La Cina avanza sulla Via della seta
Oggi e domani a Pechino 28 leader mondiali con il premier Gentiloni discutono del piano infrastrutturale Una rete per collegare il gigante asiatico a Europa e Africa, ma gli investimenti scendono
pXi Jinping ha già stravinto, incassando due risultati politicamente eccezionali, frutto di un’intensa attività diplomatica condotta in queste ultime settimane. Oggi il presidente si presenta rafforzato all’apertura della due giorni di Forum che servirà a presentare al mondo la One Belt One Road (Obor) initiative, perché può contare sulla partecipazione di una delegazione americana, per nulla scontata. Anzi.
La novità delle ultime ore è frutto della prima tappa del negoziato dei cento giorni avviato in Florida, a Mar-a-Lago, nell’incontro dei due presidenti e culminata, oltre a una serie di accordi commerciali, nel solenne riconoscimento americano dell’importanza della One Belt One Road initiative. Non solo. Non è un caso che ieri, atterrando a Pechino, un funzionario della delegazione nordcoreana attesa al Forum abbia dichiarato che Pyongyang è disposta a dialogare, a certe condizioni, con gli Usa. In pratica, un’altra novità destinata a rimettere in discussione le dinamiche tra Cina e Usa sul versante della Penisola coreana.
Quindi la cerimonia di apertura del Forum, con i 28 capi di Stato e di Governo e le rappresentanze in arrivo da mezzo mondo, acquista tutto un altro peso e sapore. Come pure la giornata dedicata al dialogo politico che si concluderà con uno statement destinato anch’esso ad avere un peso specifico nei rapporti tra Asia e resto del mondo. All’Italia, presente con il premier Paolo Gentiloni, è stato riservato un posto d’onore; l’ Obor offre l’occasione per chiudere una serie di dossier ai quali l’Italia lavora alacremente, da tempo, nei rapporti con i cinesi.
La capitale, Pechino, oggi è praticamente blindata per ragioni di sicurezza e, come sempre, lo show che culminerà domani con il dialogo politico a Yanqi Lake non dovrà fare una grinza. Del resto sulla New silk road Pechino ha già puntato sessanta miliardi di dollari concentrati sulla connettività e la cooperazione tra Cina e i Paesi eurasiatici. Una strategia che si snoda tra terra e mare e che è stata svelata nell’autunno del 2013 e poi promossa dal premier Li Keqiang durante svariate visite di Stato in Asia e in Europa.
La cintura (belt) ricomprende i Paesi situati sulla direttrice che taglia l’Asia centrale, l’ Asia occidentale, il Medio Oriente e l’Europa. La Cina punta a integrare le varie componenti, dal commercio, alle i nfrastrutture, alla cultura, all’interconnettività. Ma l’area, nella visione di Xi Jinping, si estende anche all’Asia Sud-orientale e a Nord, attraverso l’Asia centrale, alla Russia e poi all’Europa.
Quella marittima, infine, si estende fino al Sud-Est asiatico, all’Oceania e al Nord Africa.
Ben sei corridoi si snodano 7È l’acronomo inglese di One Belt One Road, l’ambizioso piano lanciato dal presidente cinese Xi Jinping nel 2013 per creare una rete di infrastrutture di trasporto, di comunicazione e di scambio che coinvolge al momento 64 paesi oltre alla Cina, tra Asia, Europa e Africa, che conta 4,5 miliardi di abitanti (quasi il 65% della popolazione mondiale) e rappresenta il 30% del Pil mondiale. Pechino vuole completarne il tracciato principale entro il 2049. in questa area, il più avviato è quello che collega Cina e Pakistan attraverso il porto di Gwadar.
In questo quadro un ruolo determinante è affidato alla Banca d’investimento per le infrastrutture asiatiche, l’Aiib, lanciata dalla Cina nell'ottobre 2013 (e di cui l’Italia è membro fondatore), una banca di sviluppo dedicata al finanziamento di progetti infrastrutturali. Molti dei Paesi che fanno parte del progetto One Belt One Road sono anche membri della banca d’investimento, ma le cose stanno cambiando velocemente.
Sempre ieri, a dimostrazione del fatto che la strategia tentacolare cinese non ha più limiti, il presidente Jin Liqun, ricevendo nella sede della Banca, per la prima volta, un capo di Stato, ovvero la presidente del Cile Michelle Bachelet, ha annunciato l’adesione del Paese latinoamericano e di altri sei Paesi.
Gli Stati aderenti all’Aiib sono arrivati a quota 77. Un grande successo per un’iniziativa che solo due anni fa muoveva i primi passi nello scetticismo generale, ma la vera novità sta nell’adesione dei Paesi dell’America Latina, prima Perù, Venezuela, Brasile, ora il Cile e la Bolivia, mentre l’Argentina è in predicato.
Michelle Bachelet ha detto ai cronisti che il Cile dà il benvenuto alla Banca e che questo sarà un bene per un Paese che ha bisogno di infrastrutture anche nelle telecomunicazioni. Un grande atout per l’Aiib, una banca sempre meno asiatica e sempre più mondiale. Come si giustifica questo allargamento ben oltre la Via della seta? «Certo la Via della seta non passava dall’America Latina – dice al Sole 24 Ore Fernando Reyes Matta, ambasciatore cileno a Pechino fino al 2010 - in questo mondo ormai globalizzato, però, il Cile fa arrivare quintali di ciliegie di ottima qualità in Cina con i cargo che fanno tappa a Auckland, quindi, se non è questa la Nuova via della seta, di cosa stiamo parlando?».
LEVA FINANZIARIA Un ruolo determinante è affidato alla Banca d’investimento per le infrastrutture asiatiche, lanciata dalla Cina nel 2013