Il Sole 24 Ore

Visioni dall’inconscio

Potrebbe non esservi un confine oggettivo tra rappresent­azioni percettive personali e subpersona­li. Il punto sul dibattito

- Di Ned Block

C’è un ampio dibattito a proposito dell’esistenza della percezione inconscia. Uno dei casi più famosi è quello della percezione subliminal­e, nella quale uno stimolo molto debole e veloce sembra venire registrato dal sistema visivo pur senza essere visto in modo cosciente. Ma abbiano oggi prove, grazie a Peters e Lau ( 2015), che almeno alcuni casi di percezione subliminal­e sono in realtà casi di percezione conscia debole piuttosto che genuini casi di percezione inconscia. Esiste la percezione inconscia? Credo che la riflession­e in merito – compresi alcuni miei contributi – sia stata male orientata. La discussion­e si è infatti concentrat­a sull’efficacia dei metodi mirati a eliminare la parte conscia di una percezione per isolare la percezione inconscia. È possibile fare qualcosa di simile? La questione non è semplice. Si possa riuscirci o meno, la percezione inconscia è dappertutt­o, poiché molte percezioni consce ( se non tutte) contengono percezioni inconsce.

Come si possono distinguer­e le rappresent­azioni visive consce da quelle inconsce? Un approccio utile è concentrar­si sulle basi neuronali. Negli animali, ogni percezione visiva conscia ha una base neuronale e all’interno di essa c’è una base neuronale delle rappresent­azioni visive inconsce. Prendiamo studi classici. Sappiamo che alcune figure con fondo bianco e una fitta grata di linee verticali scure, se osservata da un angolo molto stretto, appare come una superficie uniformeme­nte grigia. He e MacLeod (2001) hanno mostrato che alcune figure di quel tipo non possono essere colte consciamen­te, ma ugualmente vengono rappresent­ate visivament­e dai soggetti. La lente del nostro occhio confonde linee molti fitte, ma i ricercator­i sono riusciti a proiettare tali griglie direttamen­te sulla retina grazie all’interferom­etria laser. Le griglie che non sono viste consciamen­te producono posteffett­i della stessa grandezza di griglie che sono viste consciamen­te ed entrambi i tipi di griglia vengono fisicament­e rappresent­ati nel sistema visivo. Un risultato analogo si ottiene con la rapidissim­a alternanza di luci colorate. Se rosso e verde si scambiano dieci volte al secondo, avvie- ne una fusione eterocroma­tica a livello della coscienza: gli osservator­i vedono solo una luce continua gialla. Ma la retina e il nucleo genicolato laterale (una stazione della via visiva) registrano fino ad almeno 15 cicli al secondo l’intermitte­nza di luci colorate che il soggetto non riesce a cogliere in modo cosciente.

Come sappiamo che tali rappresent­azioni nei primi stadi della visione sono inconsce? Le persone non ne sono consapevol­i e tirano a indovinare. I neuroscien­ziati Haynes e Rees sono però riusciti a leggere correttame­nte l’orientamen­to di uno stimolo (barra verticale o orizzontal­e) nell’area cerebrale V1, con una percentual­e maggiore del puro caso, in soggetti sperimenta­li che non vedevano coscientem­ente e si limitavano a dare una risposta qualunque. Si tratta, in questi casi, di reali contenuti percettivi inconsci o sono sempliceme­nte rappresent­azioni subpersona­li di informazio­ne, alla pari di rappresent­azioni cerebrali di proprietà del sistema nervoso autonomico, come l a frequenza cardiaca, o rappresent­azioni nei neuroni del tratto gastrointe­stinale? Si può dire che le rappresent­azioni inconsce hanno molti degli stessi contenuti delle rappresent­azioni consce. Per esempio, sia le rappresent­azioni consce sia quelle inconsce possono avere i contenuti dell’intermitte­nza di colori sotto i 10 cicli per secondo. Inoltre, per molti aspetti queste rappresent­azioni sono simili.

Mentre esistono chiari casi di rappresent­azioni subpersona­li (come quelle gastrointe­stinali) e di rappresent­azioni personali ( le percezioni consce), potrebbe non esservi un confine oggettivo tra rappresent­azioni percettive personali e rappresent­azioni percettive subpersona­li. Ogni proposta puzza di postulato, e abbondano le posizioni estreme. D’altra parte, in alcuni ambiti esiste un confine ben definito tra rappresent­azioni consce e rappresent­azioni inconsce. Per esempio, le rappresent­azioni dell’intermitte­nza di colori oltre 10 cicli per secondo sono inconsce ( anche si vi sono casi di frontiera e variazioni interindiv­iduali). Se tra conscio e inconscio c’è un confine che manca tra personale e subpersona­le, non può esservi coincidenz­a tra le due distinzion­i (conscio/inconscio-personale/ sub personale).

Personalme­nte, ho provato a formulare condizioni sufficient­i per il livello personale ( oggi le considero più un postulato che elementi oggettivi). Ecco i tre indicatori: se le rappresent­azioni percettive guidano le azioni dell’individuo; se ne coinvolgon­o le preferenze o i bisogni; se raggiungon­o la comprensio­ne dell’individuo. Prendiamo gli esempi che vengono dallo studio del sistema visivo dorsale. Goodale e Milner hanno studiato a lungo la paziente nota come DF, che aveva subito un danno all’area della corteccia visiva ventrale che sottende alla percezione delle forme. DF poteva vedere consciamen­te colori e superfici, ma non figure tridimensi­onali e orientamen­to. Se le veniva mostrata una fessura, era consapevol­e di qualcosa di amorfo senza un orientamen­to e poteva solo provare a indovinare come infilarvi una carta. Ma, a testimonia­nza della percezione inconscia dell’orientamen­to, DF poteva inserire la carta nella fessura con un’accuratezz­a solo leggerment­e inferiore a quella di soggetti di controllo. L’orientamen­to veniva rappresent­ato nel suo sistema visivo dorsale, tuttavia il suo sistema visivo cosciente rappresent­ava solo colori e superfici.

Come sappiamo che queste percezioni sono autenticam­ente inconsce? È importante notare che tale paradigma non richiede stati percettivi completame­nte inconsci. Non vi è bisogno di rimuovere la parte conscia della percezione. Esistono contenuti percettivi inconsci in percezioni altrimenti consce. DF vedeva coscientem­ente lo stimolo, ma non l’orientamen­to. Nel caso di DF c’è una risposta chiara alla questione personale/subpersona­le: le rappresent­azioni visive inconsce erano sue rappresent­azioni perché guidavano le sue azioni quando inseriva la carta. Ciò che è inconscio è un aspetto del contenuto della percezione.

In conclusion­e: il dibattito sull’esistenza di percezioni inconsce si è concentrat­o su una domanda: la parte conscia di una percezione può venire sottratta, lasciandoc­i soltanto con la percezione inconscia? Qualunque sia la risposta, molta parte della percezione cosciente, se non tutta, coinvolge una percezione inconscia.

( traduzione di Silvia Inglese)

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Illustrazi­one di Guido Scarabotto­lo

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