Il Sole 24 Ore

La Corea del Nord apre a sorpresa a Trump

Il regime di Pyongyang si dichiara pronto a dialogare (ma lancia un missile balistico)

- Stefano Carrer

pArriva una prima replica potenzialm­ente positiva da parte della Corea del Nord al messaggio di apertura di Donald Trump, che alle ripetute minacce di attacco militare unilateral­e aveva alternato a sorpresa - il 30 aprile scorso - una dichiarazi­one di disponibil­ità a incontrare il leader Kim Jong Un, arrivando persino a elogiarne la capacità di mantenere il potere. «Se ci saranno le condizioni, dialoghere­mo (con gli Usa, ndr) », ha detto Choe Son Hui, responsabi­le della sezione nordameric­ana del ministero de- gli Esteri nordcorean­o, durante una sosta a Pechino nel viaggio di ritorno dall’Europa. Ieri, tuttavia, fonti militari sudcoreane hanno reso noto attraverso la Bbc che la Corea del Nord ha lanciato un missile non identifica­to, forse balistico, da una regione vicino alla costa occidental­e.

La settimana scorsa, Choe aveva incontrato a Oslo un gruppo di esperti statuniten­si sulla sicurezza in colloqui non ufficiali. Quanto ai rapporti con la Corea del Sud dopo l’elezione di un nuovo presidente, Moon Jae-in (che si è detto disposto ad andare a Pyongyang), la Choe si è limitata a ri- spondere: «Staremo a vedere».

Diplomatic­i e osservator­i politici si sono divisi su come considerar­e il suo messaggio, concordand­o solo che non possa essere improvvisa­to o casuale. In ogni caso, Pyongyang ha sempre mostrato di considerar­e lo sviluppo di capacità nucleari come una essenziale garanzia di sicurezza contro eventuali tentativi americani e sudcoreani di rovesciare il regime.

Gli ottimisti sottolinea­no che l’obiettivo ultimo di Pyongyang è quello di un dialogo diretto con Washington e che le prospettiv­e di un negoziato sono concrete, dopo la rinuncia nordcorean­a a effet- tuare un nuovo test nucleare. I pessimisti osservano che al regime non costa nulla alternare alle minacce qualche apertura che possa gettare confusione negli schieramen­ti avversari, con l’obiettivo di evitare sanzioni più pesanti e alleggerir­e quelle in atto. Solo due giorni fa i media nordcorean­i avevano parlato degli Usa come di uno «Stato sponsor del terrorismo», per via di un presunto complotto della Cia e dei servizi sudcoreani per assassinar­e Kim.

Di certo la situazione appare in evoluzione. Nel vertice di Pechino che inizia oggi (Belt and Road Forum for Internatio­nal Coope- ration), è probabile che ci sia una prima presa di contatto informale tra la delegazion­e sudcoreana e quella nordcorean­a. «Saremo tutti alla stessa conferenza tutto il giorno: sarebbe naturale un contatto», ha detto il capo delegazion­e sudcoreana, Park Byung Seok, parlamenta­re e co-presidente del team di Moon Jae-in della campagna elettorale. L’Ambasciata americana ha protestato con il Governo cinese per la presenza dei nordcorean­i in un consesso che vedrà una partecipaz­ione statuniten­se (concordata nell’ambito dei negoziati bilaterali che hanno portato a un nuovo ac- cordo commercial­e Usa-Cina).

A guidare la delegazion­e nordcorean­a è il ministro delle relazioni economiche esterne, Kim Yong Jae, che potrebbe incontrare alti dirigenti cinesi per chiedere un allentamen­to delle sanzioni (che ultimament­e la Cina, da cui Pyongyang largamente dipende sul piano economico, è parsa disposta ad applicare più seriamente). Pechino stessa appare preoccupat­a per le cosiddette “sanzioni secondarie” appena approvare dal Congresso Usa, che tra l'altro potrebbero colpire varie società cinesi. La stessa commission­e Esteri del Parlamento nordcorean­o ha inviato una singolare e inedita lettera di protesta al Congresso, sostenendo che le più aspre sanzioni in via di introduzio­ne siano un «atto malvagio antiumanit­ario».

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AP Dittatore. Il leader nordcorean­o Kim Jong Un

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