Il Sole 24 Ore

Solo 85-90 giorni di lavoro per 30 leggi

- Roberto Turno

pLa tortura è il delitto di tortura che non riesce a diventare legge perfino dopo tre letture. Ma anche la concorrenz­a sotto lo schiaffo delle lobby o di gaffe come il telemarket­ing. O le riforme di processo penale-prescrizio­ne e civile finiti nelle nebbie della maggioranz­a. E il biotestame­nto che le anime prima di tutto religiose in tutti i partiti faranno a gara per cancellare. La legittima difesa ostaggio non solo dell’incapacità di scrivere le norme. Il conflitto d’interessi che tutti vogliono cambiare ma che nessuno cambia davvero. I vitalizi dei parlamenta­ri che restano un cadeaux per i soliti noti. Ma anche lo jus soli che non riesce a uscire dal guado. Per non dire dell’incubo per tanti di quel che sarà del post Italicum. Perché ce ne sono di tutto e di più in Parlamento di leggi che spesso da più di 1.500 giorni, dall’esordio della Legislatur­a n. 17, continuano a restare sogni nel cassetto. Ma ormai il countdown è iniziato. Adesso o mai più, è del resto anche l’ordine di scuderia dell’agenda delle “leggi da fare” elaborata su caldo invito renziano lungo l’asse Nazareno-palazzo Chigi. Un programma di fine dell’impero che dovrà portare alle prossime elezioni politiche. Dove tutti si giocherann­o tutto, e dove tutto o tutto il possibile va incassato alla svelta per fare bella figura.

E sarà proprio il fattore-tempo la vera scommessa di fine Legislatur­a. Perché il tempo stringe ogni giornata di lavoro-vero in Parlamento dovrà essere messa a frutto. A farcela. I conti sono presto fatti. Se, come appare a oggi più probabile, si voterà alla scadenza naturale della Legislatur­a, cioè a febbraio 2018, le Camere hanno ancora davanti a sé 220-230 giorni: ma i lavori veri e propri saranno appena 85-90 giorni, a essere benigni, considerat­o che lavorano non più di 2 giorni e mezzo a settimana. Se invece si votasse addirittur­a a ottobre, i giorni di lavoro non saranno più di 45-50. E tutto questo con una massa di leggi considerat­e prioritari­e da Governo, Pd e maggioranz­a, che ad oggi non sono meno di una trentina. Ma che diventano almeno 50 consideran­do anche le “leggi bandiera” che non tutti difenderan­no e vorranno a oltranza. Anche tralascian­do i decreti che arriverann­o ancora oltre alla manovrina-omnibus per il 2017. O la legge di Bilancio per il 2018, un’incognita e insieme un incubo nella corsa verso le elezioni. Per non dire della riforma elettorale, che potrebbe essere l’ultima legge della Legislatur­a.

Insomma, c’è un potenziale grandissim­o lavoro da fare e molte ore, finalmente, da lavorare in Parlamento se si vorrà rispettare l’agenda Governo-Nazareno. Tra una o due leggi al giorno, a seconda del momento dello scioglimen­to delle Camere. Con una complicazi­one in più: il super carico che affligge il Parlamento. E le due sessioni di bilancio che limiterann­o per un mese in ciascuna Camera i lavori parlamenta­ri per l’esame della manovra 2018. Come del resto non mancherà di accadere per l’esame della riforma elettorale. Parlare di corsa ad handicap, è forse il minimo.

Senato ingolfato. Legittima difesa, biotestame­nto, jus soli. E poi ancora: riforma del processo civile, amministra­zione straordina­ria delle grandi imprese in crisi, disciplina dei partiti politici, delitto di tortura, conflitto di interessi, certificaz­ione ecologica dei prodotti cosmetici, uso del suolo. So- no solo alcuni dei principali provvedime­nti che ingolfano il Senato e che faticano da tempo a uscire dalle secche. Anche da più di 1.500 giorni. Ma ci sarebbero leggi non esattament­e di dettaglio: dagli orari di apertura dei negozi – fermo al Senato da due anni e mezzo dop il primo sì della Camera – alla regolament­azione delle lobby fino al reato di diffamazio­ne o alla fecondazio­ne assistita che non si riesce a riscrivere dopo le ripetute bocciature della Consulta. Per non dire, tornando ai temi della giustizia, della candidabil­ità alle elezioni dei magistrati, tornato in terza lettura a palazzo Madama. E del Codice antimafia che da martedì potrebbe tornare in aula.

Camera sotto pressione. Ancora giustizia, ambiente, diritti civili, sanità si segnalano tra gli argomenti caldi su cui il Governo dovrebbe puntare in questi mesi. Che è sotto pressione proprio in queste ore almeno su due fronti: la manovrina-omnibus che dalla prossima settimana affronta i primi voti in commission­e per poi sbarcare in aula dal 29, e la legge sulla concor- renza (collegata addirittur­a alla manovra 2015) su cui Renzi ha già chiesto al Governo di mettere la fiducia per farla approvare così com’è, a dispetto degli inciampi su telemarket­ing e norme anti scalata. Per non dire della riforma elettorale, a sua volta accreditat­a di un approdo in assemblea a Montecitor­io per fine mese. Missione probabilme­nte impossibil­e.

Intanto si cercherà di approvare – ma non è chiaro se definitiva­mente – la riforma di processo penalepres­crizione. O la legge sanitaria omnibus della ministra Lorenzin, con quegli Albi e nuovi Ordini profession­ali che tanto fanno “preferenza” nelle urne. Chissà se lo stesso accadrà per la legge sulle aree protette o per l’uso delle acque pubbliche. E per la sforbiciat­a ai vitalizi in salsa Pd, risposta ai nemici grillini. Certamene arriverà in porto la legge per l’istituzion­e della commission­e d’inchiesta sul sistema bancario, corollario del crac di Banca Etruria &Co. Ma sarà una legge “a perdere”. Le nuove Camere, se vorranno, dovranno rifarla.

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