrano di non condividere questa linea. «Le disuguaglianze non si risolvono limitando il libero commercio», ha affermato il governatore della Banca del Giappone, Haruhiko Kuroda, collegando la questione dei mercati aperti con quella della “crescita inclusiva”, il tema centrale della presidenza italiana del G-7.
L’obiettivo, dice il comunicato finale, è di assicurare che «i
SCAMBI E FISCO USA Mnuchin: non siamo protezionisti ma ci riserviamo di esserlo se il commercio non è equo e bilanciato
frutti della crescita economica siano distribuiti più ampiamente». La crescita non deve lasciare indietro nessuno, ha affermato Padoan. L’aumento delle disuguaglianze, all’interno dei Paesi e che ha colpito soprattutto le classi medie e basse, ha favorito l’ascesa dei populismi e dell’opposizione alla globalizzazione. La disuguaglianza eccessiva, nota inoltre il comunicato, «mina la fiducia e limita il potenziale di crescita futura». La risposta del G-7 è stata l’approvazione del Manifesto di Bari, in cui viene indicato un menu di politiche, dalla politica fiscale a favore dell’inclusione, a politiche strutturali. È importante, sostiene il G-7, integrare gli obiettivi di equità nella politica economica. Anche su questo gli Stati Uniti di Trump, che puntano su una riforma fiscale con forti tagli di imposte per i più ricchi, appaiono disallineati con il consenso degli altri Paesi.
Il principale cambiamento dello scenario macroeconomico rispetto agli incontri di Washington, dai quali sono passate appena tre settimane, è dovuto alla vittoria di Emmanuel Macron (e la sconfitta di Marine Le Pen) alle presidenziali francesi). «A Washington – ha commentato Visco – era evidente una divergenza fra l’incertezza sulla politica economica legata ai risultati elettorali e la volatilità piatta sui mercati finanziari. C’è stato un notevole abbassamento della tensione politica dopo il voto in Francia». L’elezione di Macron, ha osservato il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, offre una chance di una spinta addizionale alla crescita dell’eurozona.