La Corea del Nord apre a sorpresa a Trump
Il regime di Pyongyang si dichiara pronto a dialogare (ma lancia un missile balistico)
pArriva una prima replica potenzialmente positiva da parte della Corea del Nord al messaggio di apertura di Donald Trump, che alle ripetute minacce di attacco militare unilaterale aveva alternato a sorpresa - il 30 aprile scorso - una dichiarazione di disponibilità a incontrare il leader Kim Jong Un, arrivando persino a elogiarne la capacità di mantenere il potere. «Se ci saranno le condizioni, dialogheremo (con gli Usa, ndr) », ha detto Choe Son Hui, responsabile della sezione nordamericana del ministero de- gli Esteri nordcoreano, durante una sosta a Pechino nel viaggio di ritorno dall’Europa. Ieri, tuttavia, fonti militari sudcoreane hanno reso noto attraverso la Bbc che la Corea del Nord ha lanciato un missile non identificato, forse balistico, da una regione vicino alla costa occidentale.
La settimana scorsa, Choe aveva incontrato a Oslo un gruppo di esperti statunitensi sulla sicurezza in colloqui non ufficiali. Quanto ai rapporti con la Corea del Sud dopo l’elezione di un nuovo presidente, Moon Jae-in (che si è detto disposto ad andare a Pyongyang), la Choe si è limitata a ri- spondere: «Staremo a vedere».
Diplomatici e osservatori politici si sono divisi su come considerare il suo messaggio, concordando solo che non possa essere improvvisato o casuale. In ogni caso, Pyongyang ha sempre mostrato di considerare lo sviluppo di capacità nucleari come una essenziale garanzia di sicurezza contro eventuali tentativi americani e sudcoreani di rovesciare il regime.
Gli ottimisti sottolineano che l’obiettivo ultimo di Pyongyang è quello di un dialogo diretto con Washington e che le prospettive di un negoziato sono concrete, dopo la rinuncia nordcoreana a effet- tuare un nuovo test nucleare. I pessimisti osservano che al regime non costa nulla alternare alle minacce qualche apertura che possa gettare confusione negli schieramenti avversari, con l’obiettivo di evitare sanzioni più pesanti e alleggerire quelle in atto. Solo due giorni fa i media nordcoreani avevano parlato degli Usa come di uno «Stato sponsor del terrorismo», per via di un presunto complotto della Cia e dei servizi sudcoreani per assassinare Kim.
Di certo la situazione appare in evoluzione. Nel vertice di Pechino che inizia oggi (Belt and Road Forum for International Coope- ration), è probabile che ci sia una prima presa di contatto informale tra la delegazione sudcoreana e quella nordcoreana. «Saremo tutti alla stessa conferenza tutto il giorno: sarebbe naturale un contatto», ha detto il capo delegazione sudcoreana, Park Byung Seok, parlamentare e co-presidente del team di Moon Jae-in della campagna elettorale. L’Ambasciata americana ha protestato con il Governo cinese per la presenza dei nordcoreani in un consesso che vedrà una partecipazione statunitense (concordata nell’ambito dei negoziati bilaterali che hanno portato a un nuovo ac- cordo commerciale Usa-Cina).
A guidare la delegazione nordcoreana è il ministro delle relazioni economiche esterne, Kim Yong Jae, che potrebbe incontrare alti dirigenti cinesi per chiedere un allentamento delle sanzioni (che ultimamente la Cina, da cui Pyongyang largamente dipende sul piano economico, è parsa disposta ad applicare più seriamente). Pechino stessa appare preoccupata per le cosiddette “sanzioni secondarie” appena approvare dal Congresso Usa, che tra l'altro potrebbero colpire varie società cinesi. La stessa commissione Esteri del Parlamento nordcoreano ha inviato una singolare e inedita lettera di protesta al Congresso, sostenendo che le più aspre sanzioni in via di introduzione siano un «atto malvagio antiumanitario».