Giochi «tradizionali», riparte il business
Va bene l’avanzata di app, smartphone e tablet che nelle mani dei bambini si vedono sempre più spesso (alzi la mano chi al ristorante o in pizzeria non ha ceduto alle richieste dei propri figli). I giocattoli «tradizionali», però ,sono tutt’altro che spariti dai radar. Anzi, almeno in quest’ultimo biennio hanno ripreso a crescere, anche con un certo ritmo, dopo anni senz’altro difficili, vuoi per la crisi, vuoi per l’avanzata dei prodotti elettronici. Il settore però si è messo in pari su questo fronte, sfruttando al massimo le possibilità di unire prodotti tradizionali e sbocco nel mondo hi-tech (con app, rimandi a siti web, ecc.). «Il nostro è un comparto che comunque ha sempre mantenuto un certo livello di affari. Magari a inizio degli anni Duemila i giochi elettronici ci hanno penalizzato. Ma ora anche i giochi da tavolo hanno ripreso a crescere, evidentemente perché c’è una ricerca di socialità alla quale prodotti come i nostri possono rispondere». Paolo Taverna è direttore generale di Assogiocattoli, associazione nata nel 1947 che in questi giorni spegne le sue 70 candeline e che si prepara all’appuntamento di Toys Milano, al MiCo, il 16 e 17 maggio. Spazio off limits per consumatori e giornalisti: lì del resto , in questa fiera B2B operatori e buyer discuteranno delle prossime tendenze e delle novità per il mercato del giocattolo in vista del Natale.
A ogni modo, a questo incontro il settore ci va consapevole di uno stato di salute di cui non c’è da lamentarsi. Il mercato al consumo è salito a 1,88 miliardi di euro (+4,5%), considerando sia le vendite dei produttori italiani, sia quelle dei produttori esteri, sia il licensing. Volendo andare a scandagliare i numeri per arrivare a una indicazione del mercato italiano Assogiocattoli stima, sulla base di dati Cerved, almeno 200 milioni di euro come “sell in”, vale a dire la parte che i produttori smistano ai rivenditori, e non quanto va al mercato finale. Una dote, quindi, che vale il 18% del mercato interno.
Anche facendo un confronto all’interno dei big five europei (Uk, Germania, Francia, Italia e Spagna) l’Italia ne esce come un Paese dinamico. Secondo i dati di Npd Group alle vendite qui da noi il contributo dei nuovi prodotti è del 39%, contro il 33% di Uk, il 31% della Francia, il 30% della Spagna e il 29% della Germania.
In Italia tra le categorie l’incremento maggiore lo fa registrare il segmento dell’età prescolare (+13,4%), seguito dalle costruzioni (+8%). E questi in effetti sono i due comparti che pesano di più in termini di vendite (rispettivamente 16,5% e 15,7%). Il terzo in ordine di grandezza (le bambole) pesa il 13,2% ma è in calo. «Si sta facendo sempre più evidente – precisa il dg di Assogiocattoli Paolo Taverna – il fenomeno della concentrazione degli acquisti a ridosso del Natale e comunque delle festività». Trend consolidato, quest’ultimo della stagionalità, ma visto anche come scoglio da superare, per dare più smalto al business. «Quella che stiamo cercando di fare – aggiunge Taverna – è tutta un’operazione di formazione. “Il gioco è cibo per la mente” è un nostro slogan che evidentemente sta facendo breccia visto che il giro d’affari sta crescendo». A ogni modo una cosa pare del tutto evidente: come di recente ha detto Marina Salamon, presidente di Doxa, «in Italia si fanno meno bambini ma si curano di più».
IN RIPRESA Taverna (Assogiocattoli): «Anche i giochi da tavolo sono in ripresa, perché rispondono a un bisogno di socialità nell’era dell’hi-tech»