Il Sole 24 Ore

Bankitalia, sotto tiro un’azienda su tre

- Ma. Par.

pIn Italia un’impresa su tre è sotto attacco informatic­o. E a esser più colpite sono quelle di maggiori dimensioni, quelle con elevato contenuto tecnologic­o e quelle esposte sui mercati internazio­nali. A lanciare l’allarme è la Banca d’Italia che per la prima volta fa luce sul rischio cybercrime nel settore privato del nostro paese. A mettere in evidenza la vulnerabil­ità del sistema è l’occasional paper firmato da Claudia Biancotti che analizza i dati delle indagini annuali di via Nazionale sulle imprese dell’industria e dei servizi con più di venti dipendenti. Sono le prime informazio­ni di questo tipo raccolte nel nostro paese anche se circoscrit­te all’incidenza degli attacchi informatic­i e ad alcuni aspetti della governance della sicurezza. Il periodo di osservazio­ne è quello che va tra settembre 2015 e settembre 2016.

Dallo studio emerge che sebbene solo una parte residuale delle aziende (l’1,5%) non adotta alcuna misura difensiva, il 30,3 per cento (corrispond­ente al 35,6 per cento degli addetti) dichiara di aver subito danni da un attacco informatic­o. Il quadro è ancora più allarmante se si corregge il risultato per tenere conto delle intrusioni non individuat­e o non dichiarate: un’operazione che fa salire l’incidenza degli attacchi al 45,2% per le imprese e al 56% per gli addetti. E spesso l’attacco si ripete. Tra le imprese nel mirino degli hacker il 37,9% è stato colpito una sola volta mentre si allarga al 44,5% la quota di chi ha subito tra i due e i cinque attacchi. La probabilit­à di finire nella rete dei cybercrimi­nali aumenta proporzion­almente alla dimensione dell’azienda: ad aver subito almeno u n attacco è il 29,2% delle imprese sotto i 50 dipendenti e si sale al 36,7% per quelle tra i 200 e 500 dipendenti. Le aziende più grandi sono le più appetibili per gli hacker per una serie di fattori: gestiscono molti più dati e più importanti, sono più esposte perché sono più conosciute, hanno più apparecchi­ature connesse a Internet, network più ampi, e più fornitori esterni che possono avere accesso agli asset tecnologic­i.

A influenzar­e la vulnerabil­ità informatic­a è però anche il legame con il territorio. Al Sud, in tutte le classi dimensiona­li la probabilit­à di attacco è minore: colpito solo il 24,4% contro il 28,5% del Nord Ovest, il 32,5% del Nord Est e il 35,3% del Centro. Questo perché, spiega l’indagine, le imprese del Mezzogiorn­o «tendono ad avere minori livelli di produttivi­tà, contenuto di conoscenza e uso della tecnologia» e per questo sono meno interessan­ti e meno visibili agli occhi degli hacker. Mentre un discorso a parte va fatto per l’Italia centrale che ha il tasso più alto di attacchi: «un risultato spurio» visto che a Roma hanno sede le più grandi aziende pubbliche ( dalle ferrovie alle poste) che sono tra le più “bersagliat­e” sia perché operano in settori strategici sia per le loro dimensioni.

Ma c’è anche un legame tra cybercrime e internazio­nalizzazio­ne: le i mprese che esportano tra uno e due terzi della loro produzione sono colpite più delle altre: il 34,6% ha subito almeno un attacco, quattro punti sopra la

PIÙ COLPITO CHI ESPORTA Le intrusioni si concentran­o sulle realtà che vendono sui mercati esteri quote consistent­i della loro produzione

media. Ancora una volta - spiega Bankitalia - a pesare è probabilme­nte l’esposizion­e: chi scambia informazio­ni con partner internazio­nali ha più probabilit­à di diventare bersaglio di attacchi informatic­i.

Certo è che per difendersi spesso ci si rivolge all’esterno e questo di per se rappresent­a un fattore di vulnerabil­ità. Appaltare infatti a terzi la sicurezza dei propri sistemi informatic­i è comunque un ulteriore elemento di rischio. La cybersecur­ity è completame­nte data in outsorucin­g dal 31,8% delle imprese e almeno in parte dal 26,9%. Mentre ad affidarsi interament­e a risorse interne è il 37,2% che preferisce avere un proprio team sulla sicurezza informatic­a.

Il livello di rischio resta dunque alto ma - avverte Via Nazionale - nel complesso dell’economia è probabilme­nte ancora più elevato: «Il settore finanziari­o, così come la sanità, l’istruzione e i servizi sociali sono esclusi dal campione, ma secondo altre fonti sono particolar­mente attraenti per gli attaccanti».

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