Ufficio «aiuti di Stato», dalla Ue via libera più veloci alle imprese
Palazzo Chigi mette il turbo alle decisioni sugli aiuti di Stato provando anche ad evitare in futuro la brutta sorpresa delle multe salate comminate dall’Europa al nostro Paese su cui vantiamo un primato poco invidiato. Da poche settimane è operativo un “ufficio aiuti di Stato” al Dipartimento Affari europei con il compito di rendere più fluido e veloce il dialogo tra Roma e Bruxelles, una piccola grande rivoluzione per la nostra Pa che servirà anche a scongiurare il più possibile il rischio di nuove procedure d’infrazione.
In gioco ci sono misure e provvedimenti nazionali e locali in aiuti di Stato che ogni anno cubano 7-8 miliardi, ossigeno per la nostra economia che si traduce molto spesso in risorse dirette e incentivi per le imprese – non solo quelle agricole o dei trasporti - per investimenti, spesa in ricerca e innovazione, formazione e sostegno all’occupazione fino alle risorse per la ricostruzione dopo un disastro naturale come un terremoto. E proprio il recente decreto sul sisma del centro Italia è uno dei primi banchi di prova per questo nuovo ufficio. «Dal primo giorno in cui è stato approvato stiamo lavorando per ottenere rapidamente l’ok di Bruxelles alle misure di aiuto ai territori e alle imprese varate dal Governo per non ripetere gli errori del passato quando l’Europa ci ha chiesto di restituire i fondi destinati a 87mila imprese per altri eventi naturali accaduti prima del 2014. Dopo un lungo negoziato che ho condotto con la Commissione li abbiamo ridotti a poche decine, ma gli errori fatti nei 20 anni precedenti non si devono ripetere» avverte il sottosegretario agli Affari europei Sandro Gozi. Che dopo aver siglato nei mesi scorsi un accordo con il commissario Ue alla concorrenza, Marghrete Vestager, da fine marzo – dopo l’approvazione di un Dpcm che ha definito le procedure – ha creato questa sorta di cabina di regìa con l’obiettivo di coordinare le varie amministrazioni (dai ministeri agli enti locali) canalizzando la comunicazione delle notifiche sugli aiuti di Stato a Bruxelles nel Dipartimento Affari europei di Palazzo Chigi. «Questo sistema è una vera rivoluzione per la nostra amministrazione ed un modello in Europa, perché abbiamo rovesciato il solito paradigma: invece di lamentarsi dei tempi lunghi con cui decide l’Ue arriviamo all’appuntamento con Bruxelles con le carte già in regola e questo accelera decisamente tutto il procedimento».
Ma come funziona questo filtro? Tutte le Pa che hanno bisogno di una notifica a Bruxelles per una misura che rientra nella complessa disciplina degli aiuti di Stato dovranno inviare telematicamente – come prevede il Dpcm pubblicato in Gazzetta a marzo scorso – tutta la documentazione a questo ufficio a Palazzo Chigi che ne valuterà la completezza entro 15 giorni (con la possibilità di chiedere ulteriori modifiche all’amministrazione interessata entro 10 giorni). Il Dipartimento Affari europei – grazie all’accordo con la Commissione – attraverso questo sistema di pre notifica potrà a sua volta verificare con gli uffici europei la correttezza della domanda prima dell’invio definitivo. Non è tutto. «Grazie all’accordo siglato con l’ottima commissaria Vestager – aggiunge Gozi – abbiamo ottenuto anche una corsia preferenziale e più veloce di autorizzazione per quei provvedimenti che siano ritenuti più urgenti». Una “fast track” da chiedere quando
IL SOTTOSEGRETARIO GOZI «Grazie all’accordo con Vestager abbiamo avuto una corsia preferenziale per i provvedimenti ritenuti più urgenti»
necessario che dovrebbe evitare tempi lunghi anche per quelle misure di incentivazione e agevolazione che le imprese aspettano con impazienza e che restano spesso in stand by in attesa dell’ok di Bruxelles (in passato per alcuni incentivi è servito anche un anno di tempo). «Questo meccanismo che abbiamo creato si basa anche su una maggiore consapevolezza di tutte le amministrazioni e non è un caso che abbiamo già formato 300 amministratori sugli aiuti di Stato con l’obiettivo di evitare anche il rischio di lunghi e costosi contenziosi con l’Europa», aggiunge il sottosegretario che cita come casi esemplari («su cui stiamo ancora lavorando») quello della multa da 60 milioni per gli sgravi fiscali concessi dal 1995 al 2001 per i contratti di formazione e lavoro del pacchetto Treu o dei 42 milioni richiesti da Bruxelles all’Italia per il mancato recupero degli aiuti di Stato alle imprese di Venezia e Chioggia.
L’impegno dell’Italia non si ferma qui. Perché sempre sul fronte degli aiuti di Stato il nostro Governo a fine giugno vuole arrivare a Bruxelles con una richiesta di modifica dell’approccio seguito sugli aiuti di Stato, «concepito per un mercato europeo o al massimo europeo e americano, oggi le nostre imprese – avverte invece Gozi - devono competere al meglio su mercati globali».