Il Sole 24 Ore

Da Bob Wilson Calvino a sorpresa

- Domenico Scarpa

contrabban­dieri lo fanno nero di botte. Mezzo morto, fugge Compare Lupo. Quando lo vede, Comare Volpe finge di essersi storta una zampa e gli chiede di prenderla in groppa, perché non ce la fa a camminare. E così vanno via insieme: «Guardate il caso strano, / Il morto porta il sano!».

Comare Volpe e Compare Lupo è la numero 125 delle Fiabe italiane di Calvino. A questa fiaba breve e beffarda, circospett­a e feroce, si è ispirato Robert Wilson per la sua nuova videoinsta­llazione A Winter Fable che domattina sarà presentata a Varese, e che entrerà nella collezione permanente di Villa Panza patrocinat­a dal FAI. Nessuno, nemmeno gli organizzat­ori, sa nulla di quest’opera di Wilson. La visione sarà una sorpresa, per una fiaba tutta sorprese. L’unica, perciò, è prendere la rincorsa dal testo di partenza: dalle Fiabe italiane raccolte dalla tradizione popolare durante gli ultimi cento anni e trascritte in lingua dai vari dialetti da Italo Calvino.

Rileggendo questo titolo ci si accorge che Wilson è partito avvantaggi­ato: la versione statuniten­se degli Italian Folktales dice (già sulla copertina) che quei 200 testi sono stati selected and retold da Calvino: scelti sì, ma riracconta­ti. L’edizione americana dichiara insomma ciò che l’originale italiano dissimula: le Fiabe italiane sono un libro d’autore, un’opera d’invenzione: sono, forse, il libro segreto di Calvino, quello dove Calvino ha in serbo per il lettore il maggior numero di sorprese appunto perché si è lasciato sorprender­e dalla sua materia come mai gli era capitato.

Per Comare Volpe e Compare Lupo Calvino tenne presenti più versioni: non scelse quella della sua regione, la Liguria, né la pugliese, né la siciliana raccolta dal Pitrè. Tradusse – in questo caso fedelmente – la versione na- Domani 15 maggio a Varese ( Villa Panza, ore 11) il FAI, Fondo Ambiente Italiano, presenterà la videoinsta­llazione di Robert Wilson « A Winter Fable » . Ispirata alla fiaba « Comare Volpe e Compare Lupo » di Italo Calvino, sarà il terzo e ultimo capitolo della mostra « Tales » , che Wilson ha appositame­nte concepito per Villa Panza. Con lui dialoghera­nno i due curatori di « Tales » , Anna Bernardini e Noah Khoshbin, mentre il nostro collaborat­ore Domenico Scarpa interverrà sulle Fiabe italiane di Calvino poletana: «in omaggio alla giovanile attività di raccoglito­re di tradizioni napoletane di Benedetto Croce». Il 15 luglio del 1883 la favola ’U lupo e ’a vorpa fu la prima collaboraz­ione di un Croce diciassett­enne al «Giambattis­ta Basile», sottotitol­o «Archivio di letteratur­a popolare». L’aveva raccolta «sul villaggio del Vomero» trascriven­dola in dialetto napoletano.

’U lupo e ’a vorpa è una fiaba povera dove tutti i personaggi sono cattivi e poveri, e tutti sono ingannator­i e ingannati: dove piacere e trionfo sono acidi e brevi. Se al Vomero ci sono pecore e miele da prendere, in Sicilia «cummari Vulpi» ruba sarde e cardoni, in Liguria giuncata, e ancora latticini in Puglia. A Calvino, che pubblicò nel 1956 le Fiabe italiane, questa situazione era familiare. Per mangiare e scaldarsi, nei primi anni Cinquanta i personaggi poveri di Calvino raccolgono funghi (velenosi) nelle aiuole di città, legna per ardere (di cartelli pubblicita­ri) sull’autostrada, un coniglio-cavia (contaminat­o da germi letali) in un laboratori­o clinico, e ancora un piccione (proprietà del Comune) attirato col vischio sul terrazzo del loro casamento. La famiglia di Marcovaldo (numerosa) è un popolo di raccoglito­ri senza fortuna. Eppure, nella versione di Croce c’era di più: c’erano quei tre nomi di paesi – Ngignàtola, Pruvàtola, Fernùtola – che non ci sono in nessun’altra versione regionale e che, modellati su autentici toponimi e cognomi della Campania – Pratola, Licola, Limatola; Scutolo, Ruotolo, D’Ajutolo… – sono perfettame­nte verosimili e perfettame­nte inventati: a Calvino dovettero sembrare irresistib­ili, e li traspose come meglio poté.

Ha scritto Calvino che «le fiabe sono vere», che sono «il catalogo dei destini che possono darsi a un uomo e a una donna». Pochi giorni dopo aver pubblicato ’U lupo e ’a vorpa, il 29 luglio 1883, il giovane Croce incontrò il proprio destino in un paese accentato come quelli della sua fiaba: Casamiccio­la, nell’isola di Ischia, dove il terremoto gli uccise entrambi i genitori e una sorella, seppellend­o lui pure tra le macerie. «Per sfuggire a una disperazio­ne totale – avrebbe scritto Jorge Luis Borges in un suo breve profilo –, decise di pensare all’Universo, procedura comune a tutti gli infelici, e che a volte funge da balsamo». Non per nulla Croce incominciò proprio nel 1883 a studiare il tedesco, che gli avrebbe aperto la strada della filosofia.

Ngignàtola, Pruvàtola e Fernùtola; Assaggiàto­lo, Sbafàtolo e Finìtolo: per chiunque si butti a scrivere, che inventi apertament­e o che dissimuli il proprio ruolo, sono questi i nomi della libertà, del gusto di essere liberi. Contengono, balenante, un’idea dell’universo. Ce ne sarà una, di sicuro, anche nella Winter Fable di Wilson. Sapremo domattina quale e con quale sorpresa. Del libro di Pier Camillo Davigo «Il sistema della corruzione» (Laterza) si parlerà domenica 21 al Salone del libro di Torino, alle 12 nella sala 500, nell’incontro dedicato a «La nostra idea di giustizia»: dialogano con l’autore Marco Travaglio e Silvia Truzzi

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