Padoan: web tax, le valutazioni in manova
la commissione europea lavora sulla costruzione di schemi comuni di lotta all’evasione e alla criminalità fiscale, con l’obiettivo di estendere a questo settore le modalità di azione comune già sperimentate sul contrasto all’erosione delle basi imponibili che hanno portato al varo del programma Beps. Del tema ha parlato il commissario Ue agli Affari economici Pierre Moscovici nelle riunioni ministeriali del G7 Finance che si è concluso ieri a Bari, e che nel capitolo fiscale si è concentrato soprattutto sui filoni, intrecciati, del contrasto al tax crime e delle modalità di tassazione dell’economia digitale.
Sulla web tax, alla fine, il comunicato finale del vertice riporta il riferimento alle scelte normative, le “policy options”, che i grandi si impegnano a valutare anche alla luce del rapporto Ocse sull’economia digitale atteso per la prossima primavera. È questo uno dei fattori che spingono il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan a parlare di «successo»” per il vertice di Bari anche perché il punto, più forte rispetto a un generico riferimento a un’analisi dell’evoluzione dell’economia digitale, ha dovuto affrontare un intenso lavoro diplomatico per rimanere nel testo del comunicato finale. L'opposizione arriva naturalmente dagli Usa, che infatti con il segretario al Tesoro Steven Mnuchin spargono prudenza a piene mani spiegando che sul tema «c’è ancora molto da fa- re»; compito (e limite) del vertice è comunque di dare un’indicazione politica generale, avviando un tentativo di trovare forme di tassazione coordinata tra le principali economie: «Anche noi - ha spiegato il titolare dell’Economia - faremo le nostre proposte».
È sul versante italiano che questo indirizzo rischia però di avere a breve ricadute più pratiche. Sulla tassazione dei giganti del web, ha spiegato Padoan nella conferenza stampa a fine lavori, «sono efficaci soluzioni condivise, mentre interventi di singoli Stati sono di efficacia dubbia e rischiano di avere effetti collaterali» quando si rivolgono a colossi multinazionali dell’economia immateriale. Ma proprio un avvio di “soluzione nazionale” è ora in discussione alla Camera sotto forma di emendamento al decreto con la correzione dei conti; a presentarlo è il presidente della commissione Bilancio Francesco Boccia (Pd), che punta a disciplinare forme di accordo rafforzato tra Fisco e aziende del web per costruire in via preventiva il risultato che l’intesa da 300 milioni fra Google ed Entrate ha determinato a consuntivo (si veda Il Sole 24 Ore del 12 maggio). La proposta è pensata come intervento transitorio in attesa che maturi quello internazionale, ma interrogato sul punto il ministro si limita per ora a un «valuteremo».
Nelle riunioni del G7 il tema dell’economia digitale si è incrociato anche con quello della lotta al tax crime, in una doppia ottica: la ricerca delle ricadute fiscali delle attività criminali e la possibilità, speculare, di individuare altri reati attra- verso le indagini sul l’evasione fiscale. Il modello operativo è quello dei piani Beps, con gli scambi automatici di informazioni fra Paesi per mettere nel mirino la pianificazione fiscale aggressiva che sposta basi imponibili nei paesi a fiscalità privilegiata. Questo filone, definito «cruciale» nel comunicato del vertice, arriva ormai al debutto operativo, con la firma in programma il 7 giugno a Parigi della Convenzione multilaterale; i sette, quindi, invitano i paesi ritardatari ad aderire «senza indugi» ai criteri minimi di trasparenza (Common Reporting Standards) per lo scambio automatico di informazioni finanziarie in partenza a settembre, anche per evitare di finire nella lista nera che l’Ocse stilerà sulle «giurisdizioni non cooperative».
Il nuovo obiettivo discusso a Bari fra i ministri e il commissario europeo è però quello di un piano d’azione analogo sull’evasione fiscale e sulla criminalità finanziaria, con una serie di interventi da definire per stanare professionisti e intermediari finanziari al servizio delle maxi-evasioni come quella fotografata dai Panama Papers.
IL FRENO AMERICANO Il segretario al Tesoro Mnuchin ha accettato il riferimento nel comunicato sulla tassa digitale ma frena: «C’è ancora molto da fare»