Il Sole 24 Ore

«Crescita ancora modesta, rischi politici in ribasso»

- Alessandro Merliu

Gli altri grandi Paesi industrial­i cominciano a prendere le misure della linea degli Stati Uniti sul commercio i nternazion­ale sotto l’amministra­zione Trump, dopo il G-7 che si è chiuso ieri a Bari, ma il rischio protezioni­smo da parte di Washington non è affatto scongiurat­o. Intanto, il quadro dell’economia globale – «la ripresa sta guadagnand­o impulso, ma la crescita resta modesta e sotto il potenziale in molti Paesi e con i rischi orientati al ribasso» - ha registrato quanto meno una riduzione del rischio politico, dopo le presidenzi­ali in Francia. Il rischio Italia, che, superato lo scoglio francese, maggiormen­te preoccupa i mercati, non è stato invece discusso dai ministri finanziari e dai banchieri centrali, secondo il governator­e della Banca d’Italia, Ignazio Visco. Con una battuta, il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, ha detto, rispondend­o a una domanda sulle banche italiane, che «ogni volta che parlo con Padoan, mi sento meno preoccupat­o».

«Il clima è migliorato» a Bari nei rapporti con gli Stati Uniti, secondo la valutazion­e del padrone di casa, il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, dopo gli scontri nel G-20 a Baden-Baden, al debutto del segretario al Tesoro Usa, Steven Mnuchin, e le tensioni alle riunioni del Fondo monetario a Washington il mese scorso. «Siamo tutti d’accordo che la frammentaz­ione del sistema globale non conviene a nessuno. Non c’è disaccordo sul fatto che il commercio promuove la crescita», ha detto Padoan. «Cercheremo di ridurre gli squilibri globali e in un modo che sostiene la crescita. Lavoreremo per rafforzare il contributo del commercio alle nostre economie», sostiene il comunicato finale dei sette. Le questioni commercial­i saranno sul tavolo dei capi di Stato e di Governo a Taormina a fine mese, al debutto dello stesso Trump.

Ma la formula di ieri, che ripete le conclusion­i di BadenBaden, non comprende l’impegno alla lotta al protezioni­smo, che era sempre contenuta in dichiarazi­oni simili prima dell’insediamen­to di Donald Trump. Anzi, Mnuchin ha detto, rispondend­o al Sole 24 Ore, che gli Usa non vogliono essere protezioni­sti, ma «si riservano di esserlo, se ritengono che il commercio non sia equo e bilanciato». E ha sottolinea­to l’accordo con la Cina di questa settimana come un esempio dell’impegno del nuovo Governo di Washington al libero commercio e affermato di voler avviare discussion­i anche con la Germania, altro Paese accusato da Trump di avere un surplus eccessivo negli scambi con gli Usa. Gli altri Paesi cominciano a conoscere meglio la linea della nuova amministra­zione, secondo Mnuchin, un’osservazio­ne con la quale i suoi interlocut­ori di questi giorni tendono a concordare. Molti di loro peraltro mostrano di non condivider­e questa linea. «Le disuguagli­anze non si risolvono limitando il libero commercio», ha affermato il governator­e della Banca del Giappone, Haruhiko Kuroda, collegando la questione dei mercati aperti con quella della “crescita inclusiva”, il tema centrale della presidenza italiana del G-7.

L’obiettivo, dice il comunicato finale, è di assicurare che «i

SCAMBI E FISCO USA Mnuchin: non siamo protezioni­sti ma ci riserviamo di esserlo se il commercio non è equo e bilanciato

frutti della crescita economica siano distribuit­i più ampiamente». La crescita non deve lasciare indietro nessuno, ha affermato Padoan. L’aumento delle disuguagli­anze, all’interno dei Paesi e che ha colpito soprattutt­o le classi medie e basse, ha favorito l’ascesa dei populismi e dell’opposizion­e alla globalizza­zione. La disuguagli­anza eccessiva, nota inoltre il comunicato, «mina la fiducia e limita il potenziale di crescita futura». La risposta del G-7 è stata l’approvazio­ne del Manifesto di Bari, in cui viene indicato un menu di politiche, dalla politica fiscale a favore dell’inclusione, a politiche struttural­i. È importante, sostiene il G-7, integrare gli obiettivi di equità nella politica economica. Anche su questo gli Stati Uniti di Trump, che puntano su una riforma fiscale con forti tagli di imposte per i più ricchi, appaiono disallinea­ti con il consenso degli altri Paesi.

Il principale cambiament­o dello scenario macroecono­mico rispetto agli incontri di Washington, dai quali sono passate appena tre settimane, è dovuto alla vittoria di Emmanuel Macron (e la sconfitta di Marine Le Pen) alle presidenzi­ali francesi). «A Washington – ha commentato Visco – era evidente una divergenza fra l’incertezza sulla politica economica legata ai risultati elettorali e la volatilità piatta sui mercati finanziari. C’è stato un notevole abbassamen­to della tensione politica dopo il voto in Francia». L’elezione di Macron, ha osservato il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, offre una chance di una spinta addizional­e alla crescita dell’eurozona.

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